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Edificio polifunzionale
Anno: 1947 - 1951
Località: Milano, Buenos Aires - Venezia
Indirizzo: Corso Buenos Aires 36
Destinazione d'uso: Edifici per residenze ed uffici
Progettista: P. Bottoni, G. Ulrich
Corso Buenos Aires a Milano è un riferimento cardinale nella traiettoria culturale e professionale di Bottoni. Dall’osservazione di questa grande arteria commerciale egli perviene, a metà degli anni Cinquanta, all’idea della «strada vitale» che segna la sua uscita dai canoni del disegno urbano razionalista impostato sulla lottizzazione razionale.
L’edificio, denominato Palazzo Argentina, che egli realizza al numero 36 del corso, è parte integrante di questo scavo. Qui ha modo di affinare una soluzione per l’architettura della strada delineata nel progetto per via Roma a Bologna del 1936-1937, dove la sfida era dimostrare la compatibilità della strada-corridoio (data per morta da Le Corbusier) con l’edilizia aperta. A Bologna un lungo corpo di due piani porticato avrebbe dovuto costeggiare la strada, facendo allo stesso tempo da raccordo a case-torri arretrate dal filo stradale e disposte ritmicamente. Per corso Buenos Aires, il progetto iniziale firmato con Pucci ha tutto il carattere di un’opera dimostrativa, in opposizione a quanto previsto dal regolamento edilizio: una prova di come sarebbe potuto diventare l’intero fronte orientale del corso. Il basamento a negozi e uffici, in quella prima versione, era attraversato da una galleria a crociera, con il braccio parallelo al corso pensato in continuità con un’infilata di gallerie costeggiante la grande arteria in tutta la sua lunghezza. Diversamente dalla soluzione bolognese, il corpo alto veniva disposto in modo da presentare sul corso il fronte minore. Ciò accresceva le tensioni dinamiche in orizzontale e in verticale, legando il corpo alto, destinato a residenza, con il corpo basso commerciale in un combattuto equilibrio (ben messo in evidenza dalle prospettive di studio di Bottoni).
Il percorso del progetto è irto di ostacoli, soprattutto per le pretese della proprietà (la Lombarda Finanziaria Edilizia) che osteggia l’idea della galleria e insiste per ottenere un piano in più (oltre le volumetrie consentite). Alla fine Bottoni, con Pucci assai poco presente, deve vedersela con Guglielmo Ulrich, imposto dalla proprietà come progettista di fiducia. Sul lato nord viene inserito un cinema: un innesto ben risolto, anche se il prezzo è l’abbandono della galleria parallela al corso. Ma il peggioramento più rilevante riguarda la torre, con l’aggiunta di un 14° piano arretrato e soprattutto con l’adozione di una copertura a falde. Una sconfitta per Bottoni che, invano, con soluzioni alternative, aveva cercato di preservare la straordinaria forza prospettica dell’impostazione originaria. A questo si aggiungono gli insulti portati negli ultimi tempi; per limitarci ai più vistosi: l’apposizione di grandi pannelli pubblicitari sulle pareti cieche del cinema (ormai chiuso) e la trasformazione in terrazzo praticabile del tetto dell’avancorpo basso prospettante il corso.