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Anno: 1935 - 1938
Località: Milano, De Angeli - Monte Rosa
Indirizzo: via Brin 12
Destinazione d'uso: Edifici residenziali
Progettista: Gio Ponti, Antonio Fornaroli, Eugenio Soncini
L’edificio di via Brin rappresenta l’apice delle riflessioni sulla casa svolte per tutto il decennio degli anni Trenta (tanto da essere scelta come progetto di abitazione tipo da presentare alla VI Triennale), ma è anche l’episodio di massima tangenza dell’architettura di Ponti con i principi del razionalismo.
La casa è suddivisa in tre diversi appartamenti, di cui l’ultimo – organizzato su due livelli – è stato per un breve periodo abitazione dell’architetto. Al piano seminterrato sono collocati spazi di servizio come garage, cantine, lavanderia e centrale dell’impianto di riscaldamento comune, mentre il piano terreno ospita l’ingresso decentrato con la scala di distribuzione di tutte le unità e l’accesso al giardino. Ciascun piano ha il proprio sviluppo planimetrico, ma tutti gli alloggi sono articolati intorno a un atrio baricentrico che distribuisce da un lato la zona notte – isolata da un disimpegno servito da armadi a muro, con gli arredi integrati alla struttura della casa – e dall’altro la zona giorno, dove avviene la fusione tra soggiorno e sala da pranzo in un unico, vasto spazio, già anticipato nelle Domus di via De Togni (1931-1936). Nell’attico, questa zona della casa a doppia altezza è in comunicazione diretta con il giardino d’inverno e la terrazza esterna, ispirata alle teorie di Le Corbusier sul tetto-giardino e corredata dalla presenza di una vasca d’acqua, un campo di sabbia e un orto nascosti dietro il prolungarsi delle facciate. Quest’area è comunque percepibile – sul fronte d’ingresso – grazie ad un’ampia apertura rettangolare, che sembra anticipare il tema delle finestre aperte sul cielo sviluppato nella seconda fase della carriera di Ponti (in particolar modo con i progetti per le chiese).
Le facciate esterne si configurano come superfici lisce su cui le aperture, circondate da cornici in pietra artificiale complanari ai muri, si dispongono in maniera quasi accidentale, seguendo la sola logica della distribuzione interna e avvicinandosi al principi razionalisti della facciata e della finestra libere. Così il fronte sul giardino interno si arricchisce di una sequenza di aperture di vario taglio per goderne la vista, mentre la facciata d’ingresso sulla via Brin si chiude in equilibrato dialogo tra il vasto taglio vetrato verticale che illumina le scale, le tre finestre tonde e le pensiline in aggetto che coprono l’ingresso e la porzione centrale della superficie, priva di cornicione. Tutti gli alloggi sono dotati di vetrine e librerie a muro, così come delle finestre vetrine che hanno l’intento di realizzare compiutamente la nuova casa borghese: «non è più questione di tappezzerie o disposizione o disegno di mobili, ma è composizione di spazi, di oggetti negli spazi, di luci e di colori. […] Gli ambienti di questa abitazione si può dire che non sono stati “arredati”, né lo saranno nel senso che ha normalmente questa parola; in essi si è liberamente sistemata la vita degli abitanti secondo comodità e simpatia e umore: e con cose – mobili, libri, riviste, ricordi, qualche oggetto d’arte – che appartengono intimamente, direttamente, alla vita loro» (1937).
G. Ponti
in «Domus», n. 111, marzo 1937
P. Masera
in «Edilizia moderna», n. 11, novembre 1937-marzo 1938
G. Ponti
in «Stile», n. 2, febbraio 1941
F. Irace
Electa, p. 191 Milano 1988
M. G. Daprà Conti, P. Felsino
Celid, pp. 15-18 Torino 1991
G. Arditi, C. Serrato
Il Cardo, pp. 67-74, Venezia 1994
L. Miodini
Electa, Milano 2001
F. Irace
Motta Architettura, pp. 42-45, Milano 2009