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Offarchitetti – con Giano Donati in via Alamanni a Milano

Dal 28.05.2008 al 28.05.2009

Ripamonti, corte interna. Nulla lascia intuire che vi sia un cantiere di una palazzina di 4 piani, se non fosse per una betoniera parcheggiata in strada, sotto la pioggia.

Zona Ripamonti, corte interna. Nulla lascia intuire arrivando che vi sia un cantiere di una nuova palazzina di 4 piani, se non fosse che al mio arrivo una betoniera è intenta a miscelare per il getto dell’ultimo solaio.
Giano Donati, uno dei 4 fondatori di Offarchitetti, mi aspetta sotto l’ombrello.

Inizia così il mio sopralluogo di oggi, dedicato al cantiere di un piccolo edificio residenziale per 8 appartamenti, 500mq di slp con ben 270mq di logge e relativi box, come mi dice l’architetto, a sostituzione di un laboratorio preesistente, che entrerà a far parte del circuito di cohousing, nuova formula di gestione e condivisione dell’abitare contemporaneo.
Ma una cosa per volta.

Entriamo nell’androne, e di qui subito possiamo abbracciare l’intero cantiere, del resto piuttosto costretto: filo confine a nord con il blocco distributivo –e con relativi problemi di vicinato che come mi racconta Giano hanno ritardato il cantiere di ben 2 anni- e risicati sul lato opposto, dove l’aggetto delle logge tuttavia fa guadagnare la differenza.
Si tratta di un disegno compatto e garbato -in cantiere tuttavia non c’è sufficiente profondità di campo per fare delle foto comprensibili, però si vede bene nelle foto del modello- di cui Giano mi racconta aver architettato ogni singolo passaggio sin dall’avvio dell’operazione: reperimento area, reperimento finanziatori, impresa, direzione lavori poi trasformata in artistica, ed infine i contatti con l’agenzia che appunto ha introdotto l’immobile nel mercato del cohousing.

È evidente quanto la sua attitudine non sia quella del puro architetto, nel senso del disegnatore di spazi, ma al contrario di quanto sia consapevole e smaliziato riguardo la necessità di proporre e non attendere proposte, e traspare quanto vi sia oltre che in termini di ambizione anche una specifica preparazione e consapevolezza culturale alla gestione di questo genere di operazione. Approfondendo il discorso emerge l’urgenza di farsi imprenditori –non semplicemente promotori- di se stessi, probabilmente anche attraverso la consapevolezza delle proprie risorse disponibili.

Purtroppo il getto in corso, la ristrettezza del cantiere e le maestranze impegnate ci impediscono di girare liberamente per il cantiere, per cui riprendiamo il discorso poco dopo, non sotto la pioggia, bensì al tavolo del suo studio, poco lontano.
Molti sono i lavori in corso sciorinati sui tavoli. La prerogativa di fattività che intuivo prima si dimostra anche in alcuni elaborati esecutivi in allestimento su progetto di altri, forse meno predisposti a sporcarsi le mani della materia che è fatta di dettagli e perché no, anche di sano spirito pratico.
Mi mostra il modello di studio dell’intervento appena visto in cantiere, che appunto fotografo, di fattura semplice come l’intervento stesso, come una forma di inesorabilità delle cose.

Approfittiamo quindi per parlare di cohousing, formula che a Milano, mi racconta Giano, sta avendo un rapido successo grazie alla felice intuizione dell’architetto Luca Mortara, fondatore attraverso anche il Politecnico di Cohousing Ventures, agenzia appunto di promozione di questa pratica abitativa, per altro presente alla appena inaugurata mostra sull’Abitare in Triennale, e che ci ripromettiamo di approfondire presto all’interno di questa rubrica.

Si tratta in sostanza di una forma di organizzazione, esplicata attraverso l’iscrizione e successiva selezione, di ‘vicinato elettivo’, in cui cioè gli iscritti interessati a questa forma di abitare dialogano direttamente, in qualche modo come all’interno delle cooperative di una volta. Solo che tale orientamento viene affrontato su specifiche opportunità che l’agenzia propone.
E soprattutto la formula condominiale tradizionale è arricchita dalla smaliziata lettura del Regolamento Edilizio, la dove prevede che le funzioni collettive di servizio non facciano slp. Ciò significa che a parità di superficie di un appartamento tradizionale, vi si devono aggiungere servizi ‘condominiali’ tutt’altro che scontati come valore aggiunto: da spazi per il fitness e la cura del corpo, quali vere e proprie spa, alla piscina. Ma anche la foresteria di uso comune, la club house, e poi più pragmaticamente l’asilo interno, la lavanderia etc..
La domanda pare sia alta, ed anche alcune delle operazioni che abbiamo visto in corso a Lambrate, ora mi dice Giano anche alla Bovisa, stanno improntandosi a tale formula. Offarchitetti sta valutando altri progetti per loro.
Mi sembra anzi di aver letto da qualche parte che proprio a Lambrate vi sia una qualche intenzione di rilanciare anche laboratori di Coworking, dove alcuni mezzi di produzione –per grafici e architetti possono essere ad esempio stampanti plotter camere oscure etc.- sono condivisi da più attori.
Una bella maniera di ottimizzare le risorse, insomma, ma avremo modo di approfondire.

Francesco de Agostini

Edilizia Residenziale privata, 2006-8
Palazzina di 4 piani per 8 appartamenti
via Alamanni 20, Milano

Progetto architettonico: OFFARCHITETTI (Giano Donati, Angelo Fiore, Daniele Coppi, Fabio Arrigoni)
Collaboratori: Luca Mattavelli, Davide Sala, Gennaro Izzo, Matteo Pavesi
Progetto strutture: SCE Project (Ingg. Fabrizio Bozzi, Stefano De Cerchio, Manuela Fantini)
Progetto impianti: Ge.Pro Plants Engineering
Committente: Garden Estate

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