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Padiglione per mostre e campo giochi
Anno: 1951
Località: Milano, QT8
Indirizzo: via Pogatschnig 34
Destinazione d'uso: Edifici con funzione espositiva
Progettista: Piero Bottoni
Il piccolo padiglione, costruito nel 1951 in occasione della IX Triennale, è parte integrante del campo giochi studiato da Bottoni nel 1948. Il padiglioncino doveva servire «a due distinte funzioni: 1) mostra permanente dei progetti, plastici, dati tecnici ecc. relativi allo sviluppo del Quartiere Triennale; 2) luogo di eventuale e temporanea riunione dei bambini ospiti del campo di gioco, durante la pioggia».
L’edificio, a pianta circolare, «consta essenzialmente di un grande salone fasciato da un corpo a mezzo anello, contenente scala e servizi. Un locale di uguali dimensioni si trova nel seminterrato con accesso diretto dal campo di gioco. Contiene nella cattiva stagione gli attrezzi e i giochi dei ragazzi. Vi sono inoltre due piccoli locali, per il sorvegliante di turno e per una bibliotechina».
Il locale per mostre è illuminato dall’alto. A renderlo possibile è l’invenzione di una geniale soletta circolare di copertura a sbalzo. Al centro della soletta, «a sezione leggermente tronco conica, […] rinforzata da una raggera di travi», si apre, delimitato dall’anello in cemento armato in cui si incastrano le travi, un grande occhio. In tal modo un «lucernario, montato su carrello mobile, consente di lasciare a cielo aperto il salone mostre. La graduazione della luce indiretta, nel salone, è ottenuta sollevando o abbassando con un arganello uno schermo a forma di cono circolare: questo, aprendo o chiudendo il vano del lucernario, distribuisce luce naturale indiretta sulle pareti del salone», dove all’epoca erano esposti i progetti del QT8.
Tesserine di ceramica di colore crema e grigio, oggi rimosse da un recupero maldestro, rivestivano la superficie del volume e davano vita, a rimarcare la sua funzione di fondale per il campo giochi, a una serie di composizioni astratte: «grafici lineari – […] destinati alle esercitazioni di disegno dei bambini con gessi colorati», da farsi sulla «tavola nera (lavagna)», collocata «sul muro esterno del padiglione, verso il campo dei giochi». Bottoni ha sostenuto che «Gli elementi funzionali, riparo dei bambini del campo di giuoco, mascheratura dei servizi (gabinetti e scala), sistema di illuminazione dall’alto della sala di esposizione, sono i determinanti della particolare forma plastica e decorativa di questo piccolo padiglione». L’accento esclusivo posto sugli elementi funzionali da parte di un maestro che ha sempre polemizzato con il funzionalismo meccanicistico, trova la sua giustificazione dalla necessità di affermare che l’architettura “razionale” era in grado, quanto l’architettura “organica”, di produrre una bellezza lontana dal “rettangolarismo” di maniera, all’epoca sotto accusa. In realtà, come altre opere e la stessa formazione storica di Bottoni avallano, è possibile ravvisare anche altre due matrici: la lezione del passato e l’ascolto del contesto.
Il foro zenitale progettato per l’illuminazione del salone, tra le tante possibili suggestioni, non esclude il riferimento all’oculo del Pantheon. La scelta di un volume basso a pianta centrale rinvia invece al luogo: in particolare, al dialogo, in forma di contrappunto, con l’edificio alto di Lingeri e, in generale, al rapporto con il quartiere: per rendere il padiglioncino facilmente riconoscibile come nella tradizione urbana i fulcri della vita collettiva, Bottoni ne differenzia nettamente l’architettura dal tessuto delle case, al pari degli altri edifici pubblici previsti al QT8.