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Case Ina-casa al quartiere Harar-Dessié

Anno:  1951 - 1953

Località: Milano, S.Siro

Indirizzo: via San Giusto 37, via Novara 92

Destinazione d'uso: Edifici residenziali

Progettista: Bottoni, Morini, Villa

I progettisti del quartiere Harar – Luigi Figini, Gino Pollini e Giò Ponti – rifiutano l’impostazione del quartiere satellite, in auge prima e dopo la guerra, per puntare sulla costruzione di una parte di città capace di integrarsi con il tessuto urbano compatto. Affidano la strutturazione dell’intero comparto a case in linea di 5 piani oltre al piano terreno e di lunghezza notevole (100-140 metri), disposti parallelamente alle vie Harar e Dessiè e a 45 gradi rispetto alla via Novara, la direttrice che porta verso il centro urbano. Questi «grattacieli orizzontali»  definiscono un ampio spazio protetto destinato a verde con servizi. La parte residenziale del quartiere (4.800 vani in tutto) è completata da un tessuto di case unifamiliari («insulae») variamente combinate. Il risultato è una giustapposizione irrisolta.

 

I due grandi complessi in linea progettati da Bottoni, Morini e Villa, per quanto riguarda dimensioni e giacitura, sono il frutto di un confronto fra Ponti e Bottoni. Lungo la via S. Giusto (e perpendicolarmente a via Novara) i progettisti del quartiere avevano previsto un unico grande edificio di circa 200 metri di lunghezza. Bottoni propone di orientarlo secondo l’asse eliotermico; Ponti gli risponde facendo rilevare l’incongruenza con i tracciati stradali. Il risultato è quello più appropriato: la grande lama viene spezzata in due corpi di fabbrica paralleli, sfalsati e distanziati di 33 metri, ma disposti secondo l’orientamento iniziale. I due organismi differiscono per dimensioni  e soprattutto per concezione. L’edificio H è un assemblaggio di due corpi (l’uno di m. 36,90 e l’altro di m. 64,26), ciascuno costituito da alloggi di uguale dimensione (rispettivamente di 3,5 e di 5 vani). L’edificio I presenta invece una differenziazione in altezza: fra un primo piano, costituito da alloggi distribuiti su un unico piano  e i piani superiori composti da alloggi duplex. L’esito architettonico è assai diverso: la differenziazione operata nell’edificio H non è risolta in equilibrio, mentre l’edificio I si fa apprezzare per la sapienza compositiva. Resta solo un rimpianto: l’Ina-casa non accolse la soluzione proposta dai progettisti che prevedeva per entrambi gli edifici una copertura piana a terrazzo praticabile, dove, disimpegnati da una lunga e articolata pensilina, avrebbero trovato posto un solario e altri spazi ricreativi e di servizio.

 

Giancarlo Consonni