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Pincherlestudio – con Elisabetta Pincherle in via Lombardini

Dal 13.02.2012 al 15.03.2012

L'agire del mestiere ci ha insegnato, per il significato civile che qualunque opera esprime nel paesaggio in cui si colloca, un diretto confronto con la realtà e i suoi accidenti locali

Si sente parlare spesso di architetture archetipe, assolute, contestuali, monumentali, paradigmatiche, emblematiche...
L’agire del nostro mestiere, soprattutto in contesto urbano, ci ha insegnato, per il significato civile che qualunque opera esprime nel paesaggio in cui si colloca, un sempre più diretto confronto con la realtà e i suoi accidenti locali.
Possiamo poi pensare di progettare in modo analitico, sintetico, inclusivo o storicistico, e di appartenere alle diverse famiglie spirituali che la storiografia - spesso attraverso facili scorciatoie - concepisce nel tempo a supporto delle nostre convinzioni, soprattutto pensando di renderle più immediatamente comprensibili agli altri.

Ma al di là di tante etichette più o meno azzeccate, penso che vi sia appunto un modo di agire progettuale che, con consapevolezza storica e senso pratico, sappia interpretare il contesto in cui si stabilisce, per orientare il progetto in modo da attraversare il proprio tempo senza essere a disagio, e magari anche – e vorrei dire soprattutto, vivaddio - con la soddisfazione di chi vi abita. Il suo senso di appartenenza si può cogliere semplicemente percorrendone lo spazio, sentendone le consonanze, senza tante chiacchiere.

Il cantiere che visitiamo con Elisabetta Pincherle si trova all’inizio di via Lombardini, una delle prime traverse di Ripa di Porta Ticinese dopo il ponte di via Valenza sul Naviglio Grande, dove per lo più le attività proto industriali hanno lasciato il passo a residenza e uffici, facendo di questa zona una delle icone di Milano.
Un luogo dove l’identità di quanto è preceduto trova conferma nel presente, significando il futuro, dove la tradizione non è fossile anacronismo ma ragione dell’abitare contemporaneo.

Elisabetta, anche con una certa dose di disinvoltura, chiamata ad agire in questo contesto, sceglie a piene mani di rappresentare quasi scenograficamente questa storia, sottolineando le diverse caratteristiche dei tipi, tipologie e materiali, come in sovrapposizione storica. È possibile poi che nel farlo abbia anche corrisposto alla storia della proprietà, che si avvicenda da generazioni in questo luogo, un ex saponificio, il cui entusiasmo che ci accompagna durante la visita a maggior ragione dice della occulatezza delle sue scelte.
E lo fa con consapevolezza. Non è un caso che mentre passeggiamo in cantiere ci parli della sua esperienza berlinese di Schutzenstrasse, tra il 1994 e il ’98, con Aldo Rossi.

Un procedere analitico, dunque, ma con un richiamo diretto alla storia propria del luogo, in cui i tipi corrispondenti le diverse funzioni storiche del lotto quadrangolare affacciano su un unico cortile: residenza in cortina, lungo la via Lombardini, con il recupero della relativa distribuizione a ballatoio verso la corte; gli uffici originariamente caratterizzati dalla regolarità delle bucature e dalla copertura a botte, il cui rifacimento permette di insediarvi un grande loft; i laboratori con invece più ampie vetrature, di fronte agli uffici, diventano abitazioni; e infine i depositi della storica fabbrica sul lato opposto ai ballatoi.
Il progetto conferma i tipi del disegno originario, aggiornarndone naturalmente tecnologie e materiali ad un uso attuale, così come le destinazioni.
Dove poi c’erano i depositi in testata alla corte, viene ricostruito un corpo di fabbrica comunque di carattere produttivo, costituito da un fronte quasi completamente vetrato, al cui interno sono presenti uffici di alta rappresentanza. Trattandosi del raccordo tra i 2 corpi principali recuperati nelle loro diverse caratteristiche originarie, diventa il fulcro del sistema, che consente di dare unità alla corte così variamente costituita. In copertura a questo, un terrazzo, su cui affaccia la residenza dell'ultimo piano.

L’identità, come diceva il saggio, non è nell’uso, ma nella sua forma: così come un castello può essere un museo, un laboratorio una abitazione, un magazzino un ufficio. L’identità del luogo è affermata nella conferma dei suoi caratteri, al di là, appunto, del suo uso transitorio.
Quella che chiamiamo identità urbana, troppo spesso considerato un valore aggiunto, laddove riconsociuta, non è un lusso -costa quanto la cattiva architettura- ma è l’espressione stessa della collettività che è poi guarda caso è felice di abitarvi.

Giriamo all’interno dei vari volumi, raccolti come abbiamo detto attorno alla corte  su cui affacciano sia residenza che uffici, in cui le finestre in ferro vetro (ma con caratteristiche ad alto taglio termico) della produzione, oggi accolgono lo sguardo sia di chi risiede che di chi vi lavora.
Le coperture dei due corpi sono differenziate nel disegno e nel materiale: una ad assecondare la botte originaria, rivestita in rame, un esplicito richiamo agli abbaini parigini; l’altra, più lombarda, con falda rivestita in cotto in cui l’apertura degli abbaini è scadito dal ritmo delle bucature sottostanti.

Una attenzione al dettaglio di grande efficacia, in cui le diverse parti descritte vedono una cura scrupolosa del carattere degli elementi che le compongono.
Così come ad esempio per la boiserie delle scale ri disegnata, ampliandola; la beola nelle parti residenziali esistenti; il legno delle imposte.

Attenzione al dettaglio ma anche agli elementi tecnologici. Un sistema centralizzato a pompa di calore distribuisce attraverso ventil convettori - dotati anche di semplici piastre radianti, data la significativa inerzia della struttura -, garantisce anche il fresco estivo con l’ausilio di una unica centrale di trattamento in sommità del corpo di nuova costruzione.

La sensazione andandomene è che l’affezione di chi ha compiuto l’operazione sia ricambiata da chi vi abita, sia risiedendo che lavorandoci, poiché il tempo di questa mattina autunnale è proprio volato.


Francesco de Agostini



Intervento di recupero e ristrutturazione di immobile
via Lombardini, 10 - Milano
Progetto Architettonico: 2003-2011

Progettazione architettonica e DL:  arch. Elisabetta Pincherle
Collaboratori: arch. Michele Calloni
Progetto strutturale: Ing. Carlo Cagnana
Coordinatore Sicurezza in fase di Progetto ed Esecuzione: ing. Carlo Messi
Impresa Costruttrice: CREA spa
Impianti meccanici ed elettrici: Atel-Sesti
Committente: Alexandre Immobiliare


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