Dal 03.06.2009 al 03.06.2010
Il recente libro su Annibale Fiocchi, a cura di Luca Gibello e Paolo Mauro Sudano, ha creato l’occasione per un’interessante serata dedicata all’architettura moderna
La pubblicazione del libro sull’architettura di Annibale Fiocchi, edito da Aion Edizioni a cura di Luca Gibello e Paolo Mauro Sudano, ha creato l’occasione per un’interessante serata dedicata all’architettura moderna presso la sede delll’Ordine degli Architetti. Come spiega Daniela Volpi introducendo la serata, si tratta di una pausa di riflessione, in un periodo di grandi trasformazioni come quello che stiamo attraversando, dedicata ad un’architettura che occupa notevole spazio nella nostra memoria e consiste in una buona parte della nostra formazione. L’architettura moderna di Fiocchi è di qualità, dinamica, si narra e, soprattutto, dialoga con il suo contenuto. Ringraziando Annibale Fiocchi per la sua presenza in sala, Daniela Volpi passa la parola ad Emanuele Piccardo, curatore della rivista digitale Archphoto.
Il libro completa una serie di pubblicazioni sull’architettura olivettiana iniziata sette anni fa da parte della Aion Edizioni e vuole essere una ricognizione sulla figura professionale di Annibale Fiocchi, capo dell’ufficio tecnico Olivetti dal 1947 al 1954, che impariamo a conoscere subito attraverso un’intervista che viene proiettata in sala: nella stessa Fiocchi ha parole di elogio per Adriano Olivetti, per il quale ogni esigenza del personale che lavorava per lui veniva tenuta nella massima considerazione, pensando, ad esempio, a far realizzare le colonie marine per i figli dei dipendenti.
Altro elemento che Fiocchi intende sottolineare nell’intervista, a proposito della sua architettura, è l’altissimo valore che attribuiva al sole, sia nella sua attività di coordinatore degli architetti che come progettista in prima persona tanto che all’interno della commissione Gtcuc per la valutazione dei progetti, veniva chiamato “quello del sole”!
Luca Gibello, con lo stesso entusiasmo che lo ha accompagnato nell’esperienza letteraria con Sudano, ripercorre la parabola di Fiocchi che secondo lui ha parecchio da dire, sia ai progettisti che a coloro che l’architettura la vivono. Innanzitutto Gibello parla della sfida di Fiocchi a sostituire la leggerezza alla pesantezza e la trasparenza all’opacità; poi ci parla dell’insegnamento dei razionalisti: per Fiocchi, Giò Ponti e Bruno Zevi erano i grandi maestri a cui ispirarsi; ancora dell’importanza della committenza che ti permette di rimanere ad un certo livello e progettare senza troppi vincoli; della difficoltà di tenere insieme più scale di progetto: dal dettaglio all’urbanistica; infine Gibelli ci fa notare due cose dell’esperienza di Fiocchi: una, ancora attuale, che consiste nella sua capacità di mettersi sempre in discussione – base necessaria per qualsiasi progettista – mentre la seconda non più attuale di come Fiocchi sia entrato a far parte di un grande apparato come l’Olivetti rispondendo semplicemente ad un annuncio sul giornale.
Non potendo essere presente per impegni imprevisti, Paolo Sudano ha incaricato Luca Gibelli di leggere un testo scritto da lui, basato che approfondisce la conoscenza della tecnica dell’architetto milanese. Un tecnica, la sua, che fa nascere un progetto partendo dall’involucro e che vede un grande impegno, che è poi nel DNA dell’Uomo moderno, verso l’industrializzazione del cantiere. Il palazzo per gli uffici della Mazzucchelli Celluloide ne sono un esempio eclatante: progetto sperimentale in cui l’edificio è risolto in maniera preponderante con materie plastiche. A tal proposito interviene Emanuele Piccardo facendo notare la lezione di Fiocchi: bisogna provare e sperimentare senza paura di sbagliare, come invece avviene oggi.
In seguito una carrellata di immagini delle realizzazioni olivettiane viene commentata da Luca Gibelli con la chiusura in omaggio ad Adriano Olivetti con un’illustrazione a volo d’uccello di Ivrea.
Prima di congedare il pubblico, Annibale Fiocchi chiede la parola dicendo: “ho avuto la fortuna di lavorare con un grande padrone (Adriano Olivetti) e con collaboratori eccezionali che hanno creato intorno a me un ambiente libero, e la libertà in architettura è sempre feconda”.