Dal 25.03.2011 al 20.04.2011
Pubblichiamo una breve sintesi della conversazione “fuori ordinanza” con l'Architetto Mario Galvagni, che ha avuto luogo il 15 Marzo 2011 presso la nostra sede
Piacevole conversazione “fuori ordinanza” tra pochi eletti per la serata del 15 marzo presso la sede di via Solferino. Maurizio de Caro, Consigliere dell’Ordine, in apertura di serata presenta l’architetto Mario Galvagni, partendo dal riassunto della sua formazione dal percorso assai bizzarro: compiuti gli studi di Litografia alla Scuola del Libro dell'Umanitaria di Milano nel 1942, si è diplomato al Liceo Artistico di Brera e successivamente in Pittura all'Accademia di Brera di Milano. Nel 1953 si è laureato in Architettura al Politecnico di Milano mentre dal 1981, in qualità di Socio Ricercatore della SIF (Società Italiana di Fisica), collabora alla presentazione di Comunicazioni di Ricerca di Fisica Teorica ai Congressi SIF. Non c’è dubbio che Galvagni, scoperto già 40 anni fa da Sandro Lazier, direttore di Antitesi, rappresenti una figura complessa ed articolata dell’architettura italiana. Lazier, colpito da un’architettura di Galvagni in Val d’Aosta agli inizi degli anni sessanta, ci tiene a sottolineare due aspetti dell’architetto milanese:
1) ha innovato l’architettura del dopoguerra intrappolata tra razionalismo e storicismo
2) ha sviluppato, con 40 anni di anticipo, l’esito morfologico che troviamo oggi in Eisemann. Mentre noi tendiamo a vedere la storia come un errore da superare, Galvagni è riuscito, tramite la teoria della complessità (sostituzione per mutazione) a far convivere passato e presente in un unico momento.
Le ricerche interdisciplinari svolte dal 1953 nell'ambito delle discipline Pittoriche, Architettoniche e Fisiche, lo hanno portato a studiare la rappresentazione e interconnessione della morfologia del vuoto tramite condensazioni di energia. Esiste un filo conduttore di armonie morfologiche che le lega tra loro. Nell'Architettura queste condensazioni morfologiche di energia raffigurano delle percorribilità percettive interattive con i nostri spazi abitativi.
Galvagni è un teorico dell’Ecologia della Forma: libera invenzione comportamentale del pensiero dell’uomo; una concezione interattiva, una disciplina, sedimentata nella storia, che le comunità hanno sempre applicato a livello anche inconscio, ma che è insita in ogni località territoriale ed è sempre esistita. E’ paragonabile ad una sorta di codice genetico di tutte le risorse utilizzate in modo interattivo dall’uomo, per costruire il proprio ambiente di vita.
De Caro legge due frasi scritte in passato da Rogers e Zevi: il primo dichiara non pubblicabili le opere di Galvagni perché potrebbero generare confusione negli studenti, mentre Zevi dichiara che Galvagni rappresenta un utile interrogativo per i giovani… “come mai questi pareri contrastanti?” Non tarda la risposta di Galvagni: Rogers aveva paura che questa morfologia apparisse agli studenti come puro formalismo. Prosegue in serata senza sosta il botta e risposta tra De Caro e Galvagni. Chiede De Caro: “l’architettura nasce per Galvagni da un’emozione.. quale?” “L’emozione di ascoltare e comprendere le esigenze di una committenza che non le sa esprimere”. De Caro: “la tua parabola creativa sembra indifferente a quanto succede accanto: è una scelta di solitudine oppure dipende dalla chiarezza dell’obbiettivo?” Galvagni: “non ci ho mai pensato ma sicuramente ho le idee chiare e mi ritengo uno sperimentatore solitario”. A quasi sessant’anni di carriera Galvagni continua quindi con entusiasmo la sua attività su più fronti: arte, filosofia, pittura, architettura e fisica. Ha scritto un libro che, con una scelta straordinaria di modernità, ha deciso di far scaricare solo da internet mentre è convinto che le architetture di oggi possono essere le stesse del futuro se vengono progettate con grande attenzione alla morfologia del territorio.