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Anno: 1985 - 1991
Località: Milano, Quarto Oggiaro
Indirizzo: via Adele Zoagli 1, via Pier Francesco Cittadini 2
Destinazione d'uso: Edifici residenziali
“Come in molti altri progetti una grande colonna segna l’angolo dell’edificio costituendo al tempo stesso un elemento di riconoscibilità urbana che ha numerosi riscontri nell’edilizia milanese”.
[Aldo Rossi, Edificio residenziale in zona Vialba, 1985 in: Alberto Ferlenga (a cura di), Aldo Rossi. Architetture. Opera completa 1959-1987, Electa, Milano 1988].
Il complesso residenziale posto a definire la cortina edilizia di via Zoagli, nel quartiere Vialba o Villa Alba – villaggio bianco – nella periferia nord di Milano, rappresenta per l’architetto milanese la precisa scelta urbana di ridisegno dell’isolato come concreta possibilità di valorizzazione del rapporto tra la città e la casa. L’intero quartiere, dal 1869 appartenente al comune di Musocco, uno dei quarantatré piccoli comuni che circondavano Milano e annesso alla città lombarda solo nel 1923, è stato interessato nel corso del Novecento da diversi interventi di sviluppo urbanistico che lo hanno trasformato naturalmente in un laboratorio sperimentale di architettura a partire dalle Case minime per gli sfrattati realizzate nel 1937, alla casa INCIS progettata da Franco Albini tra il 1950 e il 1953 in via Orsini o ancora al progetto INA casa Vialba I coordinato dall’architetto Pietro Lingeri tra il 1957 e il 1964. In questo senso l’edificio rossiano, progettato a metà degli anni Ottanta, segue la vocazione sperimentale del quartiere immaginando la riproposizione dell’isolato, la regola urbana propria della città ottocentesca, nel recupero dell’identità della strada come luogo privilegiato della città pubblica e luogo di affaccio della residenza; non un isolato compatto, una corte chiusa, ma una sorta di quinta teatrale, una scena che affaccia alla strada raccogliendo la vita più intima, domestica, di tutti.
Nessuna contrapposizione o gerarchia è ricercata tra la facciata posta su via Zoagli e quella appartenente ad un giardino costruito dal ripiegarsi dello stesso edificio residenziale, non un fronte principale e uno retrostante ma al contrario, come in altri progetti di Rossi, i due fronti assecondano ognuno con la propria coerenza la natura dell’affaccio, più urbano verso la città, e più popolare, con lunghi ballatoi all’interno. I primi disegni di progetto, più chiari ed espressivi nella composizione tipologica dell’edificio, alternano blocchi di mattoni bucati da misurate finestre quadrate a verande in ferro e vetro, contrapponendo internamente appartamenti di 80 mq a coppie di appartamenti di 60 mq circa. La costruzione vera e propria, a distanza di qualche anno, rinuncia in parte a questa chiarezza tipologica, mantenendo l’angolo monumentale e i soli setti in mattoni faccia a vista e alternando blocchi di appartamenti di intonaco giallo a sistemi di risalita in ferro e vetro. L’unità della strada e la chiarezza narrativa, quasi didascalica, tra interno ed esterno governano tutte le soluzioni di progetto fino alla realtà costruita rifiutando qualsiasi elemento decorativo. Unica eccezione è data dall’angolo, segno dell’incrocio fra le strade, che accoglie l’accesso al giardino interno e ai percorsi di distribuzione alle abitazioni; la sproporzionata colonna bianca, memoria di una mattina lungo il Canal Grande a Venezia dove Rossi riscopre la colonna del Filarete e l’implicita idea di frammento, si mostra come unico riferimento monumentale dell’intera composizione che, pur nella sua muta decorazione, diviene centro compositivo dell’intera costruzione planimetrica.