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Edificio per uffici in via Senato

Anno:  1947 - 1950

Località: Milano, Duomo

Indirizzo: Via Senato 11, Milano

Destinazione d'uso: Edifici per uffici

Progettista: Roberto Menghi, Marco Zanuso

Il primo intervento che vede la collaborazione tra architetti e artisti si colloca all’inizio del processo di ricostruzione di Milano: l’edificio di Menghi e Zanuso, con gli interventi decorativi di Lucio Fontana, è situato nel centro di Milano in una zona che fu fortemente lesionata dai bombardamenti. Quest’opera mostra come la città intenda reagire alla tragedia della guerra, risollevarsi e darsi il volto di una metropoli. L’edificio, destinato a sede di una società e ad uffici, infatti è caratterizzato sia da un’idea di dialogo in sordina con gli edifici preesistenti, sia dall’assunzione di un impatto di rottura con la tradizione. La struttura assume alcuni aspetti che rimandano all’edificio storico dell’Archivio di Stato del Richino, che si trova di fronte, attraverso la matericità e la tettonicità dello spigolo, ma al tempo stesso rompe la pesantezza della facciata con un ampio inserimento di una grande parete di vetro, scelta tipica degli architetti del movimento razionalista. Proprio del razionalismo è anche la stereometricità del palazzo, che è sobrio e pulito.

 

Il progetto si presenta come un lavoro a togliere, a sottrarre materia e a portare in una stretta contiguità gli esterni e gli interni, che vengono quasi proiettati fuori attraverso sia la grande vetrata che si apre sulle sale di rappresentanza, sia le frequenti finestre a ghigliottina. L’alternanza tra vuoti e pieni continua in tutta la facciata che è perfettamente liscia, rivestita in granito rosa lucidato percorsa dal motivo verticale e parallelo delle finestre collegate l’una all’altra verticalmente dagli sfondati rivestiti in gres marrone, intervento di Fontana. Sono proprio questi pannelli ad animare di tattili e sottili vibrazioni il bloccato e un po’ opaco edificio. “Composti da semplici, elementari striature orizzontali segnate sul vivo della materia, i pannelli non sono concepiti come decorazione applicata, ma partecipano organicamente alla struttura architettonica, alla quale sembrano in un certo senso preesistere” (da Luca Quattrocchi, Gli ambienti spaziali e i rapporti con l’architettura nel secondo dopoguerra, in Enrico Crispoldi, Rosella Siligato (a cura di), Lucio Fontana, Electa, Milano 1998, p. 23.).
La “parete” vetrata è scandita da cinque lunghi fregi in ceramica, composizioni policrome astratte che propongono motivi organici e geometrici che si alternano e si inseguono. Nelle composizioni geometrizzanti elemento dominante è il triangolo che si intreccia a motivi lineari sviluppati orizzontalmente come linee di forza. Il fronte su via Senato è tagliato, in tutta la sua altezza, dall’ampia vetrata continua che sembra sollevare la costruzione da terra tramite le basse aperture dei seminterrati che ne costituiscono il basamento.

 

“Il gioco delle trasparenze – scrive Ponti su Domus – anima questa facciata senza rilievi: attraverso la parete in cristallo si intravedono, ad ogni piano, le fasce orizzontali del pannello in gres ceramico a vari colori di Lucio Fontana, posto come bancale sotto la finestra, e le quinte trasparenti anch’esse di Fontana delle Venetian blind in acciaio per la prima volta impiegate a Milano che schermano all’interno i serramenti delle finestre” (da Gio Ponti, Una nuova architettura nel vecchio centro di Milano, in “Domus”, n. 242, Gennaio, 1960 p.5-6). I serramenti interni sono in legno o in cristallo, questi ultimi dotati di maniglie modellate sempre da Fontana. L’organizzazione distributiva è a corpo doppio con corridoio centrale. Il piano tipo è caratterizzato dal raggruppamento dei servizi verso corte vicino ai collegamenti verticali, scala e ascensore, riducendo al minimo i collegamenti orizzontali e dalla grande sala per riunioni compresa fra le due pareti vetrate, una esterna in facciata una interna che dà luce alla zona centrale. Il piano terra è invece caratterizzato dal raggruppamento dei servizi verso la corte, vicino al vano scala, dai collegamenti verticali e dalla grande sala per riunioni, compresa fra le due pareti di vetro, quella esterna in facciata e quella interna che da luce all’atrio centrale.

 

L’edificio si presenta fortemente innovativo anche dal punto di vista dell’organizzazione funzionale e tecnica: era provvisto di una propria centrale elettrica e di condizionamento, collocata a quota -6 m; a quota -2,50 m si trovava un garage per 12 auto, una centrale telefonica e l’impianto della cucina per la mensa oltre a un blocco di servizi igienici.

 

Claudio Camponogara
Elisabetta Dulbecco