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Ereditare il passato: tradizioni, traslazioni, tradimenti, innovazioni

Dal 01.01.2008 al 31.12.2008

Il 13 dicembre 07 Adam Lowe, Pasquale Gagliardi, Paolo Baldacci e Carlo Berteli, moderati da Franco Raggi, dibattono sulla riproduzione di opere d’arte

I tre miracoli di Cana – la trasformazione di Gesu’, le cromie del Veronese, il facsimile di Lowe.


Il 13 dicembre 2007 Adam Lowe - direttore e fondatore di Factum Arte, Pasquale Gagliardi - Segretario Generale della Fondazione Giorgio Cini, Paolo Baldacci - critico d'arte, Carlo Berteli - Storico e critico d’arte dibattono un’interessante questione: la riproduzione di opere d’arte e la loro ricollocazione nelle sedi originarie.
La brillante prefazione dell’Architetto Franco Raggi ha introdotto subito nel vivo della questione. Che cos’e’ un originale, se un’opera pittorica comincia a degradare dal momento in cui viene terminata dall’artista e trasformata, restaurata, reinterpretata, rimaneggiata? E cosa sono dunque i musei? Un reclusorio di originali o magazzino del sublime avulso dal contesto?

Pasquale Gagliardi, nel tracciare una breve storia del progetto, ci riporta al 58, quando Vittorio Cini in un seminario sui rapporti tra Venezia e Parigi nel 700 parlo’ dell’assenza del dipinto come di una ferita mai rimarginata, una mutilazione della simbiosi Veronese-Palladio.
A nulla valsero i numerosi tentativi di riportare il telero al suo posto. Si parlo’ infatti di Nozze rubate e promesse mancate. Nel 2005 immaginammo un ritorno virtuale, proiettando un’immagine ad alta definizione del quadro. L’effetto era buono, tuttavia, dovendo oscurare la sala, i muri sparivano e si perdeva completamente la relazione tra dipinto e architettura.
Ed e’ sulla scia emotiva di questa ferita aperta che la Fondazione Cini ha pensato alla riproduzione del capolavoro in un facsimile.
Siamo felici dell’avventura, che abbiamo condotto con grande tenacia. Purtroppo non si e’ mai contenti e oggi la bellezza del dipinto di cui siamo molto fieri fa risultare ancora piu’ appassita l’architettura di Palladio che necessita di un restauro e di un progetto di illuminazione appropriato.

La serata prosegue in un fiume di emozioni grazie all’accurata presentazione di Adam Lowe che, supportato da proiezioni di immagini e filmati, ha saputo trasferire la fatica e la perizia di quest’impresa, che mette in gioco tecnologia, sensibilita’ estetica e artigianato.
Dallo studio accurato del dipinto e della sua storia – compresi i tagli inferti in epoca napoleonica per il trasporto a Parigi, si e’ passati alle scansioni notturne al Louvre con una strumentazione ingombrante e preziosa che doveva “sparire” alle prime luci dell’alba. Si e’ passati alla mappatura dei colori del dipinto e alla preparazioni dei pannelli realizzati in una speciale tela e coperti di colle animali e gesso. La stampa e’ stata realizzata da una macchina progettata ad hoc ed inseguito e’ stata ritoccata dai restauratori a mano. I pannelli sono stati trasportati a Venezia, assemblati in due pezzi, ritoccati nei giunti e montati sulla parete.
L’emozione di questo non facile processo e’ stata grande e Lowe ha voluto sottolineare due aspetti in assoluto contrasto: all’inaugurazione molti visitatori avevano addirittura le lacrime agli occhi davanti al facsimile, mentre, tornato al Louvre a rivedere il dipinto, l’originale appariva spento, erroneamente incorniciato, fuori luogo, insomma sembrava una copia. Lowe sintetizza cosi’ il suo operato: il facsimile non e’ una contraffazione, ma una verifica, che porta in vita pezzi di storia.

La serata si conclude con due bei contributi di critica. Paolo Baldacci, coadiuvato da proiezioni di dipinti, concorda con Lowe: la copia e’ sempre esistita, quale strumento al servizio dell’arte, per far conoscere l’arte. Tuttavia ha grandi limiti dovuti alla soggettivita’ e alla perizia dell’autore della riproduzione, e del contesto storico in cui viene eseguita, cioe’ interpretata a seconda del gusto e della moda.
L’opera d’arte e’ atto unico che emana emozione nel tempo. Anche se lo stesso autore fa una copia di un suo quadro precedente, non sapra’ mai eguagliare l’originale ne’ dare la stessa emozione. La riproduzione con strumenti fotografici, come in questo caso, apre nuovi orizzonti e toglie grande parte della soggettivita’ dovuta all’interpretazione.

Carlo Bertelli chiude la serata con una breve lezione di storia dell’arte e dell’architettura, ripercorrendo il felice sodalizio Palladio - Veronese che ha come risultato un manufatto integrato in cui architettura e arte collaborano in armonia. Il quadro e’ stato concepito come uno sfondamento dell’architettura, che gli fa spazio sacrificando le paraste piegate negli angoli, per dare una continuita’ spaziale: questo al Louvre senz’altro non si poteva percepire. In fondo Venezia e’ la citta’ del “dov’era com’era”.

Susanna Conte

 

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