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Anno: 1967 - 1973
Località: Milano, Quarto Cagnino
Indirizzo: vie Marx e Constant
Destinazione d'uso: Quartiere residenziale
Progettista: V. Montaldo (coordinatore)
Il quartiere Quarto Cagnino è una delle più interessanti sperimentazioni, nell’edilizia residenziale pubblica milanese, di un modello insediativo alternativo a quello del “quartiere autosufficiente”. L’orientamento progettuale di fondo tende a ripensare le relazioni tra casa e città attraverso la “grande dimensione”. Quest’ultima si configura come una strategia, presente in tutta Italia a cavallo degli anni Settanta del Novecento, che cerca nell’architettura una risposta all’inedito ordine di grandezza con cui si manifestano i problemi connessi alla crescita della città. Le relazioni tra il progetto alla scala insediativa e il luogo si risolvono nei valori figurativi e nella forma del manufatto architettonico, che diviene un fatto urbano primario in grado di dialogare con gli elementi emergenti della città. La casa in questo modo sembra poter essere depositaria dei caratteri di permanenza propri, secondo alcuni, dei monumenti riscattando così il disordine delle periferie. Il Quarto Cagnino, finanziato con fondi Gescal, è realizzato in un’area molto periferica ex L. 167, appena a sud di via Novara, resa marginale non tanto dalla distanza dai luoghi di centralità, nel tempo riassorbita, ma dall’estrema disomogeneità del tessuto insediativo.
Le dimensioni dell’intervento (1100 alloggi per circa 5000 residenti) fanno pensare ad una volontà dei progettisti di configurare un metaforico argine alle crescita senza regole del tessuto urbano non dissimile, nelle intenzioni, dalla “diga” di Mario Fiorentino realizzata con il Corviale. D’altronde il mondo dei riferimenti culturali e ideologici non è molto diverso e spazia dal controllo dell’abitare tramite la tecnica, agli “edifici magnifici e mobili” di Le Corbusier. Più che un quartiere Quarto Cagnino ha quindi un carattere analogo a quello di una megastruttura di cui ricorrono almeno due caratteristiche: una struttura di ordine maggiore in cui se ne inserisce un’altra di ordine minore e la modularità. La prima caratteristica si riscontra nel corpo di fabbrica principale lungo 360 metri; ai lati di questo manufatto si agganciano, tramite un ponte, edifici più piccoli disposti ortogonalmente ad esso; il secondo carattere è più riconoscibile nei prospetti dove è facile individuare i moduli distributivi costituiti da un corpo scala che serve due alloggi.
Oggi il quartiere, appare come un segno di grande scala in grado di confrontarsi efficacemente con altri elementi emergenti fra cui il vicino ospedale S. Carlo, il Trotter e il Parco delle Cave.Come altri modelli insediativi di questo tipo uno dei suoi maggiori pregi è la chiarezza della figura e la grande “pulizia” del disegno dello spazio aperto caratterizzato da una vegetazione abbastanza ricca. Purtroppo in tempi recenti si è registrato un intervento di manutenzione straordinaria che ha intaccato l’originaria unitarietà della composizione delle facciate: l’intonaco di cemento a grana grossa rigato è stato sostituito da un isolamento a cappotto liscio che oltre ad inserire delle bande colorate verticali incoerenti con l’impaginato di facciata presenta “scossaline metalliche, orizzontali e verticali” che affievoliscono il senso della materia e danno un senso di incertezza nel rivestimento.