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Mensa per impegati alla Bicocca (demolita)
Year: 1955 - 1957
Town: Milano, Bicocca
Address: viale Sarca
Intended use: Edifici per l'industria
Designer: Giulio Minoletti, G. Chiodi, G. Valtolina
A partire dal 1955 Minoletti progettò con gli ingegneri Chiodi e Valtolina la mensa impiegati della Pirelli alla Bicocca, inaugurata all’inizio del 1957. Si tratta di una delle sue realizzazioni più importanti, purtroppo demolita nel 1998. Dalla relazione conservata presso l’ADM si comprende che il tema progettuale è stato affrontato da due punti di vista fondamentali: la distribuzione e la fruizione.Innanzitutto, lo studio del sistema distributivo.
Muovendo dalla considerazione che “Milleseicento impiegati debbono far colazione in due ondate di ottocento persone ognuna; ogni turno ha a disposizione quaranta minuti fra la cessazione e la ripresa del lavoro per recarsi alla mensa, servirsi, mangiare e rientrare in reparto; l’intervallo tra un turno e l’altro è di dieci minuti; la mensa deve funzionare con il sistema a ‘self-service’”, i progettisti elaborano una soluzione che risponde a cinque caratteristiche fondamentali: l’adozione di un sistema rettilineo, ove “su quattro linee fra loro parallele, si svolgono le funzioni successive di preparazione dei cibi, cottura, distribuzione, consumo”; la distinzione qualitativa e quantitativa nell’arrivo e distribuzione dei cibi; la suddivisione del banco di distribuzione in dieci tratti allineati di 7 metri ciascuno, ognuno per servire ottanta persone; lo studio del percorso dei commensali “tale da [non] comportare nessun incrocio, nessun ritorno, nessuna confusione”; la razionalizzazione del ritiro delle stoviglie. Ne deriva una sorta di meccanismo di alta precisione. I progettisti si concentrano poi sul “non meno preoccupante problema psicologico”, sforzandosi di “far dimenticare il dominante complesso industriale almeno durante il pasto, non semplicemente togliendo ai commensali la vista del poco lieto paesaggio circostante, ma anche creandogliene uno nuovo …”. La stretta linea erbosa rimasta libera dalla costruzione viene trasformata in una vera e propria scenografia prospettica, grazie all’inclinazione del terreno e alla striscia azzurra d’acqua che la separa dalla parete. Quest’ultima si apre in un’unica, enorme vetrata, che raggiunge l’altezza massima della sala, al contrario della parete opposta, bassa e priva di visuale. “Per questo gioco di altezze è stata sfruttata la forma stessa delle capriate in ferro che, rovesciate, hanno consentito il gioco senza nessuno spreco volumetrico e strutturale”. Inoltre, sono stati adottati “i colori più caldi e più festosi (il giallo ed il rosso), contrastandoli con minori quantità di azzurro e di nero”.
La grande sala (86x35 m), che si inseriva in un complesso più ampio, costituiva dunque una soluzione altamente innovativa sotto l’aspetto sia spazio-strutturale che espressivo. Qui convergono molte delle caratteristiche del lavoro di Minoletti: lo spirito di ricerca (si recherà negli USA per studiare simili impianti e l’introduzione del sistema a self service costituiva una novità assoluta in Italia in quegli anni), le competenze tecnico strutturali, l’interesse per il rapporto con il paesaggio. La grande sala vetrata si affaccia su una lunga striscia di giardino, che sembra entrare a far parte dell’intero edificio, in un processo di osmosi tra interno ed esterno.