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Chiesa di Sant'Ildefonso

Anno:  1954 - 1956

Località: Milano, Portello

Indirizzo: piazzale Damiano Chiesa

Destinazione d'uso: Edifici per il culto

Progettista: Carlo De Carli

La chiesa, inaugurata nel 1956, è dedicata dall’arcivescovo Giovanni Battista Montini alla memoria del cardinale Ildefonso Schuster, suo predecessore e da lui presentata con queste parole (1956): “Questo monumento di preghiera è una espressione nuova dell’arte, rivolto a cercare un mondo a noi così difficile da raggiungere e da esprimere: quello dello spirito”. E’ inserita fra due vie delle sei che convergono nella grande piazza circolare Damiano Chiesa, da cui deriva la giacitura dei due piccoli fabbricati laterali delle opere parrocchiali e delle facciate piene ad esse rivolte. I due elementi qualificanti dell’edificio sono la pianta poligonale, che è una variazione dello schema centrale – generata da un esagono il cui baricentro coincide con l’altare maggiore e i cui raggi e apotemi determinano un perimetro stellare con una deformazione concava verso la piazza – e il “ciborio”, castello di pilastri circolari e travi che si innalza fin sopra la copertura a falde variamente piegate, a reggere una lanterna vitrea che consente l’illuminazione dall’alto dell’altare. Questa struttura, che sostiene le travi a vista della copertura (il cui disegno è replicato nel pavimento) e il tiburio, è organizzata in cinque livelli di passerelle, di cui tre praticabili. Due di esse sono collegate ad altrettanti ordini di balconate che corrono lungo il perimetro dell’edificio. Sono spazi e percorsi originariamente destinati alle operazioni di manutenzione delle vetrate e al posizionamento di opere d’arte e paramenti liturgici; fa eccezione il primo ordine di balconate sovrastante l’altare, destinato al coro. A questi luoghi De Carli attribuisce un valore funzionale ma soprattutto simbolico, come lui stesso spiega nella relazione di progetto: “la possibilità di accedere verticalmente ad ogni quota della chiesa non solo risponde ad una necessità di manutenzione e a una possibilità di decorazione ma porta il senso di un contatto possibile e compiuto con ogni parte della chiesa; il senso di una via che può essere percorsa verso quell’unità che già attraverso l’esagono ha determinato i motivi compositivi”.   

 

La griglia strutturale, associata al tamponamento in mattoni a vista che caratterizza esternamente (ma in questo caso anche internamente) l’edificio, è tratto peculiare dell’architettura popolare dell’epoca e di altre architetture di De Carli. Essa scandisce l’edificio in altezza coi due ordini di balconate perimetrali interne ed esternamente con le fasce in calcestruzzo corrispondenti alle loro solette. Si determinano così tre livelli orizzontali cui corrispondono differenti gradi di illuminazione: il livello inferiore, cieco e illuminato solo dalle vetrate intensamente colorate poste nei sopraluce delle porte d’accesso; quello intermedio, bucato da una sequenza di piccoli punti luminosi in vetro di colori pastello disposti al centro di ciascuna campitura; quello superiore percorso da un nastro di serramenti con vetri di colore giallo oro. A queste fonti colorate di luce naturale si aggiunge la luce naturale che scende dalla lanterna in sommità e la poligonale delle sottili lampade tubolari al neon integrata alle solette di tutte le balconate aeree della chiesa, che sorprendentemente ricompongono l’unità dell’edificio, sottolineando graficamente il ciborio e la pianta poligonale della chiesa.   

 

L’edificio è oggi gravemente alterato nel suo fronte per l’aggiunta di un atrio coperto e di due rampe d’accesso, che hanno eliminato la scalinata e l’ampio sagrato rialzato e scoperto che era raccolto fra le due ali degli accessi laterali.

 

Elena Demartini