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Anno: 1988 - 1998
Località: Novate Milanese, Sud
Indirizzo: via IV Novembre
Destinazione d'uso: Monumenti commemorativi
Progettista: Adalberto Del Bo
Passeggiando per il nuovo cimitero parco di Novate Milanese, nella periferia nord-ovest di Milano, progettato da Adalberto Del Bo ed Elisabetta Cozzi, si intuisce immediatamente come il riferimento ai cimiteri nordici di cultura anglosassone, ed in particolare a quello realizzato a Stoccolma da Gunnar Asplund, sia evidente ed esplicito; la volontà di costruire la “città dei morti” come una parte di città, un rapporto diretto con la natura e il paesaggio in cui l’architettura ha il compito di ordinare e regolare lo spazio per conferire al luogo quel carattere e quella riconoscibilità necessari ai luoghi pubblici urbani.
In questo caso l’architettura è quella dei setti murari in mattoni faccia a vista, nel rispetto della tradizione lombarda, disposti parallelamente alla strada principale di accesso al cimitero, distanziati di quella misura necessaria ad individuare e raccontare la successione dei singoli campi di inumazione. Ciascun campo si compone di due muri perimetrali più alti adibiti ad ossari e due muri centrali più bassi, che hanno il compito di costruire il luogo della sepoltura a terra. Questi ultimi sono costruiti come una successione di nicchie in mattoni, tutte della stessa misura ed hanno il ruolo primario di testimoniare, senza distinzioni, la presenza delle tombe, come nella definizione di tumulo di Adolf Loos; al contempo garantiscono la necessaria libertà di ornamento di ogni singola tomba.
Due percorsi perpendicolari ai setti murari definiscono i lati corti del perimetro di ciascun campo e contemporaneamente sono gli assi principali dell’intera composizione planimetrica. Il primo, gerarchicamente più importante, è individuato dal viale alberato che con il suo percorso collega l’ingresso pedonale posto a nord, caratterizzato da due edifici gemelli interamente costruiti in ceppo lombardo e adibiti a camera mortuaria l’uno e a locali di guardiania l’altro, con l’edificio della commemorazione, anch’esso costruito in ceppo lombardo, posto a sud e immerso nel verde. Lo stesso viale, ha poi il compito di separare la parte a est, destinata a parco urbano, da quella a ovest adibita a luogo della sepoltura. Il secondo percorso, a ovest del viale alberato, attraversa perpendicolarmente tutti i campi di sepoltura, separandoli in settori regolari e conferendo agli stessi la giusta misura. Un terzo percorso, perpendicolare ai precedenti, e parallelo alla strada di accesso, collega l’ingresso carrabile, in corrispondenza del terzo edificio di progetto, adibito ad obitorio, ai due caselli dell’ingresso principale. Si viene a costruire così un atrio freddo affacciato a nord sulla strada principale e sul paesaggio, separato dai campi di inumazione da setti murari con panche di pietra in nicchia, coperte da una pensilina, affacciate su piccole corti verdi collegate tra loro da un pergolato fiorito. Così come accade per la “città dei vivi” anche per la “città dei morti” è attraverso il rapporto tra le singole parti della composizione che si costruisce la generalità del tema nella particolarità del luogo.