Dal 01.01.2008 al 31.12.2008
Venerdì 5 ottobre ha inaugurato a Como, presso lo spazio per l’arte contemporanea Borgovico 33, Space after Space, la mostra del giovane artista messicano José Dávila, terzo appuntamento del progetto Direct Architecture. Politics and Space.
La rassegna, a cura di Marco Scotini, comprende quattro mostre personali e si svolge nell’arco di un intero anno: iniziata lo scorso febbraio con l’esposizione dedicata all’artista greca Maria Papadimitriou, è proseguita con Santiago Cirugeda in maggio e si concluderà, dopo l’appuntamento dedicato a Josè Davila, con Vangelis Vlahos in dicembre.
Ognuno di questi quattro artisti, considerati tra i più interessanti sulla scena contemporanea internazionale, è stato invitato a immaginare uno spazio urbano flessibile, collettivo e temporaneo, e a produrre dentro l’ex chiesa seicentesca, attuale e suggestiva sede dell’Associazione Culturale Borgovico 33, un padiglione in scala reale, che sia modello di intervento e di azione urbana.
Riappropriarsi dello spazio della città contemporanea è l’idea su cui si basa il progetto, che prendendo le mosse dalla concentrazione a Como di modelli d’architettura modernista, intende riflettere sulla trasformazione del paradigma urbano e sociale all’interno della città globale.
Autore di scenari architettonici transitori e contingenti, José Dávila interviene sulle facciate e sugli interni degli edifici con interventi site-specific che simulano le strutture preesistenti. Al Camden Arts Center di Londra nel 2001 e nella Casa de America di Madrid nel 2005 si attacca come un parassita alle facciate, attraverso l’uso di ponteggi che coprono i due edifici di reticoli colorati; oppure, a Santiago del Cile nel 2002 e a Praga nel 2005, mima le travi di sostegno degli spazi espositivi ricostruendole con materiali di riciclo.
Come spiega Marco Scotini “La pratica artistica di José Dávila, che va dalla fotografia alla costruzione di modelli architettonici, mette in scena, ogni volta, un duplicato speculare dell’architettura ufficiale, in cui la riproduzione fa la sua comparsa come modello depotenziato, precario, defunzionalizzato ma, allo stesso tempo, come sistema flessibile e aperto. Quello che Dávila predispone è uno spazio della rappresentazione dell’architettura come tale, in cui i suoi interventi cercano di negare le qualità intrinseche degli spazi costruiti e di mettere in discussione i linguaggi che ne definiscono le scale di credibilità: una colonna che non regge, una falsa parete, un ponteggio che non serve, modelli architettonici creati dalle circostanze piuttosto che progettati, sono alcuni elementi ricorrenti all’interno dell’opera dell’artista messicano. Un bancale di laterizi, un blocco di marmo, un reticolo di metallo abbandonato per strada, in Studies for future Buildings (una serie di fotografie realizzate nel 2006) diventano prototipi casuali e imprevisti di edifici modernisti”.
Per Direct Architecture José Dávila interviene su differenti livelli di rappresentazione dello spazio espositivo comasco. A differenza dei progetti di Maria Papadimitriou e di Santiago Cirugeda, che prendevano come riferimento il Novocomum di Terragni o le terrazze condominiali di Como, con Dávila è proprio Borgovico 33 a diventare oggetto della propria ricerca.
Cercando di materializzare lo spazio interno dell’ex chiesa Dávila intende rendere visibile il luogo stesso agli occhi dello spettatore. La grande installazione, un monolite sospeso - realizzato in legno, alluminio e neon - è pensato come una sorta di eco o di doppio scultoreo dell’involucro spaziale dell’associazione culturale. A tre metri dal pavimento una piattaforma che riproduce la pianta di Borgovico 33 si libra nel vuoto della chiesa come una grande tettoia rivestita, al suo interno, da pannelli industriali per controsoffitti.
José Dávila
Space after Space
5 ottobre – 18 novembre 2007
nell’ambito di
DIRECT ARCHITECTURE. Politics and Space
4 mostre a cura di Marco Scotini
Associazione culturale
borgovico33
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