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Quartiere Ifacp G. D’Annunzio, ora S. Siro
Anno: 1938 - 1941
Località: Milano, Selinunte
Indirizzo: vie Tracia, Preneste, Micene, Paravia, Zamagna
Destinazione d'uso: Quartiere residenziale
Progettista: Albini, Camus, Palanti
L’intervento di Albini, Renato Camus e Giancarlo Palanti è frutto, a sei anni di distanza, della partecipazione al concorso indetto dall’Istituto Fascista Case Popolari (Ifacp) per il futuro quartiere “Francesco Baracca” e sorge in un’area adiacente. Secondi classificati ex aequo con altri progettisti senza che sia proclamato un vincitore, ai tre architetti è infatti affidata la realizzazione di un lotto del quartiere San Siro, imponente area di 240.000 mq in un territorio di frangia della zona ovest di Milano. Il Quartiere “Gabriele D’Annunzio” è quindi un’ulteriore occasione, assieme all’altro quartiere Ifacp ”Ettore Ponti” realizzato negli stessi anni, per riproporre con forza, attraverso l’edilizia popolare milanese, la regola di un ordine geometrico e ortogonale, in aperta critica alla città disegnata attraverso tracciati stradali diagonali e lotti irregolari.
Le schiere di fabbricati seguono l’ordine solare in nome di un criterio igienico e di efficienza termica: i loro prospetti rifiutano il principio compositivo della simmetria per assecondare le necessità distributive e igieniche dettate dalle planimetrie degli alloggi, rivolgendo alla città un aspetto severo, veicolato dalla durezza dei volumi nettamente ritagliati contro il panorama, dai tetti piani e dall’uniformità delle facciate, in cui le finestre e le logge sono concepite come sottrazione di materia da volumi puri. Sui prospetti la presenza di fasce marcapiano e l’arretramento della muratura sotto i davanzali delle finestre distinguono il quartiere dal modello del precedente “Fabio Filzi”. La scarsità di risorse investite dall’Ifacp impedisce tuttavia il raggiungimento degli stessi standard: l’aumento della densità a scapito degli spazi aperti e della qualità degli spazi di pertinenza, le opere in economia, la struttura portante realizzata in muratura di mattoni pieni e la scarsità di servizi comuni conferiranno al “D’Annunzio” un “aria di burocratica povertà” (G. Pagano, 1942).
Negli alloggi Albini riprende vari elementi già sperimentati per l’Istituto: pur con l’aumento delle unità di ogni piano, che passano da 3 a 4 con l’aggiunta di una da 33 mq a quelle di 25, 44 e 55, le scelte progettuali rimangono molto simili a quelle del “Filzi” e si basano sul blocco funzionale bagno-cucinotto, che consente l’accorpamento degli scarichi con una sensibile riduzione dei costi. Il cucinotto è aperto sul soggiorno che, rischiarato dalla loggia, inscindibile complemento del dispositivo domestico, disimpegna direttamente le camere. Elementi apribili nei sovraporta dell’ingresso, affacciato sul vano scala, ovviano parzialmente alla perdita del riscontro d’aria degli appartamenti, mentre rispetto al “Filzi” è da notare la maggiore articolazione del blocco bagno, predisposto ad accogliere un vano lavanderia di dimensioni minime.
G. Pagano
in «Costruzioni Casabella», n. 178, pp. 2-14, ottobre 1942
in «Il Vetro», n. 3-4, pp. 46-45, marzo-aprile 1943
F. Tartaglia
in «Casabella», n. 358, pp. 30-35, 1971
Rizzoli, p. 61, Milano 1984
I. Diotallevi, F. Marescotti; M. Casciato (a cura di)
Officina, Roma 1984
V. Prina (a cura di)
in «Edilizia Popolare», n. 237, pp. 34-35, numero monografico dedicato a Franco Albini, gennaio febbraio 1995
L. Spinelli (a cura di)
Electa, pp. 14-15, Milano 2006