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Dario Fo, Franca Rame e gli studenti

Dal 26.01.2011 al 26.02.2011

Il Politecnico milanese ha invitato Dario Fo e Franca Rame a tenere una lezione-spettacolo dal tema “L’architettura del teatro”. Applausi a non finire

Ci sono eventi che non bisogna perdere, perché capitano in situazioni e circostanze uniche.
In un momento storico in cui la cultura (e non solo) vive un momento di difficoltà, la facoltà di Architettura del Politecnico di Milano ha cercato di renderla al contrario viva e protagonista, aprendo il nuovo anno con un appuntamento destinato a fare scuola.
Pubblichiamo un video (un po tremolante...) preso durante la rappresentazione

L’Università milanese ha invitato Dario Fo e Franca Rame a tenere una lezione- spettacolo dal titolo “L’architettura del teatro”, scritta appositamente per l’occasione. I due grandi maestri hanno coinvolto lunedì 24 e martedì 25 gennaio 2011, una moltitudine di studenti raccolti in un’affollata aula Carlo de Carli alla Facoltà di Architettura Civile di Milano-Bovisa.
Gli studenti hanno sete di conoscenza e ciò si avverte in questi momenti; è la stessa voglia che li ha spinti poco tempo fa ad organizzare lezioni ed attività straordinarie, così come ad arrampicarsi sui monumenti italiani per proclamare il diritto all’istruzione.

Il Politecnico, secondo le parole introduttive del Rettore Giovanni Azzone, intende essere un luogo di “cultura totale” della città e diventare così a pieno titolo uno dei centri propulsivi della cultura milanese; per questo la collaborazione con Dario Fo e Franca Rame non è da considerarsi episodica, bensì la prima di una lunga serie.

Il luogo è inusuale: non un teatro ma un’aula magna di Università, cuore di un organismo che forma la cosiddetta “futura generazione”. Ciò che sta alla base dell’iniziativa emerge dalle parole di numerosi ricercatori della medesima facoltà che, citando i testi ebraici, dichiarano: “il mondo si regge sul respiro degli studenti e noi dobbiamo prendercene cura”. L’evento, spiegano, è volto a contrastare le difficoltà e i rischi che giungono da diverse parti, per affermare una precisa idea di università, come “luogo pulsante del vivere civile, della produzione e della trasmissione dei saperi, della cultura e del pensiero critico, della responsabilità, officina di idee e di formazione di professionisti competenti e cittadini consapevoli”.

Prima di iniziare lo spettacolo, Dario Fo mette a suo agio il pubblico come spesso fa, predisponendolo all’ascolto. A tal fine invita le persone delle ultime file a farsi avanti per prendere posto direttamente a suo fianco sul palcoscenico. In una manciata di minuti la quarta dimensione si rompe, perché in fondo l’aspetto più importante del teatro è “dove stiamo seduti”, suggerisce Fo, cioè il rapporto con ciò che ci circonda, con lo spazio.
E che lo spettacolo inizi!

Dario Fo parte dal teatro greco, origine del suo senso architettonico: una conca in diagonale sulle quali sono poste gradonate di spettatori e una parte vuota al centro. Qualsiasi cosa si rappresenti, dalle più cruenti alle più comiche, si mette in atto una finzione della realtà. Il teatro greco, sia quello mistico che quello civile, ha uno scopo ben preciso: coinvolgere gli spettatori in un processo di crescita morale collettiva e individuale; certo è un errore dichiarare che tutti i Greci erano dei geni e dovunque c’erano teatri. Ci spiega che era così per Atene e Corinto per esempio, ma non per Sparta, perché mancava un elemento fondamentale: la democrazia, la libertà e il confronto dialettico. Di seguito recita quindi qualche passo dei classici, in un divertente dialetto lombardo-veneto.

Dapprima Minosse e i desideri sessuali di Pasifae, e in seguito Dedalo e Icaro, tutti personaggi che l’attore mette in scena in un contesto senza scenografie ma riuscendo a trasmettere al pubblico una ricchezza di immagini tale da non avvertirne la mancanza. Alla prima scena segue una magnifica Franca Rame, interprete di Medea e Giasone per esprimere la condizione di una donna abbandonata dal suo uomo.

La seconda parte dello spettacolo si apre con il teatro medievale, a cui spesso si pensa come povero di racconti. In realtà, racconta Fo, sin dal IX sec. si organizzavano spettacoli nelle basiliche e nei portici, mettendo in scena rappresentazioni alle volte anche scurrili. In questa parte Fo interpreta un momento del teatro della passione: “Matto sotto la Croce con la morte”, prologo del Golgota mentre Franca Rame regala un indimenticabile momento comico con un pezzo tratto dai Vangeli apocrifi in cui Eva nasce prima di Adamo.

Il Rinascimento porta alla ribalta le compagnie italiane, mettendo in scena storie in cui si può parlare anche senza parole logiche ma attraverso suoni onomatopeici. Fo interpreta poi  “La lezione di Scapino”, maschera di servitore resa celebre da “Le furberie di Scapino” di Moliére. Al centro dell’interpretazione il parallelismo tra un personaggio del ‘500 e un politico italiano; eccone un passo:
“Scapino in questo brano interpreta un servitore che presta la sua straordinaria sudditanza dentro una ricca casa dove il padrone lo reputa di un genio insuperabile; non c’è affare dove ognuno della casa non lo vada a interpellare.
Il padrone lo tiene legato a sé in ogni situazione difficile, bisogna sottolineare che il signore, monsieur de la maison, aveva fatto grande fortuna come empreneur, guadagnando l’impossibile nel mercato di ogni genere, in movimenti finanziari come banchiere, in navi, in tessuti, in trasporti e …nell’evitare furbescamente di pagare le tasse…! Siamo nel ‘500, ma a un certo punto il signore, trascinato dalla presunzione di essere vincente in ogni avventura decide di buttarsi in politica! E’ convinto di riuscire a calzare la feluca di Primo Ministro…naturalmente del Regno di Francia!

A questo punto della città scoppia uno scandalo: “Non è possibile!” gridano gli uomini di legge e di cultura! Chi ha in mano le leve del potere economico non può governare! La famosa legge sur les conflit d'intérêt ! ».

All’attualissimo pezzo di Scapino conclude un applauditissima interpretazione di Franca Rame de “La madre del palafreniere”, regalando alla platea un momento drammatico di grande intensità.

Applausi a non finire. Dario Fo e Franca Rame sono riusciti a creare un clima ricco di forza e di carisma, coinvolgendo insieme studenti, professori e tutto il pubblico, in un momento di alta cultura, che nello stesso tempo ha offerto saggi insegnamenti, pensiero critico e una buona dose di svago e divertimento.
E’ in questi momenti che, per contrasto, si avverte il profondo decadimento delle istituzioni italiane e la scarsa volontà di supportare la cultura. Ma alle affermazioni di Tremonti “Con la cultura non si mangia”, bisogna rispondere solo come sa fare Dario Fo: “Mangiassero lui!” e nello stesso tempo ammirare una grande attrice come Franca Rame che, in conclusione di uno spettacolo gratuito offre la sua disponibilità a insegnare recitazione agli studenti del Politecnico.
Queste sono le persone che ci rendono ancora fieri di essere Italiani.

Manuele Salvetti

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