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Edifici per abitazioni Feal
Anno: 1970
Località: Milano, Ripamonti
Indirizzo: via Coari 5
Destinazione d'uso: Edifici residenziali
“Quando costruirò la mia casa, andrò alla periferia e cercherò un prato… Un prato quadrato, cintato da mura sufficientemente alte, con qualche albero non molto grande (…) La mia casa sarà bianca e trasparente: la vita si svolgerà in spazi luminosi (…)”. Sono queste le righe iniziali di presentazione del progetto che Marco Zanuso elabora per la propria casa ideale, pubblicate nel 1942 sul numero 176 di “Domus”. Queste parole potrebbero essere usate per introdurre una realizzazione di vent’anni successiva, che l’architetto costruisce nell’allora periferia milanese.
Negli anni ’60 via Solaroli, oggi via Coari, era un’area in via di urbanizzazione: un grande campo libero e una strada ne definiva il confine verso la città. È qui che Zanuso ottiene l’incarico di progettare due edifici residenziali da realizzarsi con il metodo Feal, già sperimentato pochi anni prima (1960-1963) nelle case di via Laveno. Due blocchi a pianta quadrata, sollevati da terra su una sorta di podio al di sotto del quale trovano spazio cantine e garage, leggermente arretrati dal filo stradale e di poco sfalsati l’uno rispetto all’altro, in un piccolo giardino recintato, definiscono la composizione urbana del progetto. Due edifici a pianta centrale, liberi al proprio contorno così da poter ospitare lungo i quattro fronti le aperture necessarie a costruire, internamente, “spazi luminosi”. Ogni blocco abitativo si compone di cinque piani più un attico. I quattro appartamenti di ogni piano sono caratterizzati da una distribuzione flessibile. La pianta è, dunque, libera, gli unici elementi fissi sono i pilastri verticali e il blocco degli impianti (bagno e cucina); le partizioni interne sono in cartongesso. È il sistema costruttivo, prefabbricato, a rendere possibile questa “libertà”. La casa, infatti, si risolve nella messa a punto dell’ordine puntuale, e modulare, degli elementi di sostegno verticale e di quello dei solai – entrambi in ferro e montati a secco – e in quello dei tamponamenti di facciata che, in funzione della loro posizione, possono essere opachi – in pietra naturale o marmo – o trasparenti in coincidenza con le zone finestrate. Solamente il blocco scale e ascensori, principale sistema di controventamento dell’edificio, utilizza per la realizzazione il calcestruzzo armato. Per usare le parole di Zanuso l’intero processo costruttivo è definito da un’operazione di montaggio in cui “la gru, unica macchina presente, accompagna il lavoro dell’uomo”.
Nel 1971 il progetto ottiene la targa d’argento per “opere di edilizia industrializzata” con questa motivazione: “Riuscito tentativo di operare nel settore dell’edilizia residenziale con procedimenti costruttivi che fino a ora erano appannaggio del settore scolastico, ospedaliero e industriale. L’opera costituisce, quindi, un intervento esemplare e un utile stimolo verso una sempre più attiva ricerca di tecniche produttive atte a fornire soluzioni per il problema della casa. L’elevato livello architettonico dell’insieme, pur essendo realizzato secondo un procedimento basato sull’impiego di componenti edilizi modulari variamente giustapponibili secondo le più svariate soluzioni progettuali, si esplica attraverso una voluta semplicità di forme nelle quali il processo tecnologico, lungi dall’essere rinnegato, viene esaltato in tutte le sue possibilità espressive”.
Roberta Grignolo (a cura di)
Mendrisio Academy Press/Silvana Editoriale, Mendrisio, Cinisello Balsamo, 2013
Antonio Piva, Vittorio Prina (a cura di)
Gangemi, Roma, 2007
Manolo De Giorgi (a cura di)
Skira, Milano, 1999