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L’opera di Giulio Minoletti (1910-1981), architetto, urbanista, designer, comprende partecipazioni a concorsi, allestimenti, edifici pubblici e privati, piani urbanistici, studi sulla viabilità, testi scritti. Laureatosi ad appena 21 anni presso la Scuola Superiore di Architettura del Politecnico di Milano, iniziò una densa attività - scandita dai grandi eventi storici del Novecento - che lo vedrà impegnato su più fronti, da solo o al fianco di altri architetti, ingegneri e artisti. L’itinerario propone alcune tappe milanesi di questa carriera, affrontandone alcuni degli snodi più significativi: l’esperienza progettuale nel campo della residenza, con particolare attenzione al condominio borghese, in cui, pur condividendo con le esperienze coeve i tratti caratterizzanti, propone una sua personalissima concezione dell’abitare in città; gli interventi sulle preesistenze storiche; gli edifici a destinazione mista e i palazzi per gli uffici, altamente innovativi sia dal punto di vista strutturale che impiantistico; infine, la mensa Pirelli, la sua realizzazione più importante, purtroppo demolita.
(Materiale protetto da copyright, vietata la riproduzione)
Giulio Minoletti nacque nel 1910 a Milano, città in cui abitò quasi senza interruzione e alla quale dedicò la maggior parte del suo lavoro di architetto, urbanista, designer. L’opera di Minoletti, vasta e articolata, spazia dalla dimensione urbana al design, comprendendo la progettazione di edifici pubblici e privati, allestimenti, sistemazioni di interni, disegno di arredi, studi sull’industrializzazione edilizia e sulla casa prefabbricata, piani urbanistici, analisi dei sistemi di viabilità, oltre la famosa serie di “architetture in movimento”. Una intensa attività che si snoda per un periodo di quasi cinquant’anni, a partire da quando, non ancora laureato, presentava alla IV Triennale un “progetto di villa in collina”, fino agli ultimi progetti della fine degli anni Settanta. Laureatosi nel 1931 presso la Scuola Superiore di Architettura del Politecnico di Milano, vi svolse attività didattica dal 1933 al 1949. Secondo una prassi piuttosto diffusa del tempo, lavorò spesso al fianco di altri architetti, ingegneri e artisti (tra i quali ricordiamo Lucio Fontana, Antonia Tomasini, Enrico Ciuti), ma tale circostanza non impedisce di individuare alcuni tratti propri della sua personalità, ben riconoscibili, che ricorrono frequentemente nei suoi progetti. Molte sue opere sono state pubblicate, in Italia e all’estero, nelle più importanti riviste di architettura, ma anche in riviste a carattere divulgativo. Eppure la sua figura è tutt’oggi poco nota. Negli ultimi anni, soprattutto grazie all’acquisizione dell’archivio professionale da parte dell’Archivio del Moderno di Mendrisio, è stata avviata una serie di studi approfonditi, tuttora in corso, che mirano a ricostruire un quadro organico e quanto più possibile completo della sua attività (1).
Minoletti prese parte attivamente al dibattito sui grandi temi del suo tempo, facendosi interprete delle tendenze più all’avanguardia e partecipando alle principali occasioni collettive, basti ricordare “Milano Verde”, proposta di un piano regolatore per la zona Sempione-Fiera di Milano, elaborata con Albini, Gardella, Pagano, Palanti, Predaval, Romano. Un’importante pagina della storia del razionalismo italiano e milanese, un “piano quasi provocatorio …, che aveva il duplice scopo di prevenire la invadenza del monumentalismo burocratico piacentiniano e lo sviluppo della città come megalopoli del capitalismo lombardo”(2). Su questi temi tornerà più volte, ad esempio con i progetti per le “Quattro città satelliti” e per i quartieri IFACP (1940)(3). Nel secondo dopoguerra, quando si impose la necessità di elaborare un nuovo piano regolatore e di stabilire un controllo delle opere di ricostruzione, Minoletti partecipò attivamente al dibattito sulla crescita e lo sviluppo della città, sia con una serie di progetti che con interventi teorici. Del 1948 è la proposta per un quartiere residenziale con piano urbanistico “a fiume verde”, con Gio Ponti, nell’area dell’ex scalo ferroviario Sempione: “La proposta tendeva a non lasciare affondare nella banale continuazione di un modulo urbanistico anacronistico e superato una notevole estensione di terreno rimasta miracolosamente intatta per molti anni in posizione relativamente centrale. Case di moderna concezione avrebbero potuto sorgere in una cornice urbanistica moderna per ospitare uomini moderni. L’occasione è andata perduta. La stessa zona … aveva fatto sognare dieci anni prima un quartiere moderno, la ‘Milano Verde’”(4); tra il 1957 e il 1960 partecipò al progetto del quartiere INA-CASA Vialba, in collaborazione con Cerutti, Lingeri, Latis, Morini, Tevarotto(5). Prese inoltre parte alle commissioni di studio per il nuovo piano di Milano (1948-1953), ed esplicitò le sue posizioni anche attraverso le pagine di importanti quotidiani, sottolineando soprattutto la necessità di un impegno corale e di “un piano regolatore legale, che ci difenda dal disordine, dalla sciatteria, dalla casualità, dalla speculazione, un piano, insomma, veramente regolatore di Milano”(6). Particolarmente significativa è stata la sua adesione al Movimento Studi Architettura (MSA), di cui fu presidente tra il 1953 e il 1955, e alla sezione lombarda dell’Istituto Nazionale Urbanistica.
L’itinerario milanese che qui presentiamo vuole essere un omaggio al lavoro di Minoletti per la sua città. Contempla edifici progettati tra gli anni Trenta e gli anni Sessanta, per la maggior parte abitazioni, ma vi sono inclusi anche alcuni edifici pubblici e una grande stazione. La predominanza di abitazioni non è casuale. Tra i vari temi che Minoletti affrontò, infatti, quello della casa è tra i più insistentemente indagati. A questo tema dedicò una parte consistente della sua attività, declinandolo in più modi, passando dalla scala urbanistica al design: dai progetti di interi quartieri alla realizzazione di edifici isolati o di ville fuori città, alla ristrutturazione e arredo di singoli appartamenti in edifici preesistenti; dall’edilizia intensiva agli edifici con alloggi di “tipo medio”, ai grandi condomini di lusso nelle zone più centrali della città; studiando sempre tutti gli aspetti del progetto, dall’impianto spazio-strutturale, alle soluzioni tecniche e costruttive, fino alla scelta cromatica e dei materiali, dei rivestimenti, degli arredi. Gli esempi scelti costituiscono dunque soltanto un saggio sul tema della casa, che lo vide autore di un grande numero di progetti, realizzati o rimasti sulla carta, spesso diversissimi e difficilmente confrontabili. Tuttavia, nonostante questa eterogeneità, si possono notare alcuni caratteri ricorrenti(7). Un primo aspetto caratterizzante è il principio del massimo sfruttamento degli spazi, che rispecchia una più generale concezione e il senso dello spazio nell’architettura di Minoletti. Questa scelta, nata dall’esigenza di una razionalizzazione in contesti effettivamente limitati, diventa poi programmatica ed è applicata anche negli ampi appartamenti dei condomini di lusso(8). L’utilizzo di mobili a scomparsa, o con funzioni multiple, permette a Minoletti di mettere a punto un altro aspetto che appare essergli particolarmente caro: la creazione di prospettive visive continue, di spazi fluidamente ininterrotti, ottenuti annullando le divisioni fisse tra i diversi ambienti di un appartamento (così che un appartamento piccolo diventa/sembra più ampio e un appartamento grande, con numerosi ambienti diventa, almeno nelle parti della “zona giorno” uno spazio continuo in cui sono gli arredi, i materiali, le condizioni di luce a creare le “stanze”). Inoltre, in questo modo l’occhio può “scivolare” lungo le pareti degli ambienti, che sono volutamente lasciate lisce, senza sporgenze o l’inserimento di elementi d’arredo aggettanti, per permettere una indisturbata esperienza percettiva dello spazio(9).
Ripercorrendo la sua biografia, possiamo notare che il tema della casa è uno dei primi esplorati da Minoletti, sia in riferimento alle abitazioni in città che ai luoghi di villeggiatura. Il compatto impianto, ancora “classicheggiante”, che impronta il primo, già citato “progetto per una villa in collina” presentato alla IV Triennale del 1930 (una pianta a U con corpi simmetrici aggettanti e una disposizione simmetrica degli ambienti)(10) viene subito abbandonato nei progetti successivi, in una progressiva scomposizione del blocco compatto, in una predominanza delle aperture e in una moltiplicazione dei punti di vista da e verso la casa. Minoletti vira decisamente verso un nuovo universo di esperienze, verso il linguaggio del razionalismo, su cui andava costruendo la sua formazione. La ricerca sul tema della villa in particolare sfocerà dieci anni più tardi in una delle sue opere più interessanti, la piccola casa sul lago di Como per l’amico Paolo Hasenmayer; e in molti altri progetti, tra cui ad esempio la casa al Lido di Venezia (1941)(11). Per la casa di città, fondamentali sono le esperienze delle Triennali sull’abitazione (V 1933-VI 1936-VII 1940 edizione), dove Minoletti presenta il famoso progetto per una “Casa a struttura d’acciaio” e numerose soluzioni d’arredo(12). Spesso le soluzioni si intrecciano in contesti assolutamente diversificati, e non è un caso, ad esempio, “che alcuni appartamenti in città siano stati chiamati con nomi quali ‘appartamento giardino’, o ‘villa sul tetto’, mentre la piccola villa sul lago di Como, letteralmente protesa nell’acqua, è chiamata ‘casa per fine settimana’. Lo scambio terminologico sottende una visione unitaria dell’idea sull’abitazione, rispetto alla quale Minoletti si dimostra partecipe del dibattito a lui contemporaneo, sempre scegliendo però una chiave molto personale nella traduzione formale”(13).
Minoletti progettò per Milano anche importanti edifici pubblici. Tra questi, il palazzo per uffici sede della società Liquigas e il successivo “Palazzo di Fuoco” possono essere considerati due aspetti della stessa ricerca. Temi conduttori: tecnologia e innovazione, simboli della Milano del boom. L’edificio per uffici in corso Venezia, ex sede della Liquigas, era stato pensato come “una vera architettura di luce, ottenuta attraverso un dispositivo luminoso nell’alloggiamento…”(14) dei serramenti , un tema poi sviluppato ulteriormente nel “Palazzo di Fuoco” a piazzale Loreto (con Chiodi, progetto 19571959, realizzazione 1959-1963). L’edificio, posto in testata al culmine del lungo asse corso Venezia-corso Buenos Aires, era realizzato interamente con pareti vetrate e illuminabili, un unico serramento modulato di 685 finestre. Altamente innovativo e complesso, sia dal punto di vista strutturale che impiantistico, era caratterizzato dalla collocazione, sulla terrazza, di un grande orologio, di un giornale luminoso e di una stazione meteorologica (un’asta metallica e una sfera in ferro, ora rimosse), elementi molto innovativi per l’Europa, su cui Minoletti svolse approfondimenti negli USA(15). Minoletti dedicò molte riflessioni al problema delle stazioni ferroviarie a Milano, al quale lavorò negli anni Cinquanta in due importanti occasioni. La prima è stata la partecipazione, con Eugenio Gentili Tedeschi, al Concorso Nazionale bandito dal Ministero dei Trasporti e dal Comune di Milano nel 1953 per la sistemazione degli accessi della Stazione Centrale. Gli architetti presentarono, con il motto “Dopodomani” un progetto esplicitamente – quasi provocatoriamente – proiettato nel futuro, che vinse il primo premio ma non fu mai realizzato. La seconda è il Concorso per la Stazione di Porta Nuova-Garibaldi del 1956, cui partecipò con Eugenio Gentili Tedeschi e Mario Tevarotto, vincendo il secondo posto ex-aequo con un gruppo di architetti romani, che collaborarono in seguito alla realizzazione – solo parziale – del progetto. In un successivo testo dattiloscritto, redatto in occasione della richiesta da parte della Direzione delle Ferrovie di rielaborare il progetto per la Stazione Centrale e l’Air Terminal, Minoletti e Gentili ribadiscono i concetti portanti della loro visione rispetto al nodo centrale dei trasporti milanesi, una concezione unitaria che voleva le due stazioni, distanti l’una dall’altra circa 1100 metri, parti di un unico organismo(16).
Infine, un omaggio a una delle opere più importanti, la mensa per gli operai della Pirelli alla Bicocca, purtroppo demolita nel 1998. Si tratta di una delle architetture più interessanti, che coniuga la soluzione di aspetti tecnici, pratici, funzionali, con la definizione di uno spazio dove gli impiegati possano trascorrere piacevolmente la breve pausa del pranzo. Minoletti cerca una soluzione di sintesi che ruota intorno al concetto di praticità-velocità-efficienza, ma dove l’attenzione maggiore sembra essere riposta nella ricerca del migliore modo di offrire al fruitore uno spazio piacevole, per risolvere il “non meno preoccupante problema psicologico”, sforzandosi di “far dimenticare il dominante complesso industriale almeno durante il pasto”(17). Ne scaturisce un ingranaggio perfetto, un esempio di “architettura civile” che rivela molto della sensibilità di Giulio Minoletti.
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(1) La figura di Giulio Minoletti è ancora poco conosciuta. Nonostante la sua partecipazione a numerose importanti iniziative collettive, l’appartenenza all’MSA, gli interventi sugli organi di stampa, la realizzazione di un notevole numero di edifici di grande interesse, a Milano e in altre località italiane e straniere, il suo lavoro è finora stato indagato solo parzialmente. Il nome di Minoletti compare spesso nei testi di storia dell’architettura, soprattutto in relazione alle opere milanesi; e numerosi sono gli articoli e i brevi saggi a lui dedicati, cui in anni recenti si sono aggiunti studi di più ampio respiro. Tuttavia non è stato ancora delineato un quadro esaustivo della sua opera. E’ soprattutto con l’acquisizione dell’archivio professionale dell’architetto, avvenuta nel 2002 da parte dell’Archivio del Moderno di Mendrisio, che si è aperta una nuova stagione di studi su Minoletti. Il fondo, seppure lacunoso (parte degli elaborati grafici e relazioni di progetto sono dispersi, custoditi in altri studi o negli archivi comunali delle città in cui realizzò le sue opere), costituisce infatti una risorsa insostituibile per condurre uno studio sistematico basato sulle evidenze documentarie. Un progetto di ricerca di ampio respiro, mirato a ricostruire un rigoroso quadro dell’attività dell’architetto, è stato avviato nel 2010 dall’Archivio del Moderno e dall’Accademia di Architettura di Mendrisio (Università della Svizzera Italiana). Il progetto, dal titolo “Giulio Minoletti architetto urbanista e designer (1910-1981)”, curato da Alberto Bassi, Marianne Burkhalter, Christian Sumi e Letizia Tedeschi, prevede una serie di iniziative finalizzate a rileggere nel suo complesso l’opera dell’architetto. Una prima iniziativa è stata la mostra “Oltre un rettangolo di cielo. Interni milanesi di Giulio Minoletti (Milano, 12-17 aprile 2011)”, a cura di Maria Cristina Loi e Elena Triunveri, promossa dall’Archivio del Moderno di Mendrisio, dall’Ordine degli Architetti PPC della Provincia di Milano, dal Dipartimento di Progettazione dell’Architettura e dalla Scuola di Architettura Civile del Politecnico di Milano. Sono inoltre in corso la pubblicazione dell’“Inventario analitico dell’archivio”, a cura di Elena Triunveri, Mendrisio Academy Press-Silvana Editoriale, Mendrisio-Milano, 2011, l’organizzazione di una “Giornata di Studi Internazionale”, promossa dall’Archivio del Moderno e dal Politecnico di Milano (Milano, autunno 2011) e numerose altre ricerche.
(2) G. C. Argan, in “L’architettura di Ignazio Gardella”, a cura di M. Porta, Etas Libri, Milano 1985; cfr. anche M. Grandi, A. Pracchi, “Guida all’architettura moderna”, edizione ampliata, Milano 2008 (1 ed. 1980), p. 197.
(3) Grandi- Pracchi, cit., pp. 201-202.
(4) G. Ponti, “Architetti italiani. Minoletti”, Editore Milano Moderna, Milano 1959, p. 42.
(5)Come osserva M. Grandi, questo progetto si sviluppa secondo criteri che intendevano superare l’impostazione razionalista, segnando un momento di significativo cambiamento. Minoletti fu uno dei capigruppo, con Latis, Morini e Tevarotto, mentre Cerutti e Lingeri erano i coordinatori del progetto d’insieme. Cfr. anche Grandi-Pracchi, cit., p. 262.
(6) Giulio Minoletti in “Corriere della Sera”, 29 luglio 1951.
(7) ”Oltre un rettangolo di cielo. Interni milanesi di Giulio Minoletti”, a cura di M.C. Loi e E. Triunveri, catalogo della mostra, Milano 12-17 aprile 2011, Mendrisio Academy Press - Silvana Editoriale, Mendrisio-Milano 2011 (con scritti di A. Bassi, M. C. Loi, E. Triunveri), passim.
(8) Minoletti ribadisce il valore dell’economia e dell’abile sfruttamento dello spazio in più occasioni (ad es. negli studi per la casa attrezzata, per la casa-albergo e per le “architetture in movimento”), assecondando esigenze anche molto diverse tra loro, ma ricorrendo sempre agli stessi principi-guida, adattati secondo le diverse occasioni progettuali.
(9) L’interesse per la continuità dello spazio è esplicitata anche in alcuni testi, tra cui, ad es., il “Raccontino. Casa attrezzata”, (Archivio del Moderno, Fondo Giulio Minoletti – d’ora in poi ADM, GMin – ADM, GMin Pro S 2/3), o la descrizione di una “Sartoria per signora in Milano” (ADM, GMin Pro S 2/16).
(10) Il progetto è pubblicato in 36 progetti di ville di architetti italiani, a cura dell’Esposizione Triennale Internazionale delle Arti Decorative Industriali Moderne, Villa Reale, Monza, Bestetti e Tuminelli, Milano 1930.
(11) Sulla villa Hasenmayer cfr. ad es. “Oltre un rettangolo di cielo…” cit., con relativa bibliografia; Una casa al Lido di Venezia progettata da Minoletti, in “Domus” 162, giugno 1941 pp. 8-11.
(12) M. Grandi-A. Pracchi, cit., p.164 e p.192.
(13) M. C. Loi, in “Oltre un rettangolo di cielo…” cit., p. 23.
(14) K. Accossato, “Per la riscoperta di un protagonista del razionalismo italiano”, in M. Montagna, Architetture di Giulio Minoletti (catalogo della mostra), Shin Production, Brescia 2009, pp. 12-16.
(15) E. Zucchi, “Giulio Minoletti, dalla grande scala al dettaglio tecnologico”, tesi di laurea, Politecnico di Milano, a.a. 1995-1996, pp. 320-328.
(16) “Progetto di sistemazione del nodo centrale dei trasporti di Milano”, L’incarico è del 1958, ma il testo, firmato da Minoletti e Gentili, è datato febbraio-marzo 1960 (ADM, GMin Pro S 2/25).
(17) ADM, GMin Pro S 2/14.
Una intensa attività che si snoda per un periodo di quasi cinquant’anni, a partire da quando, non ancora laureato, presentava alla IV Triennale un “progetto di villa in collina”, fino agli ultimi progetti della fine degli anni Settanta. Laureatosi nel 1931 presso la Scuola Superiore di Architettura del Politecnico di Milano, vi svolse attività didattica dal 1933 al 1949. Secondo una prassi piuttosto diffusa del tempo, lavorò spesso al fianco di altri architetti, ingegneri e artisti (tra i quali ricordiamo Lucio Fontana, Antonia Tomasini, Enrico Ciuti), ma tale circostanza non impedisce di individuare alcuni tratti propri della sua personalità, ben riconoscibili, che ricorrono frequentemente nei suoi progetti. Molte sue opere sono state pubblicate, in Italia e all’estero, nelle più importanti riviste di architettura, ma anche in riviste a carattere divulgativo. Eppure la sua figura è tutt’oggi poco nota. Negli ultimi anni, soprattutto grazie all’acquisizione dell’archivio professionale da parte dell’Archivio del Moderno di Mendrisio, è stata avviata una serie di studi approfonditi, tuttora in corso, che mirano a ricostruire un quadro organico e quanto più possibile completo della sua attività (1).
Minoletti prese parte attivamente al dibattito sui grandi temi del suo tempo, facendosi interprete delle tendenze più all’avanguardia e partecipando alle principali occasioni collettive, basti ricordare “Milano Verde”, proposta di un piano regolatore per la zona Sempione-Fiera di Milano, elaborata con Albini, Gardella, Pagano, Palanti, Predaval, Romano. Un’importante pagina della storia del razionalismo italiano e milanese, un “piano quasi provocatorio …, che aveva il duplice scopo di prevenire la invadenza del monumentalismo burocratico piacentiniano e lo sviluppo della città come megalopoli del capitalismo lombardo” (2). Su questi temi tornerà più volte, ad esempio con i progetti per le “Quattro città satelliti” e per i quartieri IFACP (1940) (3). Nel secondo dopoguerra, quando si impose la necessità di elaborare un nuovo piano regolatore e di stabilire un controllo delle opere di ricostruzione, Minoletti partecipò attivamente al dibattito sulla crescita e lo sviluppo della città, sia con una serie di progetti che con interventi teorici. Del 1948 è la proposta per un quartiere residenziale con piano urbanistico “a fiume verde”, con Gio Ponti, nell’area dell’ex scalo ferroviario Sempione: “La proposta tendeva a non lasciare affondare nella banale continuazione di un modulo urbanistico anacronistico e superato una notevole estensione di terreno rimasta miracolosamente intatta per molti anni in posizione relativamente centrale. Case di moderna concezione avrebbero potuto sorgere in una cornice urbanistica moderna per ospitare uomini moderni. L’occasione è andata perduta. La stessa zona … aveva fatto sognare dieci anni prima un quartiere moderno, la ‘Milano Verde’” (4); tra il 1957 e il 1960 partecipò al progetto del quartiere INA-CASA Vialba, in collaborazione con Cerutti, Lingeri, Latis, Morini, Tevarotto (5). Prese inoltre parte alle commissioni di studio per il nuovo piano di Milano (1948-1953), ed esplicitò le sue posizioni anche attraverso le pagine di importanti quotidiani, sottolineando soprattutto la necessità di un impegno corale e di “un piano regolatore legale, che ci difenda dal disordine, dalla sciatteria, dalla casualità, dalla speculazione, un piano, insomma, veramente regolatore di Milano”(6). Particolarmente significativa è stata la sua adesione al Movimento Studi Architettura (MSA), di cui fu presidente tra il 1953 e il 1955, e alla sezione lombarda dell’Istituto Nazionale Urbanistica.
L’itinerario milanese che qui presentiamo vuole essere un omaggio al lavoro di Minoletti per la sua città. Contempla edifici progettati tra gli anni Trenta e gli anni Sessanta, per la maggior parte abitazioni, ma vi sono inclusi anche alcuni edifici pubblici e una grande stazione. La predominanza di abitazioni non è casuale. Tra i vari temi che Minoletti affrontò, infatti, quello della casa è tra i più insistentemente indagati. A questo tema dedicò una parte consistente della sua attività, declinandolo in più modi, passando dalla scala urbanistica al design: dai progetti di interi quartieri alla realizzazione di edifici isolati o di ville fuori città, alla ristrutturazione e arredo di singoli appartamenti in edifici preesistenti; dall’edilizia intensiva agli edifici con alloggi di “tipo medio”, ai grandi condomini di lusso nelle zone più centrali della città; studiando sempre tutti gli aspetti del progetto, dall’impianto spazio-strutturale, alle soluzioni tecniche e costruttive, fino alla scelta cromatica e dei materiali, dei rivestimenti, degli arredi. Gli esempi scelti costituiscono dunque soltanto un saggio sul tema della casa, che lo vide autore di un grande numero di progetti, realizzati o rimasti sulla carta, spesso diversissimi e difficilmente confrontabili. Tuttavia, nonostante questa eterogeneità, si possono notare alcuni caratteri ricorrenti (7). Un primo aspetto caratterizzante è il principio del massimo sfruttamento degli spazi, che rispecchia una più generale concezione e il senso dello spazio nell’architettura di Minoletti. Questa scelta, nata dall’esigenza di una razionalizzazione in contesti effettivamente limitati, diventa poi programmatica ed è applicata anche negli ampi appartamenti dei condomini di lusso (8). L’utilizzo di mobili a scomparsa, o con funzioni multiple, permette a Minoletti di mettere a punto un altro aspetto che appare essergli particolarmente caro: la creazione di prospettive visive continue, di spazi fluidamente ininterrotti, ottenuti annullando le divisioni fisse tra i diversi ambienti di un appartamento (così che un appartamento piccolo diventa/sembra più ampio e un appartamento grande, con numerosi ambienti diventa, almeno nelle parti della “zona giorno” uno spazio continuo in cui sono gli arredi, i materiali, le condizioni di luce a creare le “stanze”). Inoltre, in questo modo l’occhio può “scivolare” lungo le pareti degli ambienti, che sono volutamente lasciate lisce, senza sporgenze o l’inserimento di elementi d’arredo aggettanti, per permettere una indisturbata esperienza percettiva dello spazio (9).
Ripercorrendo la sua biografia, possiamo notare che il tema della casa è uno dei primi esplorati da Minoletti, sia in riferimento alle abitazioni in città che ai luoghi di villeggiatura. Il compatto impianto, ancora “classicheggiante”, che impronta il primo, già citato “progetto per una villa in collina” presentato alla IV Triennale del 1930 (una pianta a U con corpi simmetrici aggettanti e una disposizione simmetrica degli ambienti)(10) viene subito abbandonato nei progetti successivi, in una progressiva scomposizione del blocco compatto, in una predominanza delle aperture e in una moltiplicazione dei punti di vista da e verso la casa. Minoletti vira decisamente verso un nuovo universo di esperienze, verso il linguaggio del razionalismo, su cui andava costruendo la sua formazione. La ricerca sul tema della villa in particolare sfocerà dieci anni più tardi in una delle sue opere più interessanti, la piccola casa sul lago di Como per l’amico Paolo Hasenmayer; e in molti altri progetti, tra cui ad esempio la casa al Lido di Venezia (1941) (11). Per la casa di città, fondamentali sono le esperienze delle Triennali sull’abitazione (V 1933-VI 1936-VII 1940 edizione), dove Minoletti presenta il famoso progetto per una “Casa a struttura d’acciaio” e numerose soluzioni d’arredo (12). Spesso le soluzioni si intrecciano in contesti assolutamente diversificati, e non è un caso, ad esempio, “che alcuni appartamenti in città siano stati chiamati con nomi quali ‘appartamento giardino’, o ‘villa sul tetto’, mentre la piccola villa sul lago di Como, letteralmente protesa nell’acqua, è chiamata ‘casa per fine settimana’. Lo scambio terminologico sottende una visione unitaria dell’idea sull’abitazione, rispetto alla quale Minoletti si dimostra partecipe del dibattito a lui contemporaneo, sempre scegliendo però una chiave molto personale nella traduzione formale” (13).
Minoletti progettò per Milano anche importanti edifici pubblici. Tra questi, il palazzo per uffici sede della società Liquigas e il successivo “Palazzo di Fuoco” possono essere considerati due aspetti della stessa ricerca. Temi conduttori: tecnologia e innovazione, simboli della Milano del boom. L’edificio per uffici in corso Venezia, ex sede della Liquigas, era stato pensato come “una vera architettura di luce, ottenuta attraverso un dispositivo luminoso nell’alloggiamento…” (14) dei serramenti , un tema poi sviluppato ulteriormente nel “Palazzo di Fuoco” a piazzale Loreto (con Chiodi, progetto 1957-1959, realizzazione 1959-1963). L’edificio, posto in testata al culmine del lungo asse corso Venezia-corso Buenos Aires, era realizzato interamente con pareti vetrate e illuminabili, un unico serramento modulato di 685 finestre. Altamente innovativo e complesso, sia dal punto di vista strutturale che impiantistico, era caratterizzato dalla collocazione, sulla terrazza, di un grande orologio, di un giornale luminoso e di una stazione meteorologica (un’asta metallica e una sfera in ferro, ora rimosse), elementi molto innovativi per l’Europa, su cui Minoletti svolse approfondimenti negli USA (15). Minoletti dedicò molte riflessioni al problema delle stazioni ferroviarie a Milano, al quale lavorò negli anni Cinquanta in due importanti occasioni. La prima è stata la partecipazione, con Eugenio Gentili Tedeschi, al Concorso Nazionale bandito dal Ministero dei Trasporti e dal Comune di Milano nel 1953 per la sistemazione degli accessi della Stazione Centrale. Gli architetti presentarono, con il motto “Dopodomani” un progetto esplicitamente – quasi provocatoriamente – proiettato nel futuro, che vinse il primo premio ma non fu mai realizzato. La seconda è il Concorso per la Stazione di Porta Nuova-Garibaldi del 1956, cui partecipò con Eugenio Gentili Tedeschi e Mario Tevarotto, vincendo il secondo posto ex-aequo con un gruppo di architetti romani, che collaborarono in seguito alla realizzazione – solo parziale – del progetto. In un successivo testo dattiloscritto, redatto in occasione della richiesta da parte della Direzione delle Ferrovie di rielaborare il progetto per la Stazione Centrale e l’Air Terminal, Minoletti e Gentili ribadiscono i concetti portanti della loro visione rispetto al nodo centrale dei trasporti milanesi, una concezione unitaria che voleva le due stazioni, distanti l’una dall’altra circa 1100 metri, parti di un unico organismo (16).
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(1) La figura di Giulio Minoletti è ancora poco conosciuta. Nonostante la sua partecipazione a numerose importanti iniziative collettive, l’appartenenza all’MSA, gli interventi sugli organi di stampa, la realizzazione di un notevole numero di edifici di grande interesse, a Milano e in altre località italiane e straniere, il suo lavoro è finora stato indagato solo parzialmente. Il nome di Minoletti compare spesso nei testi di storia dell’architettura, soprattutto in relazione alle opere milanesi; e numerosi sono gli articoli e i brevi saggi a lui dedicati, cui in anni recenti si sono aggiunti studi di più ampio respiro. Tuttavia non è stato ancora delineato un quadro esaustivo della sua opera. E’ soprattutto con l’acquisizione dell’archivio professionale dell’architetto, avvenuta nel 2002 da parte dell’Archivio del Moderno di Mendrisio, che si è aperta una nuova stagione di studi su Minoletti. Il fondo, seppure lacunoso (parte degli elaborati grafici e relazioni di progetto sono dispersi, custoditi in altri studi o negli archivi comunali delle città in cui realizzò le sue opere), costituisce infatti una risorsa insostituibile per condurre uno studio sistematico basato sulle evidenze documentarie. Un progetto di ricerca di ampio respiro, mirato a ricostruire un rigoroso quadro dell’attività dell’architetto, è stato avviato nel 2010 dall’Archivio del Moderno e dall’Accademia di Architettura di Mendrisio (Università della Svizzera Italiana). Il progetto, dal titolo “Giulio Minoletti architetto urbanista e designer (1910-1981)”, curato da Alberto Bassi, Marianne Burkhalter, Christian Sumi e Letizia Tedeschi, prevede una serie di iniziative finalizzate a rileggere nel suo complesso l’opera dell’architetto. Una prima iniziativa è stata la mostra “Oltre un rettangolo di cielo. Interni milanesi di Giulio Minoletti (Milano, 12-17 aprile 2011)”, a cura di Maria Cristina Loi e Elena Triunveri, promossa dall’Archivio del Moderno di Mendrisio, dall’Ordine degli Architetti PPC della Provincia di Milano, dal Dipartimento di Progettazione dell’Architettura e dalla Scuola di Architettura Civile del Politecnico di Milano. Sono inoltre in corso la pubblicazione dell’“Inventario analitico dell’archivio”, a cura di Elena Triunveri, Mendrisio Academy Press-Silvana Editoriale, Mendrisio-Milano, 2011, l’organizzazione di una “Giornata di Studi Internazionale”, promossa dall’Archivio del Moderno e dal Politecnico di Milano (Milano, autunno 2011) e numerose altre ricerche.
(2) G. C. Argan, in “L’architettura di Ignazio Gardella”, a cura di M. Porta, Etas Libri, Milano 1985; cfr. anche M. Grandi, A. Pracchi, “Guida all’architettura moderna”, edizione ampliata, Milano 2008 (1 ed. 1980), p. 197.
(3) Grandi- Pracchi, cit., pp. 201-202.
(4) G. Ponti, “Architetti italiani. Minoletti”, Editore Milano Moderna, Milano 1959, p. 42.
(5)Come osserva M. Grandi, questo progetto si sviluppa secondo criteri che intendevano superare l’impostazione razionalista, segnando un momento di significativo cambiamento. Minoletti fu uno dei capigruppo, con Latis, Morini e Tevarotto, mentre Cerutti e Lingeri erano i coordinatori del progetto d’insieme. Cfr. anche Grandi-Pracchi, cit., p. 262.
(6) Giulio Minoletti in “Corriere della Sera”, 29 luglio 1951.
(7) ”Oltre un rettangolo di cielo. Interni milanesi di Giulio Minoletti”, a cura di M.C. Loi e E. Triunveri, catalogo della mostra, Milano 12-17 aprile 2011, Mendrisio Academy Press - Silvana Editoriale, Mendrisio-Milano 2011 (con scritti di A. Bassi, M. C. Loi, E. Triunveri), passim.
(8) Minoletti ribadisce il valore dell’economia e dell’abile sfruttamento dello spazio in più occasioni (ad es. negli studi per la casa attrezzata, per la casa-albergo e per le “architetture in movimento”), assecondando esigenze anche molto diverse tra loro, ma ricorrendo sempre agli stessi principi-guida, adattati secondo le diverse occasioni progettuali.
(9) L’interesse per la continuità dello spazio è esplicitata anche in alcuni testi, tra cui, ad es., il “Raccontino. Casa attrezzata”, (Archivio del Moderno, Fondo Giulio Minoletti – d’ora in poi ADM, GMin – ADM, GMin Pro S 2/3), o la descrizione di una “Sartoria per signora in Milano” (ADM, GMin Pro S 2/16).
(10) Il progetto è pubblicato in 36 progetti di ville di architetti italiani, a cura dell’Esposizione Triennale Internazionale delle Arti Decorative Industriali Moderne, Villa Reale, Monza, Bestetti e Tuminelli, Milano 1930.
(11) Sulla villa Hasenmayer cfr. ad es. “Oltre un rettangolo di cielo…” cit., con relativa bibliografia; Una casa al Lido di Venezia progettata da Minoletti, in “Domus” 162, giugno 1941 pp. 8-11.
(12) M. Grandi-A. Pracchi, cit., p.164 e p.192.
(13) M. C. Loi, in “Oltre un rettangolo di cielo…” cit., p. 23.
(14) K. Accossato, “Per la riscoperta di un protagonista del razionalismo italiano”, in M. Montagna, Architetture di Giulio Minoletti (catalogo della mostra), Shin Production, Brescia 2009, pp. 12-16.
(15) E. Zucchi, “Giulio Minoletti, dalla grande scala al dettaglio tecnologico”, tesi di laurea, Politecnico di Milano, a.a. 1995-1996, pp. 320-328.
(16) “Progetto di sistemazione del nodo centrale dei trasporti di Milano”, L’incarico è del 1958, ma il testo, firmato da Minoletti e Gentili, è datato febbraio-marzo 1960 (ADM, GMin Pro S 2/25).
(17) ADM, GMin Pro S 2/14.
E. Haas
in «Edilizia moderna», ottobre 1932, n. 7, pp. 14-17
G. Ponti
Editore Milano Moderna, Milano 1959
G. Morgan
in «L’architettura cronache e storia», n.96, 1963, pp. 439-451
S. Danesi, L. Patetta, (a cura di)
Ed. La Biennale di Venezia 1976
M. Baffa, C. Morandi, S. Protasoni, A. Rossari
Roma-Bari 1995, ad indicem
S. Guidarini, P. Salvadeo, M. Zerilli
in «Domus», n. 774, Settembre 1995 pp. n.n. [ma 115-122]
E. Zucchi
Tesi di laurea, Politecnico di Milano, a.a. 1995-1996
A. Bassi
in «Casabella», n. 695-696, dicembre 2001-gennaio 2002, pp. 57-63
L. Crespi
in id., Design e cultura tecnologica, Milano 2005, pp. 33-52
M. Grandi, A. Pracchi
Edizione ampliata, Milano 2008 (1 ed. 1980), ad indicem
M. Montagna
Shin Production, Brescia 2009 (in particolare i due saggi : “Per la riscoperta di un protagonista del razionalismo italiano”, di Katia Accossato, pp. 12-16; “Gli uomini che hanno costruito la città. Sei architetture di Giulio Minoletti”, di Luigi Trentin, pp. 17-21
M. C. Loi
in «Dizionario Biografico degli Italiani» , vol. 74, Roma 2010, pp. 689-692
M. C. Loi, E. Triunveri
Catalogo della mostra, Milano 12-17 aprile 2011, Mendrisio Academy Press - Silvana Editoriale, Mendrisio-Milano 2011 (con scritti di A. Bassi, M. C. Loi, E. Triunveri)