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Giacomo Borella

Dal 12.03.2013 al 12.04.2013

Terzo appuntamento del ciclo di serate 7x7. L'architetto milanese presenta alcune realizzazioni recenti dello studio Albori dibattendo appassionatamente con il pubblico

Terza serata del ciclo di incontri 7x7, curato da Federico Tranfa in sinergia con la Fondazione dell'Ordine degli Architetti, in cui sette professionisti europei sono stati invitati a presentare il proprio lavoro accompagnati da 7 colleghi milanesi.
Il 6  marzo Giacomo Borella, architetto associato dello Studio Albori, ha incontrato una sala piena in compagnia di Francesco de Agostini, architetto e caporedattore del sito dell’Ordine degli Architetti. 
La registrazione dell'incontro è visibile come per tutte le puntate precedenti sul canale Youtube dell'Ordine.

Introduce la serata Franco Raggi, ricordando la discussione che ha preceduto la formalizzazione del ciclo, nato dalla sensazione che “l'architettura di qualità  pare una grande assente dal dibattito contemporaneo anche fuori dai luoghi istituzionali. L’Ordine è la casa degli architetti, ma anche qui paradosssalmente non si parla mai di architettura, e per questo si è chiesto a Tranfa di fare delle proposte”.
Giacomo Borella tra gli architetti selezionati è l’unico milanese, e italiano insieme a Maria Giuseppina Grasso Cannizzo, a cui spetterà il compito di chiudere il ciclo il 29 maggio. 

Francesco de Agostini, a lui legato da antica amicizia, delinea per sommi capi il curriculum dello studio Albori, nato con Emanuele Almagioni e Francesca Riva nel 1993 in occasione della loro prima esperienza comune di progetto con l'edificio di via Altaguardia a Milano. Nel suo girovagare, lavora con Alvaro Siza a Porto, prima di entrare nello studio di Umberto Riva, dove conosce i suoi futuri soci. 
Una matrice, dice de Agostini, piuttosto riconoscibile per l'attenzione al particolare e la modestia quotidiana nell'espressione del proprio mestiere.    

La presentazione di Giacomo Borella è corposa, composta da 8 lavori realizzati o in esecuzione negli ultimi 3 anni, di cui l'architetto narra principi e vicissitudini, attenendosi alle loro singolari peculiarità.

1. Casa di vacanza a Vens (AO): in Val d’Aosta, un paese a 1700 m di altitudine. Il piccolo lotto di progetto si trova su una sorta di terrazzo montano. La sua posizione, irraggiata dall'alba al tramonto, suggerisce di mettere a frutto la presenza del sole progettando una casa che possa funzionare senza aggiunta di ulteriori fonti di energia.
L’edificio di nuova costruzione è molto piccolo, con una base di 5,5 x5,5 metri, e nasce dall'esigenza di massimizzare appunto l'apporto solare in tutti gli ambienti abitati che per questo affacciano a sud. Inoltre l'edificio è dotato di un campo fotovoltaico di copertura, e, forse meno visibile, di pannellature di tamponamento della facciata riquadrate in alluminio contenenti sali minerali che funzionano come termosifoni naturali, all'interno dei quali i sali sciogliendosi rilasciano il calore quando il sole non c'è.
La ristrettezza del lotto forza il disegno dell’edificio e la distribuzione degli ambienti su 3 livelli sovrapposti.
Il piccolo edificio presenta una struttura con telaio e rivestimento in larice, per i quali lo studio si è impegnato in prima persona nel perseguimento del principio del “Km 0”: il legno e la pietra impiegata per la casa è stato infatti – invero con un discreto sforzo - reperito sul posto, utilizzando così materiali locali, ovvero con un consumo minore di energia e a favore dell'economia interna.
Ogni progetto è occasione in Albori per  dare spazio alla manualità dello studio – “un rimedio alla realtà della professione che molto spesso raggiunge livelli alienazione ai lmiti della schizofrenia” dice Borella: alcuni mobili, fra cui un doppio letto a castello, un mobile cucina ricavato utilizzando cassette di vino in legno, più qualche mobile in ingresso con altri materiali di recupero, un attaccapanni, sono tutti costruiti direttamente da loro. 

Quello presentato è uno dei pochi lavori di nuova costruzione. Quelli che seguono infatti sono tutte occasioni di ristrutturazione, di trasformazione, riuso, riqualificazione:

2. Il recupero di un vecchio fienile a Ispra, sul lato lombardo del lago maggiore.
Di età imprecisata, è possibile conservarne solo i massicci muri perimetrali su 3 lati e la colonna centrale. Qui l’interazione con alcuni aspetti “bassi” -prescrizioni da regolamento edilizio e pareri di commissioni edilizie– impone un volume tamponato nella parte bassa e trasparente nella parte alta del fienile. "Una 'tipologia estetica' secondo la commissione edilizia, che immagina la parte bassa in muratura, e la parte alta vetrata", in aperto conflitto però con il progetto che prevedeva al piano primo la zona giorno e per questo bisognosa di privacy, data la prossimità di altri caseggiati attorno. da cui l'invenzione di un sistema di brise-soleil che diviene il dispositivo per raggiungere lo scopo, oltre che occasione per dar sfogo alla propria vena artigianale: il materiale è reperito nel bosco di robinie dietro casa, che personalmente i soci dello studio scelgono e tagliano su misura . All’interno, il pacchetto parete è completato da uno strato di isolamento  tamponato da tavelle piene -massa per aumentare l’inerzia termica della struttura-; all'esterno è finito dalle cataste di legna da ardere ad esso addossato. L’alto livello di coibentazione raggiunta permette alla casa di funzionare grazie al solo calore prodotto dal solare termico e dalla legna utilizzata per riscaldare la casa con l’ausilio di una semplice termo cucina collocata al piano terra. 
Sul lato verso il lago trova luogo una struttura richiesta dallo strutturista per puntellare la spanciatura del muro perimetrale, diventata occasione per la costruzione di un terrazzo.

3. A Roma e poi a Milano, Albori cura in collaborazione con la scuola di italiano per stranieri Asinitas-Asnada un laboratorio per immigrati recenti di tutte le età, occasione per affrontare il tema delicato dei luoghi legati alla loro migrazione, pre- durante e post. 
Il laboratorio consiste di tre momenti in cui autonomamente i migranti realizzano modelli-maquettes dei diversi luoghi di provenienza, di transito e di arrivo utilizzando materiali elementari, di recupero, inventariati e messi a disposizione di tutti. 
I modelli realizzati restituiscono una stupefacente interpretazione del concetto di "luogo" che è, di volta in volta: capanna, casa, bicicletta, contenitore per il cibo. 
I disegni sono utilizati per rappresentare i luoghi di passaggio, il transito del viaggio.
Infine l'arrivo a Roma, che diviene fontanella, Colosseo, chiesa etiope, la scuola  di italiano stessa. 
I due laboratori sono alla fine del corso diventati occasione di due mostre , nel 2010  “Esperienze extra-vaganti” a Roma, nei vecchi macelli, e nel 2012 “179 luoghi”, nella ex palestra di pugilato popolare sotto il circolo “Arci Bellezza” a Milano. In esse la ricostruzione del viaggio è rappresentato dai fili colorati che congiungono le tre soglie rappresentate.

4. La realizzazione di tre posti auto a Laveno sul sedime di un piccolo edificio in rovina diventa, grazie all'iniziativa dell'impresario del committente di coinvolgere lo Studio Albori, cui è legato da vincoli di stima e collaborazione, occasione di definizione di uno spazio pubblico sensibile, attraverso un programma funzionale inusuale che prevede la costruzione di un giardino pensile sistemato sopra tre posti auto. 
Tale realizzazione passava attraverso la concessione in essere tra la anziana proprietaria di una vecchia casa crollata, il cui sedime è diventato parte del giardino di casa, e il Comune che necessitava allargare di 3 metri la sottostante strada, per cui in cambio della parziale demolizione con l’arretramento della nuova muratura, veniva concessa appunto la possibilità di creare tre posti auto sotto il giardino superiore impreziosito da un’apertura da cui guardare il lago. 
L'intervento si è limitato alla demolizione di uno spicchio di muratura oltre che al parziale svuotamento del sedime, i cui materiali di recupero sono stati riutilizzati per la realizzazione dello zoccolo inclinato, delle  pavimentazioni e degli elementi di coronamento della muratura.

5.Il progetto e la realizzazione della sala di un ristorante a Milano in zona Porta Romana è completamente realizzato dallo studio.
Lo stesso impresario di Laveno mette a disposizione su richiesta dello studio una quantità di casse in legno massiccio ospitate nel suo magazzino e che erano state utilizzate per il trasporto di alcune delle opere d’arte provenienti da Villa Panza di Biumo. con queste costruiscono il bancone, le sedute e altri accessori, mentre con alcune porte e serramenti di recupero costruiscono la bussola d'ingresso. Anche le lampade il cui paralume è realizzato con della impiallacciatura di betulla è opera dello studio. 
Tali scelte oltre che permettere di contenere i costi consentono un allestimento costantemente in itinere, con modifiche e integrazioni progettate e realizzate man mano dallo studio Albori.

6. La sede di un istituto professionale ad Agordo (BL), ai piedi delle Dolomiti a circa 500 metri slm, è una delle poche commesse pubbliche realizzate dallo studio. La giacitura dell'edificio è frutto della scelta elementare di accompagnare il bordo dell'abitato, coincidente con il perimetro del lotto. L’organismo è costituito da 5 blocchi funzionali che  ospitano le diverse zona previste dal programma funzionale: aule, uffici di segreteria e presidenza, ingresso auditorium, laboratori e deposito, posti appunto sul limitare dell’abitato.
La consistenza del budget induce ad operare in massima economia per la costruzione della struttura in elevazione e orizzontale, in predalle di c.a.,  per disporre della maggior parte delle risorse economiche da dedicare all'involucro, altamente coibentato e performante, che doveva essere interamente in legno, ma bocciato dalla commissione locale, limitando il legno alla piazza e ai luoghi che guarda caso sono oggi maggiormente utilizzati dagli studenti nelle pause di lezione.

7. Riuso di due Case rurali sui colli tortonesi, il cui il recupero viene realizzato in progress direttamente dai proprietari e quindi in un lasso di tempo piuttosto lungo. 
La ripartizione in 3 unità, pur passanti tra loro, è compiuta esclusivamente con opere in legno.

8. Progetto di abitazione in un allevamento di maiali di cinta senese in Maremma, su un terreno di 55 ettari. 
Due ruderi esistenti in pietra ben squadrata, di cui si intende riutilizzare la volumetria, sono ncora una volta spunto di riflessione riguardo i principi della costruzione e il materiale che la costituisce: il regolamento edilizio della zona prevede infatti la costruzione in pietra a vista, che significa secondo i modi ordinari dell'edilizia struttura in cemento, tamponamenti in laterizio e rivestimento di superficie in pietra. 
La sperimentazione proposta invece prevede la coesistenza tra i pilastri in cemento armato -d'obbligo per ragioni sismiche- e muratura piena in pietra, in cui però i pilastri vengono ruotati di 45 gradi perchè non se ne veda che lo spigolo.
Inoltre si prevede l’eliminazione delle lattonerie a favore di elementi in cemento sia per i pluviali che per le gronde.

Chiudono la presentazione due foto dedicate ai maestri riconosciuti da Giacomo: il gatto di casa Borella, preso ad immagine di una specie maestra sapiente dell'abitare, capace di localizzarsi sempre nel luogo migliore per clima e in rapporto con lo spazio; l'altra è la bicicletta, manufatto umano che Albori vorrebbe imitare in quanto frugale, cordiale, silenzioso, facile da integrare e riparare.
 

Francesco de Agostini ribadisce l'invito ai colleghi presenti a partecipare a quella che vorrebbe essere una chiacchierata con domande e approfondimenti sull'attività dello studio Albori, iniziando le danze chiedendo perchè abbia inserito il laboratorio nel mezzo della presentazione, oltre che introducendo la questione della decorazione.

Se alla prima Giacomo Borella risponde con la profondità della lettura dei luoghi comunicatagli in quell'occasione, superiore al 95% delle riviste contemporanee, dall'altra è il destro per una domanda dal pubblico di Elvio Leonardi :"qual'è il limite tra lo scavo genealogico nelle pratica del mestiere, e l'indugiare un po' popolustico nel low tech, che diventa anche tema formale?"
Domanda difficile. La tappezzeria è una gioia farla, con diletto.
Dall'altro lato c'è un aspetto del nostro lavoro di cui Borella ha una visione per certi versi apocalittica: l'architettura contemporanea è la prosecuzione incosciente dell'architettura del Novecento, la più energivora mai prodotta dall'uomo, tra le principali cause della crisi ambientale globale.
Bisogna allora imparare ad avere un angoscia proporzionata per il presente dell'architettura, e 'compito triste' dell'agire quotidiano è saper fare le scelte che nel loro piccolo hanno una importanza notevole per le possibilità di sopravvivenza del pianeta nelle condizioni di abitabilità a noi note.
Politica oggi è occuparsi di come si riscalda una casa.
Il "compito allegro" è compiere a ritroso il percorso fatto dall'architettura formalizzata del '900, riscoprendo l'ambiente, il Creato così come nei suoi 4 elementi classici: aria, acqua, terra, fuoco, come fatti pratici dell'architettura quotidiana, con qui quanto si accennava prima ha a che fare. 
Così come ad esempio l'acqua piovana, bestia nera del '900, dove non si dovevano vedere i pluviali. a noi diverte ripercorrere al contrario questa storia, e ritrovarci occasioni per l'architettura.

Stefano Guidarini, insieme ai complimenti, sottolinea la piega neoprimitiva degli ultimi lavori, contro l'ultra modernità in crisi. Primitiva per il lavorare con le mani, usando quel che c'è, come condizione di necessità. Da cui la forma, che non nasce da un repertorio ma come forma costruttiva. Anche Siza dice che di un luogo non si butta via niente.
Giacomo Borella risponde citando Paul Goodman (1911-1972), attivista americano degli anni '60 che scrisse 'opinioni di un conservatore neolitico' di critica ai conservatori di allora: c'è qualche assonanza con il conservatorismo moderno che tiene ancora banco.

Angelo Bianco si chiede come  il passaggio di scala tra piccoli lavori e opere pubbliche possa sussistere senza non diventare schizofrenici.
Una parte dei motivi del fare il bricolage è proprio questa, risponde Giacomo, evitare questo stato di alienazione. Per certi versi sottolinea come ci siano riusciti anche in un parco pubblico realizzato un paio di anni fa. Ma incarichi pubblici di fatto non riescono ad averne più.
Altro elemento è quello economico, per cui piccoli lavori se anche realizzati diventano sbarcare il lunario.

Laura Pasquini rimarca il lavoro artigianale come valore aggiunto, e si chiede se sia più o meno riconosciuto dal committente.
Non sempre apprezzato, sottolinea Giacomo. Come in un progetto a Laveno, dove il getto dei basamenti in c.a. a vista di 3 edifici in costruzione, era stato da loro campionato inserendo a fresco inerti non solo in pietra, ma non c'è stato verso di farlo accettare al committente. A Pasta Madre invece è successo il contrario.

La maquette artigianale usata come strumento di progetto, domanda Francesco de Agostini, è efficace anche per presentare il progetto?
Noi in 20 anni non abbiamo mai fatto rendering, risponde Giacomo, supplendo con i modelli, un modo molto più sano di guardare le cose che disegnare a video.

Qualcuno chiede se ha votato Grillo? No.

Altri chiedono quale sia il rapporto con gli artigiani? E quale destino invece della scuola per l'infanzia a Roma?
La seconda più facile, risponde Giacomo Borella: il cantiere di Roma è storia infinita. Il fallimento dell'impresa nel 2006 ha imposto poi l'aggiornamento del progetto; poi è stato rifatto l'appalto, aggiudicato dopo un paio di anni, e ora il Comune non ha fondi per far ripartire il cantiere.
Riguardo il rapporto con gli artigiani, lo studio ha il culto di quelli che sanno lavorar bene, da cui ha imparato più di quanto imparato in università. Certamente non vi è il culto del dettaglio oltre una certa soglia, alla Umberto Riva per intenderci, in cui per la realizzazione era necessario usare artigiani leggendari e irraggiungibili.
Perchè non si veda nelle opere, risponde, "ci devo pensare".

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