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Dopo il Congresso

Dal 07.07.2008 al 07.07.2009

Tempo di bilanci al termine del XXIII Congresso Mondiale dell'Architettura. Qui pubblicato il Manifesto Finale. Se anche voi avete qualcosa da dire, scrivete...

Dibattuta tra Congresso e Fiera dell'Architettura, è tempo di bilanci dopo la scorpacciata di comunicazione ed eventi all'interno della kermesse di Torino.

A breve la pubblicazione di alcuni resoconti delle giornate.

Mandate i vostri contributi a comunicazione@ordinearchitetti.mi.it.

Nel frattempo pubblichiamo il Manifesto ufficiale con il quale si conclude questo incontro mondiale.

UIA, TORINO 2008
DALLA CRISI DI MEGACITY E DEGLI ECOSISTEMI
VERSO ECO-METROPOLI E L’ERA POST-CONSUMISTA

“Non possiamo risolvere i problemi se non abbandoniamo il modo di pensare
che li ha creati” (A. Einstein)

La crisi di megacity e degli ecosistemi: l’insostenibilità del
paradigma meccanicista e del mito dello “sviluppo illimitato”.
Dal dopoguerra la terza rivoluzione industriale fondata sull’onnipotenza
della tecnoscienza, l’energia atomica, l’automazione, l’informatica, ha
ristrutturato l’intero ciclo produttivo in senso post-fordista, liberando
l’umanità dal lavoro manuale.
Questa rivoluzione ha spinto impetuosamente verso la globalizzazione, la
società massificata, l’economia consumista e le megalopoli determinando la
più grande espansione demografica, economica e urbana della storia. Tale
crescita esponenziale è resa possibile da un modello di sviluppo che considera
la Natura come una riserva illimitata.
Ma la travolgente transizione dall’era tardo-industriale a quella
postindustriale ha creato anche problemi ingovernabili. Essi giustificano
l’invettiva di F. Ll.Wright: “la vecchia città capitalista non è più sicura.
Significa assassinio di massa” in The living city (’58), modello organico di
città alternativo a quello astratto della Ville Radieuse (L.C., ‘25).
Oggi l’inaudito sviluppo post-industriale è giunto al punto da sconvolgere i
cicli bioclimatici e l’ecosistema planetario. Questo ha rivelato l’insostenibilità
del paradigma meccanicista su cui è fondato lo statuto funzionalista
codificato dalla Carta di Atene (‘33).
Tale insostenibilità si manifesta attraverso patologie sempre più allarmanti
che non possono essere più rimosse, minimizzate o ignorate dalle istituzioni,
riassumibili nei seguenti fenomeni:
1. L’esplosione della bomba demografica.
2. L’espansione permanente delle megacities e delle galassie megalopolitane.
3. L’onnipotente sviluppo post-industriale, la globalizzazione mercatista
e il controllo planetario delle risorse.
4. La mutazione genetica post-fordista della produzione, della società,
della metropoli.
5. La globalizzazione di infrastrutture, mercati e sistemi urbani in un'unica
weltstadt “infinita e senza forma”.
6. L’”Impronta ecologica” della città planetaria oltre i limiti della Natura.
7. La distruzione progressiva del Patrimonio Storico e delle comunità
tardo-antiche.
8. Il consumismo come acceleratore esponenziale della produzione:
la sua metamorfosi da vizio a virtù.
9. L’apogeo e il tramonto dell’era dei combustibili fossili:
il conflitto per il dominio mondiale delle energie.
10. La crescita vertiginosa di rifiuti, inquinamento e effetto serra:
l’ecocidio planetario.
11. L’autoreferenzialità dell’architettura nella società consumistico
spettacolare.
Queste patologie sono giunte a un livello di pericolosità tale da minacciare la
sopravvivenza del pianeta! Ormai le “cose” si ribellano alle “parole”, i
problemi sfuggono alle tesi elaborate per governarle.
Intanto la sinergia tra tecnocrazia, economicismo e mercatismo ha continuato
a ignorare l’ecocidio planetario in atto svelato e denunciato, dagli anni ‘70 in
poi, dalla nuova visione sistemica del mondo.
Essa ha evidenziato che il pianeta, in quanto ecosistema “vivente” in
equilibrio autoregolato, non può più essere governato da tali principi e dalla
politica del laisser-faire laisser-passer sempre più indifferenti alla gravità
della crisi ambientale, energetica e metropolitana, pervenuta ad un punto di
rottura.
Oggi l’UIA, nel 60° anno dalla fondazione - in continuità con la Carta di
Machu Picchu (’77) “revisione antilluministica della Carta diAtene” (B. Zevi)
e con le Dichiarazioni del Messico (’78),Varsavia (’81), Chicago (‘93) - assume
le sue responsabilità di fronte a tali sfide, contribuendo a elaborare strategie
alternative, ad ampliare le competenze interdisciplinari, a formare su tali tesi
gli architetti del futuro.
Questo, nella consapevolezza che: “non è perché le cose sono difficili che noi
non osiamo, è perché non osiamo che sono difficili” (L. A. Seneca).
Non bisogna far violenza alla Natura,
bisogna persuaderla” (Epicuro)
Verso ecometropolis e l’era post-consumista: la riscoperta del
paradigma ecologico e della realtà dei “limiti dello sviluppo”.
I 250 anni della rivoluzione industriale sono stati dominati per i quattro
quinti dal paradigma meccanicista (analitico-riduttivo) e dal mito dello
“sviluppo illimitato” che hanno prodotto insieme all’affluent society, le
patologie oggi incontrollabili.
Ma nell’ultima fase post-industriale, si è aperta una nuova prospettiva,
sebbene anticipata da profetiche intuizioni: il paradigma ecologico (sinteticoorganico)
consapevole, viceversa, della realtà dei “limiti dello sviluppo” e
orientato verso un’era post-consumista, una nuova frontiera ecometropolitana
e un’architettura che viva in simbiosi con la Natura!
Questo mutamento è in sintonia con le scienze che dal dopoguerra vanno
oltre il paradigma meccanicista: la Cibernetica, la Teoria dei sistemi, della
Gestalt, l’Ecologia, i Sistemi dinamici complessi, la Biologia olistica, la
Scienza del Caos. Esso segna la transizione paradigmatica dal “diritto
alla città” (H. Lefebvre, ‘68) al “diritto alla Natura”.
Il paradigma ecologico, a rete, scoprendo le leggi che regolano il divenire dei
fenomeni fisici e la crescita degli organismi viventi, si incarna nella visione
olistica che consente la “pacificazione tra tecnosfera e ecosfera” (B.
Commoner) indispensabile per la sopravvivenza del pianeta.
Pertanto, se si vuole liberare la modernità dai “suoi disastrosi inconvenienti”
provocati dallo statuto meccanicista ormai insostenibile, occorre con urgenza
una strategia alternativa capace di perseguire:
1.1. Il disinnesco della bomba demografica.
1.2. Un habitat entropico: da garden-city, living city, arcology,
verso la nuova frontiera eco-metropolitana.
1.3. La rifondazione del modello di sviluppo come sintesi di economia
e ecologia.
1.4. Il riequilibrio eco-metropolitano dell’armatura urbana disimpegnata
dai grandi corridoi transnazionali.
1.5. L’integrazione delle reti hard e soft in un cyberspace aperto,
interattivo ma in simbiosi con la biosfera.
1.6. Una “Nuova alleanza” con la Natura:
oltre il riduzionismo funzionalista.
1.7. La tutela del Patrimonio storico e degli abitanti, dei siti antropizzati
e delle comunità tardo-antiche.
1.8. Dall’economia dello spreco alla sobrietà post-consumista:
la liberazione della coscienza omologata dell’uomo-massa.
1.9. La città dell’era solare (Eliopolis) e delle energie rinnovabili:
la riconversione dell’habitat planetario.
1.10. La nuova civiltà entropica del riciclaggio, del controllo
dell’inquinamento e dell’effetto serra.
1.11. Un’architettura digitale come “protesi della Natura”,
diritto alla biodiversità estetica, etica e politica.
A chi obietterà che tale strategia è opinabile o utopica, si può replicare che,
viceversa, essa è obbligata e realistica!
Questo per tre ragioni capitali: l’imminente fine dell’era dei combustibili
fossili, che indurrà la riconversione ad altre energie del ciclo produttivo e
della città planetaria; la minaccia dell’effetto serra alla sopravvivenza del
pianeta, che esige una svolta strategica verso la “pacificazione tra tecnosfera e
ecosfera”; il fallimento etico del consumismo nichilista responsabile, in nome
del superfluo, della distruzione della Natura.
Ma tali smisurati problemi sono irrisolvibili senza la rivoluzionaria
transizione culturale dal paradigma meccanicista a quello bio-ecologico
capace di rimodellare la modernità sui cicli della Natura.
Questo nella convinzione che: “l’essenza della civiltà non consiste nella
moltiplicazione dei desideri, ma nella deliberata e volontaria rinuncia ad essi”
(M. Gandhi).
Intanto, i tempi per una svolta radicale si riducono sempre più e non la si può
delegare a nessuno. Infatti: “di tutti gli organismi viventi sulla terra, solo noi
esseri umani abbiamo la capacità di mutare consapevolmente il nostro agire.
Se si deve fare pace col Pianeta, siamo noi a doverla fare” (B. Commoner).

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