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Quartiere IFCP Fabio Filzi

Anno: 1935 - 1938

Località: Milano, Città Studi

Indirizzo: viale Argonne, via Birago, via Illirico

Destinazione d'uso: Quartiere residenziale

Progettista: F. Albini, R. Camus, G. Palanti

Franco Albini realizzò per lo IFACP di Milano diversi quartieri contrassegnati da scelte insediative innovative e dirompenti nei confronti della progettazione urbana dell’epoca basata su principi ottocenteschi che tendevano a disporre “caserme con il cortile chiuso” in modo da “far da paravento ai marciapiedi stradali” (Pagano, 1939). Nel Fabio Filzi tali scelte assumono un valore paradigmatico in cui si condensa, come in un’icona, la concezione dell’abitare propria della modernità: nonostante le ridotte dimensioni esso costituisce una mirabile lezione di composizione urbana conforme ai modelli insediativi razionalisti.

 

I corpi di fabbrica lamellari si dispongono ortogonalmente rispetto alla strada negando radicalmente la cortina stradale continua di matrice ottocentesca. Non esiste più un esterno dell’isolato su cui si allineano le facciate né un interno destinato a funzioni di servizio ma, come intuì Bruno Taut a proposito delle prime Siedlungen in Germania, uno “spazio abitabile esterno”. Soprattutto lo spazio aperto è conformato da un saldo principio d’ordine che, anche grazie alla compattezza del quartiere, si trasforma una figura urbana chiara e riconoscibile. Secondo Giuseppe Pagano le case del Filzi sono “ben allineate e razionalmente disposte in una composizione armoniosa e disciplinata” (Pagano, 1939), distinguendosi così dalla confusa eterogeneità morfologica dell’edilizia privata.

 

La collocazione degli edifici nello spazio pur essendo rigorosa non è rigida. I fabbricati, di lunghezza diversa a seconda del numero dei corpi scala, sono disposti in maniera sfalsata in modo da rendere più denso il margine dell’insediamento e più poroso il centro, dove sono localizzati alcuni servizi comuni. Questa composizione può essere considerata una manifestazione di quella tensione ossimorica fra forze di segno opposto presente nella poetica di Albini: da un lato l’anelito all’ordine, dall’altro la presenza di una componente giocosa, entrambe convergenti in una progettazione costretta a seguire delle regole e per questo motivo libera.La distribuzione è a corpo scala; esso serve tre alloggi di taglio diverso diventando un nodo centrale nell’organizzazione dello spazio. I servizi sono collocati in facciata, ai lati o sull’asse del corpo scala stesso. Un compattissimo disimpegno largo quanto il bagno collega l’ingresso agli stessi servizi igienici e ai soggiorni, dotati di una loggia, dai quali si accede alle camere. La struttura portante è puntiforme e in cemento armato nel primo lotto mentre nel secondo è in muratura portante di laterizio.

 

La composizione delle facciate presenta una semplicità “quasi urtante” impostata su un ordine regolare vincolato all’organizzazione interna. I fronti edificati si caratterizzano per una dialettica tra astrazione, che rappresenta la cifra stilistica del razionalismo, e corporeità del volume architettonico, ottenuta grazie alla successione ritmica di vuoti e pieni corrispondente all’alternarsi degli aggetti con le rientranze delle logge.

 

Marco Lucchini