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Via Croce Rossa è dei milanesi. Un ragionamento ed una petizione

Dal 16.06.2010 al 16.06.2011

E' ancora polemica sullo spostamento del monumento a Pertini di Aldo Rossi da via Croce Rossa. Di seguito ricostruiamo gli eventi e la richiesta di soprassedere a questa idea

Negli ultimi mesi è risorta una polemica che si sperava ormai morta: quella attorno al monumento a Pertini di Aldo Rossi in via Croce Rossa, già definito da Vittorio Sgarbi, con la consueta sensibilità, “un pisciatoio”, e osteggiato da Giorgio Armani che ne auspicava la demolizione per dare maggiore visibilità ai suoi esercizi commerciali affacciati sulla strada. 

Il 22 aprile scorso la lettrice Cecilia Fornasieri aveva scritto al “Corriere della Sera” per “dire chiaramente quello che tanti milanesi pensano” definendo l’opera di Aldo Rossi, una “scultura orrenda degna solo di essere demolita”. Poco dopo, il 9 maggio, la presidente del Consiglio di Zona 1, Micaela Goren Monti, in un’intervista di Giulia Bonezzi  su “Il Giorno” confessava il suo “sogno di spostare il cubo di Pertini”.

Ed ecco, improvvisamente, farsi avanti il beneficiario di tanto rinnovato furore iconoclasta: il gallerista Nicolò Cardi, socio, guarda caso, di Barbara Berlusconi e Martina Mondadori nella Cardi Black Box Gallery di Milano che, buttato fuori dai piedi il piccolo ed elegante cubo marmoreo di Rossi con le sue fastidiose evocazioni resistenziali e pertiniane, vorrebbe edificare sul posto, come commenta l’urbanista Giancarlo Consonni su “Repubblica” del 5 giugno, “un ottuso e arrogante parallelepipedo nero di almeno tre piani con base di venti metri per venti”, tanto per non essere invasivi, come contenitore della sua galleria d’arte che da Corso di Porta Nuova verrebbe così a installarsi in pieno centro della città e per di più su uno spazio pubblico.

Appena diffusasi la notizia abbiamo anche appreso dell’improvvisa ed entusiasta disponibilità dell’assessore Finazzer e del sindaco Moratti.

A questo proposito le questioni da affrontare sono molte.

Rispondendo sul “Corriere” alla lettera della Fornasieri, Giangiacomo Schiavi, giustamente, si domandava come mai “l’inguardabile monumento ai Bersaglieri” in fondo a Corso Europa, il “Carabiniere” di Piazza Diaz o la fontana di piazza San Babila, non avessero suscitato altrettanto accanimento.

E concludeva che forse il problema del cubo di Aldo Rossi era quello del rapporto dimensionale con gli edifici circostanti, dai quali poteva apparire soffocato, dal momento che si tratterebbe di un progetto inizialmente pensato come monumento ai caduti della Resistenza per un luogo aperto: una collina di Boves presso Cuneo.

Ci dispiace contraddire Schiavi, ma l’opera di Aldo Rossi - che ricorda e forse cita intenzionalmente esempi della grande architettura commemorativa di Giuseppe Terragni e le sue tipologie primarie di monoliti, cubi e scalinate - è intimamente legata alla città di Milano, e nella sua versione attuale è concepita proprio per quel luogo specifico.

Il progetto di sistemazione di quell’area, infatti, fu affidato ad Aldo Rossi nel 1990 nell’ambito degli interventi realizzati per la costruzione della linea 3 della metropolitana Milanese, ed egli vi adattò coscientemente un precedente lavoro che non aveva potuto essere realizzato, come è diritto di ogni artista e creatore e come è sempre avvenuto, sia nel più remoto passato sia in tempi più recenti.

Fantasiosa, dunque, l’affermazione più volte ripetuta che il cubo sia calato come un ufo dalle colline piemontesi al cuore di Milano.

E’ invece nostra radicata convinzione che l’ostilità suscitata fin dal suo primo apparire, sfruttata e coordinata  – come ricorda Schiavi sul “Corriere” – dai leader della destra tra cui l’attuale vicesindaco De Corato e l’estremista Staiti di Cuddia, non abbia niente a che vedere con una valutazione estetica ma sia dovuta alle evidenti radici ideali di un post razionalismo legato ai valori della Resistenza e alla memoria del Presidente partigiano Sandro Pertini.

Nel 2006, uno degli itinerari che da quasi 10 anni l’Ordine degli Architetti organizza per promuovere la conoscenza dell’architettura milanese del Novecento e facilitarne la riconoscibilità, la comprensibilità e quindi il rispetto, si fermò in Via Croce Rossa, dove fu rilevato che questo monumento assume per Aldo Rossi, che – ricordiamolo – è stato uno dei più grandi maestri innovatori dell’architettura contemporanea, un valore che va oltre l’occasione effimera, per diventare un elemento essenziale della struttura della città.

Per lui, infatti, i segni permanenti lasciati dai monumenti nel tracciato urbano e il rapporto che si consolida tra città costruita e città ideale trasformano “ogni singolo progetto architettonico in un fatto urbano”.
E’ lo stesso Aldo Rossi a guidarci con le sue parole in questa lettura del monumento:
“Questa piazza è posta all’incontro di due importanti strade milanesi, via Montenapoleone e via Manzoni; strade di antica e severa importanza esse sono ora centro del commercio e del turismo stravagante.

Concepita come una piccola piazza lombarda, un luogo per incontrarsi, mangiare un panino o scattare una foto di gruppo, è formata da un doppio filare di gelsi lombardi, ormai scomparsi nel paesaggio, da panchine di pietra, lampioni e pavimentazione di blocchi di porfido e granito rosa.

All’estremità della piazza vi è il cubo della scalinata che si chiude con un muro di pietra tagliato da un triangolo di bronzo da cui scende l’acqua fino a una grata incassata tra la pietra della pavimentazione. Infine è importante notare che il cubo/scalinata è ricoperto dello stesso Candoglia, grigio e rosato, del Duomo di Milano".

Il progetto è stato dunque un progetto vero, non una delle tante improvvisazioni di cui sono costellate le nostre città, concepito per quella storica Via Croce Rossa, simile a “una minuscola piazza-teatro capace di sospendere il “tempo mancante” in uno spazio civile dove hanno modo di dialogare i marmi del Duomo e i gelsi, a testimonianza di due grandi motori dell’identità lombarda”, come ha scritto su “Repubblica” Giancarlo Consonni parlando di un vero e proprio “assedio alla città”, dentro, fuori, sopra e sotto, e di “attacchi all’architettura dei luoghi”, da parte di privati che, unicamente nel nome del Dio Commercio (e quindi del Dio Profitto), occupano spazi pubblici prestigiosi con la connivenza di chi governa Milano, vendendo a pochi i luoghi urbani  che sono di tutti, e trattando la cosa pubblica come se fosse cosa propria.
E l’opinione dei cittadini? Chi e quando la interroga o la considera? Regolarmente ignorata quando riguarda problemi concreti e di utilità collettiva, essa viene suscitata, sfruttata e manipolata senza alcuna possibilità di controllo, per essere usata come arma in contese di carattere genericamente estetico che richiedono una sensibilità, una cultura e una preparazione non comuni, e soprattutto tempo.

Ricordiamoci del rigetto suscitato negli anni ’50 e ’60 dai primi tagli e composizioni al neon di Fontana, oggi oggetto di culto, o della rivolta popolare provocata più di cinquant’anni fa dalla Torre Velasca dei BBPR, che fa oggi parte dell’immaginario collettivo della nostra città.
Vogliamo davvero sostituire il monumento a Pertini di Piazza Croce Rossa  con un altro cubo? Nero ? Con una base di 20 metri e alto tre o quattro piani?

E questo solo perché il signor Cardi Black Box possa vendere i suoi quadri e l’Amministrazione Comunale guadagnare sulla pelle dei cittadini cedendo uno spazio pubblico a un soggetto privato?

Non ci bastano la vendita di Largo Corsia dei Servi e monumenti insigni come il Garibaldi di Ximenes di Largo Cairoli impacchettati per anni e venduti alla pubblicità con la scusa del restauro?

Chiediamo all’Amministrazione di soprassedere a questa idea scellerata, chiediamo di lasciare Pertini e la sua memoria dove sono e di non accettare mai più che i privati si impossessino degli spazi pubblici, perché gli spazi pubblici sono della città e dei suoi cittadini.

Chiediamo che la nostra diventi un’Amministrazione attenta ad interpretare le istanze e i valori della collettività e che sappia porsi dalla parte della cultura del progetto, non che abdichi in favore della speculazione e del vantaggio di pochi.


Arch. Daniela Volpi

Presidente dell’Ordine degli Architetti PPC della Provincia di Milano

e i Consiglieri Maria Luisa Berrini, Valeria Bottelli, Maurizio Carones, Maurizio De Caro, Marco Engel, Paolo Mazzoleni, Alessandra Messori, Emilio Pizzi, Franco Raggi, Vito Redaelli, Clara Maria Rognoni, Annalisa  Scandroglio e Antonio Zanuso

 

Si è intanto avviata la raccolta di firme di sottoscrizione di un appello per iniziativa del prof. Emilio Battisti, che di seguito pubblichiamo. Chi volesse può sottoscriverlo qui.

"Il sindaco Letizia Moratti e l’assessore Massimiliano Finazzer Flory hanno recentemente reso pubblico il loro proposito di trasferire in altro luogo della città la fontana monumentale dedicata a Sandro Pertini, progettata da Aldo Rossi, e realizzata nel 1988 in via Croce Rossa dalla Metropolitana Milanese che ne ha fatto dono alla città, in occasione della costruzione della linea 3.

Non intendiamo pronunciarci sulle caratteristiche estetiche del monumento nei cui confronti si sono avute in passato reiterate polemiche come avviene in genere per ogni opera di architettura che sia tale, e tanto meno esprimere giudizi sulla cosiddetta “scatola nera” (un edificio di tre piani e 20 m di lato) che si vorrebbe realizzare al suo posto e sulla quale altri si sono già espressi.

Ci sembra invece necessario rammentare che Sandro Pertini (1896-1990) settimo Presidente della Repubblica Italiana, in carica dal 1977 al 1985, oltre a essere stato un protagonista della Resistenza, è stato certamente, tra tutti i presidenti, quello più amato dagli Italiani. E che Aldo Rossi (1931-1997), nato a Milano e formatosi alla Facoltà di Architettura del nostro Politecnico, è uno degli architetti più conosciuti e considerati a livello internazionale per il contributo dato alla cultura dell’architettura e della città.

Infatti, nel 1990 gli fu assegnato il Premio Pritzker (il Nobel dell’architettura), primo italiano a vincerlo e primo di una lunga serie di riconoscimenti: l'Aia Honor Award, il premio città di Fukuoka, il premio “Campione d'Italia nel mondo” e il premio “1991 Thomas Jefferson Medal in Architecture”. A questi prestigiosi riconoscimenti seguono le mostre al Centre Georges Pompidou di Parigi, alla Borsa di Amsterdam, alla Berlinische Galerie di Berlino e al Museo di arte contemporanea di Gand.

E’ quindi giusto rispettare, tutelare e valorizzare sia la figura di Aldo Rossi sia il monumento dedicato a Pertini, quali componenti del patrimonio che contribuisce a definire l’identità culturale di Milano, soprattutto da parte del sindaco e dell’assessore alla cultura.

Va anche osservato che la fontana monumentale si trova ormai da più di vent’anni nel centro della città, in uno spazio pubblico particolarmente significativo, che costituisce elemento di cerniera tra le vie Manzoni, Monte di Pietà, Borgonuovo e Montenapoleone, oltre a fare da sfondo a quest’ultima, diventando parte integrante dello scenario urbano assieme agli alberi di gelso che lo fiancheggiano.

Se malauguratamente tale proposito avesse seguito, non sarebbe altro che una ulteriore manifestazione di ignoranza e mancanza di rispetto per il nostro patrimonio culturale. Valgano per tutti i clamorosi casi della distruzione nel 1989 del Teatro Continuo di Burri e il colpevole stato di abbandono in cui sono stati lasciati per anni i Bagni Misteriosi di De Chirico, opere entrambe realizzate nel Parco Sempione in occasione della quindicesima Triennale del 1973

Non vorremmo che il sindaco Moratti, nell’imminenza dell’Expo Universale del 2015, che tanto le sta a cuore, offrisse al mondo intero un ulteriore esempio di insensatezza e mancanza di considerazione per un patrimonio che avrebbe innanzi tutto il dovere di tutelare in quanto pubblico, presentandolo ai visitatori della grande manifestazione quale carattere distintivo dell’identità culturale della città."


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