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Anno: 1956 - 1958
Località: Baranzate, Ovest
Indirizzo: via della Conciliazione, 22/24
Destinazione d'uso: Edifici per il culto
Progettista: Angelo Mangiarotti, Bruno Morassutti, Aldo Favini
«La cella, posata sul basamento, si presenta come un solido di 28 per 14 metri alto 10, interamente rivestito in pannelli di vetro resi traslucidi dall’inserimento di fogli di polistirolo (…) all’interno, il tetto è sorretto da quattro colonne rastremate, alte otto metri, che portano trasversalmente le due travi principali e le sei secondarie, rivolte verso l’ingresso. L’ossatura di ciascuna trave è formata da trenta conci di calcestruzzo a forma di X reversibile, uniti e precompressi in opera».
Un linguaggio essenziale che riporta l’architettura alle sue origini: un basamento, delle colonne ed una copertura. Nelle foto di cantiere, quando ancora il corpo vetrato dell’aula assembleare, diafano e traslucido, non è stato realizzato, la chiesa di Nostra Signora della Misericordia sembra un tempio classico dove al frontone si è sostituita una sequenza di croci in cemento che rivelano un raffinato studio delle strutture dell’edificio. Le pareti di vetro perimetrali e non portanti, rendono l’edificio quasi astratto nel suo rigore geometrico essenziale, mentre la luce, vero “materiale da costruzione” del progetto, lo fa vibrare, di giorno in un candore diffuso e di notte in una luminescenza irregolare e quasi irreale. Il basamento che s’innalza all’interno di un recinto murario in calcestruzzo e ciottoli dove è posta la Via Crucis realizzata da Gino Cosentino e che ospita una cripta accessibile direttamente dall’esterno, isola questa scatola cangiante preannunciata da una semplice croce. All’interno tutto è riportato ad un’essenzialità che dialoga con i riflessi delle pareti perimetrali: il fonte battesimale, la doppia sequenza di panche parallele e l’altare. Tutto è lineare, quasi senza gravità, mentre ogni accenno di ornamento risulta assente, per lasciare spazio alla rilevanza estetizzante delle trame strutturali .«Un edificio in cui la trasfigurazione inattesa dello spazio è concessa dal rigore assoluto della struttura. Una architettura in cui la tecnica della costruzione viene assunta come fondamento…»
Una chiesa unica e radicale, il cui restauro, ormai necessario, ha recentemente aperto un lungo dibattito circa gli strumenti più opportuni per conciliare l’adeguamento della sua funzionalità alla logica di una corretta e doverosa conservazione ed il cui valore assoluto nel panorama dell’architettura moderna italiana ha indotto la Soprintendenza di Milano e la DARC a porla sotto tutela di vincolo architettonico.