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Anno: 1955 - 1957
Località: Milano, Duomo
Indirizzo: Corso Europa 22
Destinazione d'uso: Edifici per uffici
Progettista: Ludovico Magistretti
In occasione della ricostruzione seguita al secondo conflitto mondiale, molti interventi per la riconfigurazione del centro storico di Milano, come il nodo viabilistico e dal forte carattere rappresentativo di piazza san Babila, previsti e solo parzialmente impostati negli anni trenta, giungono a compimento. Ne è un esempio corso Europa, assieme a via Larga e via Albricci unico tronco realizzato della prevista «racchetta», uno sventramento del cuore della città che costituiva l’asse portante del piano Albertini del 1934.
Su questa importante arteria, caratterizzata dalla quasi esclusiva presenza di palazzi per uffici, Vico Magistretti è chiamato ad edificare uno dei pochi e ristretti lotti rimasti disponibili. L’interesse dell’intervento sta proprio nell’abilità con cui il progetto ha saputo sfruttare al meglio la ridotta superficie utile, configurando un corpo doppio di quattordici metri di profondità con un unico vano scala sul quale si aprono tutti gli ingressi. La forma irregolare dell’atrio consente di sottolineare la plasticità della scala in calcestruzzo armato, la cui alzata e pedata lasciata in vista nell’intradosso ne esaltano l’espressività, accentuata dalla visione in controluce resa possibile dalle finestre che si aprono sul fronte interno. Dal piano terra si raggiungono inoltre, attraverso un percorso di servizio aperto anche sul cortile retrostante, i retri dei cinque negozi il cui accesso per il pubblico è situato in facciata. I vani interni presentano un ingegnoso sistema per sfruttare al meglio la poca superficie calpestabile attraverso un soppalco in legno, la cui flessibilità d’uso è consentita da un sistema di guide laterali a scorrimento.
Il fronte principale cosituisce un’interessante declinazione del curtain wall così diffuso negli anni cinquanta, in particolar modo negli edifici a destinazioni terziaria. Vista la scarsità di pareti interne sfruttabili, si è rinunciato alla vetrata continua su tutto l’interpiano, optando per un sistema di aperture che con l’alternanza di pieni e vuoti consentisse di dare ritmo a un prospetto dall’esiguo sviluppo. La facciata si imposta su una fascia basamentale corrispondente ai negozi a doppia altezza, in cui i «pieni» corrispondono ai soli pilastri strutturali, il cui passo racchiude il cristallo di tamponamento completamente trasparente. Al di sopra di essa i sei piani tipo sono caratterizzati da un sistema che alterna per ogni campata, sempre riconoscibile dai pilastri lasciati a vista, tre tipi di tamponamento: una finestratura continua fissa e leggermente disassata che solca l’edificio per tutta la sua altezza, ai lati della quale si aprono due serramenti di differenti dimensioni, uno a ghigliottina e l’altro ad anta a ventola. In un prospetto altrimenti simmetrico dove la maglia strutturale in cemento dialoga con l’orditura secondaria del complanare telaio in ferro del tamponamento, l’ultimo piano introduce un elemento di irregolarità: i pilastri in calcestruzzo sono lasciati liberi nelle due campate di destra, dove un basso parapetto fa intuire il terrazzo retrostante.