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Anno: 1939 - 1970
Indirizzo: Via Festa del Perdono 7, Milano
Destinazione d'uso: Edifici per l'istruzione
Progettista: A. Annoni, L. Grassi, P. Portaluppi e altri
La costruzione dell’Ospedale Maggiore, spinta dalla necessità di dare una risposta alle continue epidemie di peste, viene avviata nel 1456 nell’ambito di un programma di riforme urbanistiche volute da Francesco Sforza. Il progetto del fiorentino Antonio Averulino, detto il Filerete, si basa su una struttura fortemente innovativa, composta da due corpi, suddivisi in quattro corti quadrate, uniti tra di loro da un grande cortile centrale. La Ca’ Granda entra in funzione nel 1472, benché incompleta: solo nel XVII secolo, grazie alla donazione di Pietro Carcano, si realizza il cortile centrale, secondo un disegno di Francesco Maria Richini. L’ala sinistra viene completata nel 1805 a seguito del lascito del notaio Giuseppe Macchio.
Con l’istituzione dell’Università degli Studi, nel 1923, si individua nell’antico ospedale una possibile sede per il Rettorato e le facoltà di Lettere, Filosofi a e Giurisprudenza. Il primo studio di fattibilità del 1933, a cui seguono diverse integrazioni e varianti, porta la firma di Pier Giulio Magistretti. I lavori di adeguamento della parte centrale iniziano nel 1940, ma già nel 1943 i bombardamenti alleati causano la distruzione di buona parte del complesso. Finalmente nel dicembre 1949 un comitato composto da Ambrogio Annoni, Amerigo Belloni, Adalberto Borromeo, Liliana Grassi, Pier Giulio Magistretti e Piero Portaluppi presenta il progetto di ricostruzione, che, in linea di massima, rispetta lo schema del Filarete. Anche questo progetto viene modificato, su richiesta della Soprintendenza, fino ad arrivare alla soluzione definitiva del 1958. La lunga facciata su via Festa del Perdono, il cortile centrale e tutta la parte destra sono restaurati e, per quanto possibile, ricostruiti con il materiale originale. La crociera destra è adibita a biblioteca; nella crociera di sinistra, invece, si inseriscono, al posto di tre bracci, altrettante aule ad anfiteatro. Una delle corti viene scarificata per ospitare l’aula magna, mentre il braccio verso il cortile centrale è svuotato e trasformato in atrio.
Le nuove costruzioni seguono un’impostazione razionalista che non indulge in ammiccamenti storicisti con il monumento di cui sono il completamento, ma al contrario ne riconoscono il valore di architettura “di servizio”. Sulle facciate si aprono serie di finestre diverse, a filo o sporgenti, a nastro o a tutta altezza, a seconda delle funzioni ospitate. All’interno è apprezzabile l’attenzione con cui sono disegnate le scale, ed in particolare la soluzione costruttiva di quelle centrali, sospese con tiranti d’acciaio alla copertura. La ricercatezza di alcuni dettagli degli interni, come l’accostamento di marmi di colori diversi, è da attribuire alla mano di Portaluppi.