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L’itinerario si snoda lungo l’asse storico di Corso Garibaldi, toccando numerose realizzazioni dell’ultimo secolo. In un tessuto urbano che non ha perduto le sue caratteristiche vitali, gli edifici moderni si inseriscono talvolta in continuità e talvolta come contrappunto rispetto alla omogeneità della cortina stradale. L’itinerario è pensato con una duplice valenza: da una parte il racconto urbano, che è in grado di spiegare i caratteri specifici di una parte di città, e dall’altra l’episodio architettonico, che a questo racconto è complementare.
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Il quartiere di Porta Garibaldi, che si sviluppa nella fascia compresa fra il fossato medioevale e i bastoni spagnoli, è attraversato dall’asse viario che lo struttura: le vie Broletto, Ponte Vetero, Mercato, corso Garibaldi. Si tratta di uno dei quartieri più antichi della città, sul tracciato di una via preromana, che collegava Milano a Como anche attraverso una serie di biforcazioni che iniziavano all’altezza del Ponte Vetero, raggiungeva alcuni nuclei fuori le mura nella direzione del Seprio (1). Due toponimi segnalano ancora oggi la presenza di due attraversamenti dei fossati urbani: Ponte Vetero, allo sbocco di via Broletto, e Pontaccio, all’imbocco di corso Garibaldi. In una mappa degli inizi del Settecento (2), risulta chiaramente leggibile il percorso, risalente molto probabilmente all’età celtica - insubre (3). Nel catasto del 1752, il sestiere di Porta Comasina coincideva con le case prospicienti l’asse viario principale e con una rete di strade di origine medievale verso il più grande sestiere di Porta Nuova.
La ridotta estensione territoriale del quartiere è dovuta ad alcuni condizionamenti del prospiciente margine urbano: la porzione occidentale del quartiere esterna al Pontaccio venne demolita per far posto al Castello Sforzesco (XIV secolo), o meglio all’area di rispetto che lo circondava, alla “tenaglia” dei Bastioni spagnoli (XVI secolo) e infine all’Arena (1806 - 1827). Il nome del quartiere deriva dalla porta che a sua volta lo prendeva dalla direzione principale della strada (verso Como). L’attuale arco neoclassico (Moraglia, 1826, che sostituì la porta medioevale demolita nel XVI secolo), fu inizialmente dedicato a Francesco d’Austria, poi a Giuseppe Garibaldi, mentre la strada in prosecuzione della Porta (corso Como), mantenne il toponimo originario. Ampie proprietà religiose, molte delle quali soppresse in epoca napoleonica, furono a lungo la caratteristica funzionale e fisica del quartiere. Gli spazi aperti dei manufatti religiosi e dei palazzi nobiliari (giardini, cortili pertinenziali, orti) contraddistinguono il quartiere, con un ruolo commerciale, di naturale strada mercato, derivante dall’essere in rapporto diretto con il contado. Inoltre, perlomeno fino alla metà dell’Ottocento, il Naviglio di San Marco rappresentava un fattore economico di localizzazione delle attività artigianali e commerciali, anche per la presenza della vicina stazione daziaria del Ponte delle Gabelle. Le abitazioni erano prevalentemente allineate lungo la strada principale e le sue diramazioni secondarie: ne rimangono alcune testimonianze nella parte più antica del quartiere (in particolare tra la Basilica di S.Sempliciano e via Palermo): un borgo dentro le mura composto da edifici (con un fronte ridotto sulla strada) allungati verso l’interno dell’isolato, con piano terra per attività artigianali e commerciali al piano superiore, formato da corti su stretti lotti gotici.
Agli inizi dell’Ottocento s’insediano nel tessuto urbano diverse attività produttive (Manifattura Tabacchi, Carlo Erba, Pirelli, Breda, tutte demolite) e di conseguenza le abitazioni per i ceti popolari (4), con un processo che venne accelerato dalla costruzione della ferrovia per Torino, una barriera infrastrutturale che ha interrotto il rapporto fra dentro e fuori le mura. La domanda di abitazioni operaie modifica l’originaria tipologia urbana, aggiungendo corpi edilizi e ballatoi nelle parti interne e nuovi edifici che sostituiscono l’originario tessuto mercantile. Agli insediamenti sei - settecenteschi, che ancora oggi caratterizzano alcuni parti del Corso, si aggiungono quindi manufatti con morfologie e tipologie differenti. Lo sfruttamento intensivo delle aree interne agli isolati avviene in particolare con l’apertura, dopo il 1850, di alcune strade: le vie Solferino, Palermo, Statuto, Marsala, Milazzo. Il Cimitero Monumentale (1866), viene collegato con il centro attraverso l’apertura di via Volta. Il settore urbano tra Porta Garibaldi e Porta Nuova conserva un impianto storico, con particolare riferimento all’asse morfogeneratore del corso, che si sfrangia ai margini del Parco dove assume la fisionomia dei primi del Novecento: la cortina di via Legnano e le vie a questa perpendicolari, aperte per aumentare le relazioni trasversali con il quartiere. L’abbattimento delle mura spagnole (5) nonchè la copertura dei Navigli diedero un nuovo impulso alle trasformazioni, modificando il tessuto fra i navigli e i bastioni: da fabbriche e case popolari a tessuto terziario.
Il quartiere di Brera, localizzato nella parte meridionale dell’itinerario, prende nome dalla via omonima che attraversa in direzione nord il settore del centro storico esterno a piazza della Scala (l’asse Brera - Solferino). Si tratta del quartiere bohemien per eccellenza, caratterizzato da funzioni culturali e artistiche, che ha conservato nel tempo il sapore originario, anche con la progressiva costruzione della città pubblica borghese lungo l’asse Solferino - Statuto: l’Università Bocconi (1901, demolita per ampliare gli uffici comunali); l’Istituto di Igiene e Sanità (1903); la sede del Corriere della Sera (1904), che hanno portato alla costruzione di residenze per ceti medio – alti. Un “distretto culturale” che s’integra armoniosamente con le funzioni del quartiere Garibaldi. La specializzazione culturale nasce con l’Accademia di Brera, fondata nel 1776 con Decreto di Maria Teresa d’Austria nell’incolta terra “braida” (termine di origine germanica per indicare uno spiazzo erboso, da cui il nome di Brera); ma anche al Teatro alla Scala (1778), costruito sempre per volere di Maria Teresa dopo l’incendio che distrusse il Regio teatro Ducale, allora collocato in un’ala di Palazzo Reale (6). Il tessuto urbano di Brera si presenta più denso rispetto alla zona di corso Garibaldi, anche a seguito della Ricostruzione per le distruzioni belliche.
Pur in assenza di un piano generale, nella seconda parte del XIX secolo vennero realizzati numerosi e rilevanti interventi e opere pubbliche: fra gli altri, la riorganizzazione del sistema piazza Duomo – Galleria Vittorio Emanuele, l’apertura di piazza della Scala, la sistemazione dei giardini pubblici, la lottizzazione del Lazzaretto, la stazione Centrale (allora nell’attuale piazza della Repubblica, prima dell’arretramento nell’attuale posizione del 1923) con lo scalo merci, il Cimitero Monumentale, la prima cintura ferroviaria e il terminale delle Ferrovie Nord (7). Il Piano Beruto (8) (1884-1889), il primo piano della città predisposto ai sensi della legge urbanistica nazionale del 1865, avvolge il quartiere nella parte occidentale, al di fuori delle mura spagnole, facendolo diventare per la prima volta parte interna e non terminale dello sviluppo urbano. Il Piano Pavia-Masera (1912), che conferma il modello monocentrico e la scarsa connessione/ integrazione delle zone di espansione fuori le mura con le radiali storiche, prevede la rettifica/allineamento di una porzione del Corso, a sud della chiesa di Santa Maria Incoronata.
Dopo alcuni progetti radicali (9), sia nel piano Albertini del 1934 che nel piano del 1953 i vecchi quartieri milanesi, compreso il quartiere Garibaldi – Brera, non sono pianificati ma rimandati alle disposizioni costruttive del Regolamento Edilizio, lasciando di fatto alla rendita urbana sia i processi di densificazione (10) che la selezione delle funzioni da insediare. In particolare, il PRG del 1953, in pieno clima di Ricostruzione (11), riprende i temi del piano del 1934 attuandoli nei successivi anni: riconversione funzionale del piano terra degli edifici verso il commercio, sostituzione della cortina edilizia (a tre – quattro piani fuori terra e corti interne) con edifici a blocco di 7 – 10 piani; la rettifica – allargamento del Corso, portando la sezione da 12 a 21 metri (ma anche l’apertura di nuove strade tra le vie Mantegazza, Moscova, Palermo e Statuto, solo in parte realizzate), causando una serie di denti ancora oggi leggibili in conseguenza dell’applicazione dei parametri del Regolamento Edilizio (12). Alla fine degli anni Sessanta, la realizzazione della linea M2 della metropolitana (la prima tratta fu aperta nel 1969), diede impulso rilevante alle successive vicende urbanistiche, con la mobilitazione degli abitanti contro uno dei primi episodi e processi di gentrification milanesi. La resistenza dei residenti e del Comitato di quartiere Garibaldi contro le demolizioni e gli allargamenti stradali, finalizzati a trasformare il corso in un asse commerciale e terziario, snaturando quanto rimaneva del vecchio quartiere artigiano e operaio, sono diventate il simbolo della lotta alla speculazione immobiliare. La mobilitazione ottiene il risultato di fare adottare al Consiglio comunale un piano di edilizia economico-popolare sugli edifici da recuperare, ai sensi della legge 167/1962, anche se rimase una distanza fra le proposte degli abitanti del quartiere e le previsioni urbanistiche (13).
Il Piano Regolatore Generale vigente (1976-1980) e il recentemente adottato (luglio 2010) Piano di Governo del Territorio inseriscono il tessuto all’interno della città storica disciplinano gli interventi sugli edifici attraverso specifiche modalità di intervento. Il tessuto urbano all’interno dell’itinerario è arricchito da alcune pregevoli architetture rappresentative del progetto moderno milanese, compiutamente descritte nelle schede dell’itinerario (Lingeri in via Giulianova, Caccia Dominioni in via Cavalieri del Santo Sepolcro, Figini e Pollini in via Broletto). Brera – Garibaldi è infine un progetto pilota di riqualificazione urbana, realizzato (dopo diverse vicissitudini e modifiche a causa delle pressioni di alcune categorie), all’interno delle dieci isole ambientali previste dal Piano Urbano della Mobilità (2001), che ha trasformato corso Garibaldi e corso Como in una zona a traffico limitato (ztl), con interventi di arredo e protezione delle parti pedonali: al di là di alcuni aspetti e dettagli progettuali, si tratta di un intervento che ha riqualificato e valorizzato lo spazio pubblico, le attività e il sistema commerciale che si affacciano sul corso.
Traguardando poco fuori la Porta, dopo aver percorso corso Como, ci s’imbatte in un’altra grande incompiuta previsione urbanistica della città: il Centro direzionale, a cavallo delle stazioni ferroviarie Centrale e Garibaldi, previsto dal Piano Regolatore del 1953. Il settore oltre Porta Nuova, sulle aree esterne alle demolizioni dei bastioni, diventa, per collocazione strategica fra il centro città e le stazioni, il nuovo cuore terziario, immediatamente ai margini della città storica. Il Centro direzionale è programmato su un’area di circa 90 ettari, in parte occupata dai binari delle ex ferrovie per Varese, all’incontro degli “assi attrezzati” previsti dal piano (di fatto, due autostrade urbane, che s’incrociavano in piazza Baiamonti, fortunatamente mai realizzati), di una linea metropolitana (la linea M2), di una nuova stazione ferroviaria (Porta Garibaldi): queste infrastrutture avrebbero reso il quartiere facilmente raggiungibile da tutta l’area metropolitana. Il Piano Particolareggiato fu pubblicato in due versioni (1955 e 1962), ma la realizzazione proseguì a fatica, fino ad arrestarsi del tutto alla fine degli anni Sessanta. Nonostante l’attuazione parziale, con la realizzazione di alcuni edifici alti (il palazzo del Comune, la Torre Galfa, la sede INPS), l’area si configura come un grande vuoto urbano, disorganico e caratterizzato da ampie aree vuote e degradate, sul quale negli ultimi quaranta anni sono stati presentati diverse proposte e progetti.
Il Piano Regolatore Generale del 1976 sancì la fine del Centro direzionale, perlomeno nella sua impostazione originaria, classificando le aree a verde e servizi pubblici (oltre alle nuove sedi della Regione e delle Ferrovie). Ma poco dopo (1983), il Documento Direttore del Progetto Passante (e il relativo Progetto d’Area, 1984), nonché il successivo Documento Direttore delle aree dismesse (1988), delineano il ritorno alle funzioni direzionali: a seguito di un Concorso internazionale d’idee (1991, vinto da Pierluigi Nicolin), l’Amministrazione Comunale approvò una variante urbanistica (2001), seguita da un Programma Integrato di Intervento (2004), strumento che di fatto ripristinò l’originaria vocazione terziaria e direzionale. Il progetto, ridenominato “Porta Nuova” a seguito dell’acquisizione da parte del gruppo di investimento immobiliare Hines anche delle aree delle ex Varesine, interessa un sistema di aree prevalentemente libere fra le più accessibili dell’intera regione urbana (due stazioni ferroviarie, quattro fermate di metropolitana, due fermate del Passante) (14), che occupano complessivamente circa 36 ettari: il residuo del vecchio Centro direzionale, l’ex scalo delle Varesine, alcuni tessuti ai margini del quartiere Isola a nord e di corso Como a sud.
L’intervento, in corso di attuazione, prevede la realizzazione, con indici di edificabilità molto elevati (1,65 mq/ mq, rispetto all’indice di 0,65 mq/mq ordinariamente utilizzato nei programmi integrati d’intervento), di una nuova centralità urbana, costituita da un Polo istituzionale (120.000 mq di Slp, che comprendono la nuova sede della Regione (15) e la nuova sede del Comune, di cui appare però ancora incerta la realizzazione); e della Città della moda (110.000 mq di Slp, di cui 30.000 mq residenziali e ricettivi), per circa 230.000 mq di Slp, con la previsione un parco pubblico (i giardini di Porta Nuova, di circa dieci ettari). Nell’area delle ex-Varesine sono previsti 90.000 mq di Slp per funzioni integrate (residenza, terziario e commercio). I tre masterplan che definiscono il disegno urbano sono stati sviluppati dagli studi di Cesar Pelli (Garibaldi - Repubblica), Kohn Pedersen Fox Associates (Varesine), Boeri Studio (Isola).
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(1) L’antico Seprio corrisponde indicativamente alla zona centro-meridionale dell’attuale Provincia di Varese e alla parte sud-occidentale della Provincia di Como.
(2) Pianta di Milano, Stoopendaal 1704. Particolarmente leggibile la relazione fra la chiesa di SS Trinità e la basilica di S. Simpliciano. (l’immagine è tratta da www.storiadimilano.it).
(3) Medhelan, “terra sacra di mezzo”, narrata da Tito Livio (che divenne Alba, insediamento civile e non solo religioso con i Galli nel IV secolo a.C), era il grande santuario celtico (una radura ellittica circondata da grandi alberi, situato nella zona di piazza della Scala), presumibilmente fondato nel primo quarto del VI secolo a.C, da cui derivò il nome latino di Mediolanum (la città castrense sorta dopo la conquista romana nel 222 a.C) (un quadrilatero nelle vicinanze del luogo dove poi sorse il Foro, ora piazza San Sepolcro). Su questi aspetti si vedano in particolare: Giuseppe de Finetti, Milano. Costruzione di una città, Hoepli, Milano, 2002; Giorgio Fumagalli, Milano Celtica: ellisse o quadrilatero? pubblicato su www.bibrax.com; Guida d’Italia, Milano, Touring Club, Milano 1998, Lucio Gambi, Maria Cristina Gozzoli, Le città nella storia d’Italia. Milano, Laterza Editori, Bari 1982.
(4) Le case operaie della Società edificatrice (1862-1868), comprese fra le vie Montebello, San Fermo, della Moscova, rappresentano uno dei primi interventi di edilizia popolare milanese, promosse dal Comune ma realizzate con i finanziamenti delle Banche e filantropici dell’allora illuminata borghesia milanese.
(5) Le mura che proteggevano la città furono tre, una risalente all’epoca romana (prima repubblicane, nel I secolo, e poi imperiali, nel III secolo), una medioevale (XII secolo), una risalente all’epoca della dominazione spagnola (XVI secolo). Di tutte e tre le cinte murarie rimangono solo poche tracce, che sono impresse nell’impianto urbanistico della città, tanto che ancora oggi si parla di “cerchia dei Navigli” per definire la parte della città compresa entro la fossa interna, antistante le mura medioevali e ricoperta fra le due guerre mondiali; e di “circonvallazione delle mura spagnole” per definire le strade che ripercorrono la cinta muraria spagnola.
(6) I teatri di prosa, costruiti agli inizi dell’Ottocento in piena epoca napoleonica, utilizzando per lo più edifici religiosi abbandonati, svolsero a Milano un importante ruolo civile. Nel 1858 l’industriale Carlo Fossati costruisce sul corso il Teatro Fossati: un teatro diurno, che intendeva avvicinare al teatro i ceti popolari. L’isolato dell’ex Teatro Fossati rappresenta uno degli interventi più significativi di ristrutturazione e recupero del quartiere (1976-78), con la trasformazione in Teatro Studio (1984-1987), progettata da Marco Zanuso, con la retrostante nuova sede del Piccolo Teatro (1996), di efficace e moderna impostazione urbana.
(7) Su questi temi si veda in particolare, Luca Basso Perressut, Ilaria Valente (a cura di), Milano. Architetture per la città. 1980-1990, Editoriale Domus, Milano, supplemento a Domus 711, 1989.
(8) Sulle vicende urbanistiche, si vedano, Federico Oliva, L’urbanistica di Milano. Quel che resta dei piani urbanistici nella crescita e nella trasformazione della città, Hoepli, Milano 2007, Maurizio Grandi, Attilio Pracchi, Milano, Guida all’architettura moderna, Zanichelli 1980, AA.VV, Un secolo di urbanistica a Milano, Clup, Milano 1986.
(9) Mi riferisco in particolare al progetto razionalista della “città orizzontale” (1940, Diotallevi, Marescotti, Pagano), per l’area compresa fra la direttrice Brera - Solferino e via Legnano, che contrappone la logica degli sventramenti del tessuto storico con la sua sostituzione con un tessuto moderno con unità abitative di tipo unifamiliare.
(10) Nello specifico attraverso due dispositivi: gli allineamenti stradali (con consistenti demolizioni di cortine d’impianto storico); unita alla possibilità, arretrando il fronte dell’edificio dalla strada, di utilizzare maggiori altezze (e quindi maggiori volumetrie), e un’edificabilità concessa in base al rapporto altezza dell’edificio/profondità dello spazio libero prospettante. Anche lungo corso Garibaldi si possono ancora oggi osservare i risultati di questa scelte sciagurate.
(11) Giorgio Rumi, Adele Carla Buratti, Alberto Cova (a cura di), Milano ricostruisce. 1945-1954, Cariplo Edizioni, 1990.
(12) Su questi aspetti si veda in particolare il testo di Maurizio Boriani, Corinna Morandi, Augusto Rossari, Milano contemporanea. Itinerari di architettura e urbanistica, Clup Milano, 2006 (ristampa Maggioli Editore 2008).
(13) Le mobilitazioni (sul modello di quanto già successo a Bologna con il Piano di Recupero del Centro Storico del 1973), hanno dato l’avvio all’inserimento nei piani di zona degli edifici degradati del tessuto storico, sfociando nel Piano Integrativo per l’edilizia economico-popolare del 1975: il cosiddetto “Piano Velluto”, dal nome dell’allora Assessore comunale, che indicava 151 lotti da destinare all’edilizia economico popolare, 128 dei quali (per un totale di 80 mila vani), relativi ad edifici degradati. Gli alloggi ristrutturati di corso Garibaldi rappresentano la prima, ancorchè circoscritta, delle più significative realizzazioni del Piano Velluto. Su questi temi, si veda in particolare Valeria Erba, I piani di 167 e le strategie di intervento per la ristrutturazione, in Urbanistica 68-69/1978.
(14) Progettata, sulla base di un Concorso internazionale del 2004, dagli studi Pei Cobb Freed & Partners, Caputo Partnership e Sistema Duemila.
(15) Sulle articolate vicende urbanistiche che hanno interessato le aree, si veda in particolare la scheda di Andrea Arcidiacono, Milano – Zona Centrale. Il Programma Integrato di Intervento Garibaldi Repubblica, in Fausto Curti (a cura di), Lo scambio leale, Officina Edizioni, Roma 2006, che tratta in modo integrato i temi dei progetti complessi, della negoziazione urbanistica e del welfare urbano.
M. Grandi, A. Pracchi
Zanichelli, Bologna 1980
L. Gambi, M. C. Gozzoli
Laterza Editori, Bari 1982
AA.VV.
Clup, Milano 1986
M. Boriani, C. Morandi, A. Rossari
Designers Riuniti, Torino 1986
A. C. Buratti, A. Cova, G. Rumi (a cura di)
Cariplo Edizioni, Milano 1990
AA.VV.
Touring Club, Milano 1998
G. de Finetti
Hoepli, Milano 2002
F. Oliva
Hoepli, Milano 2007