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Casa dei Giornalisti

Anno: 1934 - 1936

Località: Milano, Brera

Indirizzo: via Monte Santo 7, via Appiani 23-25

Destinazione d'uso: Edifici residenziali

Progettista: Giovanni Muzio

Il palazzo unisce appartamenti, circolo di lettura, sindacato dei giornalisti, spazi per lo sport e il tempo libero in un unico edificio. L’idea di facilitare vita e lavoro, di ridurre percorsi necessari e dare possibilità allo scambio culturale favorendo un fertile lavoro collettivo, entusiasmò i Novecentisti e corrispondeva ai loro progetti di case per artisti. Il palazzo risentì, inoltre, delle tendenze di mono- funzionalismo dell’urbanistica moderna e – non per ultimo – degli interessi di centralizzazione e di controllo della stampa da parte del fascismo. Perciò non stupisce che la costruzione fu ultimata in un tempo record di soli otto mesi e inaugurata il 31.1.1936 in presenza del duce.

 

La tecnica della costruzione a scheletro in cemento armato reso leggibile in facciata offre il vantaggio di una grande libertà di ripartizione interna e diventa per Muzio occasione di sperimentazione e variazione tipologica. Ad ogni piano le stanze si raggruppano con estrema flessibilità attorno a pochi punti fissi, quali bagni, cucine e alcuni vani di servizio. I ventinove appartamenti, in maggioranza quattro per piano, possiedono un taglio da quattro a dodici locali. Essi sono provvisti di una grande loggia verso la strada, a cui si aggiunge, per gli appartamenti d’angolo all’ultimo piano, la dotazione di una terrazza collocata sul tetto. Nonostante la rigorosa economia, in pianta si rivela il tentativo di Muzio di creare negli alloggi alcuni vani dal taglio particolare, come quello di ingresso o di soggiorno. Mentre i piani superiori sono destinati ad abitazione, ai piani inferiori si trovano le funzioni collettive: il circolo di lettura al piano terreno è collegato tramite una scala interna al sindacato collocato al di sopra, mentre l’interrato contiene l’aula per lo sport e – sintomatico per l’epoca – un’adiacente sala per la scherma. Nonostante le difficoltà dell’irregolare area fabbricabile, Muzio cerca di dotare l’edificio di un’articolata partizione, in grado di stabilire una chiara gerarchia volumetrica: la facciata verso via Monte Santo, con la sporgenza e la composizione simmetrica dei piani superiori, caratterizza il corpo principale, mentre le due facciate arretrate oltre gli angoli obliqui definiscono i volumi secondari. Benché questa lettura non corrisponda a una gerarchia funzionale all’interno dell’edificio, contribuisce notevolmente alla soluzione della particolare situazione urbana.

 

La scelta del materiale risponde alle stesse necessità di luogo e di economia. Il piano terreno costituisce uno zoccolo di pietra con aperture disposte secondo una logica autonoma. Al disopra, la facciata principale è rivestita di mattone giallo, suddivisa in grossi quadrati tramite nastri di mattone rosso, leggermente in rilievo, che incorniciano le grandi finestre di formato orizzontale. Questa partizione è interrotta dal motivo centrale delle logge binate: un leitmotiv nell’architettura di Muzio, che ritroviamo in via Ampère, ma anche – liberato dal muro di sfondo – nella casa Rustici di Giuseppe Terragni.

 

Annegret Burg