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L’Expo deve ripartire dai quartieri del design

Dal 28.04.2009 al 28.04.2010

Dal Corsera del 28/4/09. Effetto cattedrale nel deserto. La proposta di 300 intellettuali: sì a nuovi padiglioni in Fiera, ma tutta la città va coinvolta. Meno sprechi!

Una «proposta di buon sen­so». La presentano così: sono architetti, liberi professioni­sti, imprenditori, storici, rap­presentanti della società civi­le. Tutti amanti di Milano e tutti sostenitori dell'Expo, «perché davvero è la nostra occasione». Si sono trovati col passa-parola ed erano già una settantina. Il documento che hanno preparato, anche alla luce di quanto emerso du­rante gli incontri organizzati dall'Ordine degli Architetti, è stato firmato in pochi giorni da 280 persone (www.emilio­battisti. com) ed è stato pre­sentato al sindaco Letizia Mo­ratti. La filosofia di fondo è presto riassunta: studiati i ca­si di Hannover, Siviglia e Li­sbona, dove sono stati ospita­te le precedenti edizioni di Expo, si scopre che i padiglio­ni costruiti ad hoc devono poi essere demoliti o diventa­no lande abbandonate e di­messe.

L'alternativa è l''Expo diffu­sa' che piace, per citare qual­cuno dei 280, a Gae Aulenti e a Mario Botta, a Giorgio Galli ed Enzo Mari, a Giulia Maria Crespi e Gianni Biondillo, a Germano Celant e Paolo Bi­scottini, a Santo Versace e Giorgio Goggi, a Marco Vitale e Guido Martinotti, a Riccar­do Sarfatti e Nando Dalla Chiesa, a Pierluigi Nicolin e Carla Venosta. Come spiega il professor Emilio Battisti, do­cente del Politecnico, «il pro­getto per l'Expo 2015 porta al­la realizzazione di un pezzo di città che, una volta termi­nato l'evento, sarà difficile da integrare con la città attuale e potrebbe diventare una catte­drale nel deserto». Riveden­do con il Bie la formula orga­nizzativa, «considerando il fatto che la crisi economica ci imporrà di ricalibrare i nostri progetti e terrà lontani molti dei visitatori previsti inizial­mente, si potrebbero garanti­re gli stessi volumi di spazi espositivi sfruttando però i contenitori che già esistono, opportunamente adeguati»: dallo spazio di Rho-Pero al Portello, dall'hangar di viale Sarca, dal velodromo Vigorel­li alla Triennale, dal Castello Sforzesco al Museo della Scienza e della Tecnologia. A questi si aggiungono i mille spazi espositivi del Fuori Salo­ne, «che potrebbero ospitare le mostre dedicate ai sette sot­totemi già individuati, in mo­do da creare una sorta di cir­cuito espositivo diffuso in cit­tà e nel suo hinterland».

Per non dire poi del ruolo centrale che dovrebbe avere, considerato che il tema dell' Expo è 'nutrire il pianeta', il Parco agricolo Sud con le sue 40 cascine. «L'Expo - spiega Paolo Deganello, docente alla facoltà di Sassari - potrebbe diventare occasione per speri­mentare un turismo low cost in queste strutture trasforma­te in agriturismo, destinate soprattutto ai giovani. Diven­terebbe, questa, l'occasione per creare una maggiore con­nessione fra Milano e il mon­do agricolo che la circonda: attuando nuove modalità di produzione, diffondendo esperienze come quella della Cascina Rosa, sull'alimenta­zione a prevenzione delle ma­lattie e così via». A fronte del­la riqualificazione delle casci­ne, nel centro urbano potreb­be esserci un intervento di ri­qualificazione sostenibile e pensata per l'autosufficienza energetica delle migliaia di appartamenti e di terziario sfitti esistenti a Milano.

In sintesi, l’idea è che chi verrà a Milano nei mesi del­l’Expo potrà sperimentare l’ecosostenibilità come modo di vita: dormire in un agrituri­smo, mangiare cibi biologici e biodinamici, muoversi su mezzi pubblici non inquinan­ti, visitare mostre in spazi pubblici già sparsi per la cit­tà, verificare nuove forme di agricoltura, imparare a cuci­nare cibi che prevengono le malattie più gravi. Il tutto, proteggendo due milioni di terreno agricolo, rendendo più vivibile la città e scongiu­rando il rischio di edificare spazi che resterebbero poi senza destinazione, ennesi­ma ferita alla città.

Elisabetta Soglio

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