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Autorimessa

Anno:  1948 - 1949

Località: Milano, Duomo

Indirizzo: via De Amicis 20

Destinazione d'uso: Autorimesse, depositi, edifici per lo stoccaggio

Progettista: Tito Bassanesi Varisco, Mario Guerci

Presentando il progetto dell’autorimessa di via De Amicis sulla rivista “Spazio”, Vittorio Bini scriveva che “il peculiare e positivo carattere di questa autorimessa dell’architetto Tito Varisco e dell’ingegnere Mario Guerci, è l’assoluta elementarità: è un tipico esempio di funzionalismo chiaramente e compiutamente inteso che per tale sua qualità raggiunge termini espressivi notevoli” (da Vittorio Bini, Struttura di una autorimessa, in “Spazio” n.6, Dicembre 51-Aprile 52 p.31).

 

Questa è la poetica di Varisco coerentemente con quanto si faceva strada in quegli anni nel dibattito all’interno del movimento secondo quanto anche è espresso in particolare da Pier Luigi Nervi, anch’egli aderente al MAC a partire dal maggio 1955: “l’adattabilità a qualsiasi forma e la capacità di resistere alle tre sollecitazioni principali fanno del cemento armato il materiale più rivoluzionario di tutta la storia del costruire. L’essenza di questa rivoluzione sta nella possibilità di realizzare strutture perfettamente aderenti alle necessità statiche e tali da diventare la visibile materializzazione dei giochi di forza in atto all’interno di essi [...]. E’ infatti a questa possibilità di realizzare organismi strutturali aderenti alle leggi statiche e che, proprio in questa aderenza, trovano eloquenza ed espressività formale che dobbiamo in buona parte il ritorno verso una verità architettonica che era andata via via perdendosi sotto una troppa rigogliosa fioritura decorativa. [...] La chiarezza distributiva in piante e in alzato ha determinato un organismo volumetrico chiaro, fedelissimo specchio dell’organizzazione statica e dinamica della costruzione” (da Vittorio Bini, Struttura di una autorimessa, in “Spazio” n.6, Dicembre 51-Aprile 52 p.31).

 

Ne nasce un’architettura che può sacrificare raffinate soluzioni di particolari, ma che insiste su pochi, chiari, sicuri concetti. In questa costruzione il rapporto funzione-estetica risulta privilegiare la prima come in vista della seconda: è infatti dalla struttura e dalle sue funzioni che nasce la forma e da questa stessa trae senso. La stretta coerenza tra interno ed esterno, rampa e saloni, è risolta con un potente e morbido plasticismo. Coerentemente con questa impostazione generale dell’edificio, l’unico elemento coloristico e aggiunto è la piccola scultura in ceramica dalla forma di una scattante macchinina che assolve al compito di segnalare la presenza e la funzione dell’edificio stesso. L’edificio è a tre piani e diviso in tre corpi da giunti di dilatazione: i due corpi laterali sono adibiti a saloni di posteggio mentre quello centrale è destinato alle rampe. La struttura è in cemento armato e poggia su travi rovesce. A piano terreno sono collocati una stazione di servizio, l’ingresso e l’officina seminterrata; mentre ai piani superiori i saloni di posteggio e la rampa. “Questi gli elementi e ognuno di essi è caratterizzato dalla sue proprie necessità. Il modo di organizzarli tra loro ha tenuto conto sia che non stridessero in sede formale per rispettare la propria funzione, sia che non sfalsassero le funzioni per rispettare pretesti d’estetica” (da Pier Luigi Nervi, Costruire correttamente, Hoepli, Milano 1955, p.110) anche se è evidente un riferimento all’architettura neoplastica. Il fronte su via De Amicis è caratterizzato da una parete completamente vetrata di interessante fattura: la particolare norma del regolamento milanese autorizzava sporgenze fino a m 1,20. Ciò ha permesso di aumentare la superficie utile dei piani con degli aggetti che sono al tempo stesso dei diaframmi orizzontali taglia fiamme. La parete vetrata risulta pertanto sporgente e inclinata, in modo da assecondare le sagome delle autovetture, rispetto a quella verticale della facciata e si presenta, nella sequenza dei piani superiori, a denti di sega. Le facciate erano rivestite in mosaico greificato, i serramenti sono in ferro, le pavimentazioni delle rampe in grés ceramico zigrinato, quelle dei solai in cemento bocciardato. Alcuni anni fa l’edificio è stato ristrutturato su progetto di Vincenzo Montaldo e Franco Morini.
 

Claudio Camponogara
Elisabetta Dulbecco