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Anno: 1958 - 1960
Località: Milano, Pagano
Indirizzo: via Canova 7/A
Destinazione d'uso: Edifici residenziali
Progettista: G. Belotti, A. Boraschi, S. Invernizzi, G. e A. Pomodoro
Inserito in un lotto lungo e stretto delimitato da via Canova e dal tracciato delle Ferrovie Nord, l’edificio si innalza per nove piani con struttura in cemento armato a corpo doppio. Vi è una volontà di trattare il tema attraverso la compresenza delle tre parti di importanza primaria che definiscono l’edificio: la struttura portante in cemento armato, le pareti di tamponamento opache (mattoni a vista) le pareti di chiusura trasparenti (impennate e finestre). Secondo la critica, Belotti, con Invernizzi, sta elaborando, nel momento in cui intraprende questo progetto, alcuni degli elementi fondamentali di quella che sarà la sua particolare poetica, che si qualifica con la sintesi raggiunta tra forma, uso e costruzione (Crotti). Già in questo intervento, come precedentemente in quello di via Cimarosa, i progettisti risolvono il volume architettonico trattando i due fronti con la stessa attenzione compositiva. L’interesse per entrambi i corpi, prende forma attraverso la realizzazione di grandi aperture da parete a parete, scandite dal grigio del cemento della struttura e dal bianco dell’intonaco. Il fronte è movimentato dall’aggetto dei terrazzi, dalle mensole poste a coronamento dell’edificio, ortogonali alla strada, e dalla presenza delle sculture sul cordolo dell’edificio stesso, che ne accentuano lo slancio assottigliandosi con il progredire della rastrematura.
Come osserva Fulvio Irace nella presentazione di quest’opera: “l’importanza espressiva dello scheletro strutturale è enfatizzata dalle «sculture decorative» di Arnaldo e Gio Pomodoro, che si inseriscono organicamente negli elementi portanti, perdendo ogni carattere di sovrapposizione ornamentale”. I due scultori operano qui attraverso l’espediente dei calchi alternando in continui passaggi il negativo in maniera da rendere irriconoscibile la struttura originaria. Il fronte sulla ferrovia assume dignità analoga al fronte su strada, anzi risulta più movimentato per via della presenza delle terrazze e delle loggette, che illuminano il vano scala, e dal differente cromatismo dei materiali utilizzati: mattoni rossi e maiolica. Vi è inoltre un piccolo giardino, protetto da un muro perimetrale, dove è inserita una scultura di Gianni Cosentino.
Al contrario di quanto avviene nei fabbricati dell’intorno, i progettisti lasciano il vuoto dell’ingresso aperto su strada quasi ad ampliare e definire lo spazio pubblico, così analogamente a quanto è avvenuto in via Cimarosa. L’atrio infatti viene arretrato e lasciato aperto rispetto al filo stradale; una breve gradinata introduce all’interno quasi a enfatizzare la presenza delle sculture e della “decorazione informale” collocata sulla parete che delimita a destra la scala.
L’edificio prevede un’unica abitazione per piano, secondo lo schema delle ville sovrapposte, cui si accede direttamente dall’ascensore; ogni appartamento ha quindi un doppio affaccio e lo spazio interno è organizzato secondo un attento studio. Ogni ambiente, secondo lo stesso Belotti, elenca la genesi dell’edificio e comunica il recupero dei valori reali e psicologici dei materiali. I tamponamenti sono realizzati in mattoni a vista e, verso la strada, vengono rivestiti in litoceramica bianca; il cemento armato porta l’edificio. Gli argomenti strutturali non si esibiscono in forma presuntuosa, ma sono ricchi di umiltà e, nella loro funzione priva di ambiguità, accettano la testimonianza della storia.