From 02.04.2020 to 02.05.2020
Nel documento riportato si possono leggere le prime osservazioni che l'Ordine A.P.P.C della Provincia di Milano ha inviato al Consiglio Nazionale A.P.P.C. sulla proposta di “Riforma dell’Ordinamento professionale”
Riportiamo il testo con le prime osservazioni che l'Ordine degli Architetti PPC della Provincia di Milano ha inviato al Consiglio Nazionale Architetti P.P.C., sulla proposta di “Riforma dell’Ordinamento professionale”.
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Osservazioni dell’Ordine A.P.P.C. della provincia di Milano alla proposta di “Riforma dell’Ordinamento professionale
Ciclicamente i diversi Consigli Nazionali hanno sottoposto al sistema ordinistico uno dei provvedimenti centrali per la definizione e la valorizzazione del ruolo sociale dell’Architetto PPC e per l’esercizio della professione: la riforma dell’Ordinamento.
Ad inizio del proprio mandato nel 2016, anche l’attuale Consiglio Nazionale ha istituito uno specifico Gruppo operativo “Ordinamento”, che ha concluso la prima parte del proprio lavoro predisponendo una proposta di “Riforma delle professioni” ad inizio 2017. Tale lavoro di fatto non è stato trattato nell’evento principale organizzato dal Consiglio Nazionale, il Congresso del 2018, ed è rimasto sospeso fino al 2019, quando è stato riavviato con una diversa visione: pensare e proporre “una riforma soltanto degli Architetti e per gli Architetti”.
La proposta - redatta dal Gruppo operativo - è stata trasmessa ad inizio marzo 2020, chiedendo ai singoli Ordini territoriali contributi rispetto al testo. La richiesta pone questioni di metodo e di merito. Nel metodo di lavoro scelto ravvisiamo molte criticità, che necessitano di un approfondimento e di un chiarimento.
Evidenziamo qui sinteticamente le principali 4 criticità di metodo:
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La proposta è stata redatta dal Gruppo operativo senza un confronto e coinvolgimento sia interno (ascolto di tutte le professioni – Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori che non sono presenti nel CNAPPC ma che pure dovrebbero esservi rappresentate), sia esterno (ascolto delle PA, delle Università, delle altre professioni tecniche, degli imprenditori, ecc.). L’assenza di un percorso di confronto propedeutico non permette quel processo di mediazione e condivisione con tutti i portatori di interesse che è imprescindibile per il buon esito della riforma.
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Il testo redatto è proposto come frutto del lavoro del Gruppo operativo, senza un passaggio politico e senza la necessaria definizione della visione strategica da parte del Consiglio Nazionale. Il metodo scelto è quello della sommatoria di contributi dei 105 Ordini, su una proposta in molti punti contraddittoria e lacunosa.
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Non è definito il percorso di condivisione con il Legislatore. Mentre veniva presentata la proposta nella Conferenza degli Ordini di Roma del 14 febbraio, il Governo tramite l’ufficio legislativo del Ministero di Giustizia richiedeva proprio al nostro Consiglio nazionale di mandare i propri contributi via PEC entro il 24 febbraio per procedere al necessario test di proporzionalità prima dell’adozione di una nuova regolamentazione delle professioni, procedura resa obbligatoria dalle normative comunitarie. L’iter proposto non descrive in nessuna parte attraverso quale percorso sarà gestito il processo di approvazione della riforma con il Governo.
- Infine non appare appropriata la scelta dei tempi. Se già a febbraio, prima della condizione di assoluta emergenza nella quale ora viviamo, appariva molto debole una proposta nata esclusivamente all’interno del sistema ordinistico in prossimità della scadenza del mandato dell’attuale Consiglio, senza quindi la possibilità di creazione di un percorso del Consiglio con il legislatore, oggi questa possibilità è definitivamente tramontata. La classe politica, la nostra professione, i nostri Consigli, l’intera comunità sono chiamati a dare risposte radicali e profonde a una condizione di gravità senza precedenti, nella quale la proposta di Riforma dell’Ordinamento è ormai passato remoto. Le fondate preoccupazioni segnalate da diverse Associazioni (quali Assurb, Aiapp, i rappresentanti degli studenti di tutte le Scuole di architettura italiane), generano divisioni e conflitti che oggi più che mai sono dannosi a una fase cruciale nella quale la coesione e l’unità sono imprescindibili.
Nel merito, se negli obiettivi sembra apprezzabile il tentativo di mettere ordine alla confusione normativa che riguarda le professioni e in particolare quella dell'architetto, la risposta appare discutibile e rischia di aumentare gli elementi di ambiguità e le difficoltà di applicazione. Al di là di alcuni punti che trattano, anche se in modo non sufficientemente approfondito, temi rilevanti, nell'insieme il testo sembra riflettere una visione dell'architettura obsoleta e fuori dalle dinamiche culturali, sociali ed economiche che riguardano oggi la nostra professione, per non parlare del futuro.
Non ci sembra opportuno intervenire commentando singolarmente ciascun comma del testo, poiché riteniamo che sia necessaria prima una condivisione della visione generale della professione, consolidata al nostro interno e condivisa con la comunità alla quale apparteniamo.
Tale visione va inquadrata nella trasformazione e nella complessità delle attività di modificazione dello spazio di vita e di lavoro alle varie scale, al centro del campo di intervento della professione dell’architetto. Una professione che non va vista in un contesto di separatezza o di preminenza rispetto alle numerose articolazioni culturali e tecniche che tale ruolo oggi richiede. L’approccio multidisciplinare e multiscalare necessario per affrontare con efficacia il progetto di modificazione e gestione dello spazio rende necessaria e opportuna l’articolazione delle figure professionali che devono trovare una risposta a tali nuove esigenze nell’ambito di Ordini degli Architetti consapevoli di tale complessità. In tale prospettiva sono stati messi a punto negli anni scorsi percorsi formativi di figure professionali focalizzate su specifiche declinazioni delle attività che riguardano la progettazione, tutela e gestione delle attività che incidono sulle modificazioni dello spazio. Questi percorsi rappresentano un riferimento ormai consolidato di arricchimento e valorizzazione delle figure che trovano rappresentanza culturale e tecnica negli Ordini degli Architetti.
Il tema della riforma dell’Ordinamento resta centrale, a fronte delle professioni tuttora governate dal Regio Decreto del 1923 e da successive riforme parziali, rispetto alle quali il sistema ordinistico ha avuto un ruolo di retroguardia. Dobbiamo certamente diventare protagonisti nel governare il cambiamento, e proprio per la responsabilità sociale che abbiamo in questo compito, riteniamo necessario riprogrammare dall’origine il percorso di riforma costruendo preliminarmente quel processo che ci sembra aver sofferto delle carenze sopra descritte.
Cordiali saluti.
Il Presidente dell’Ordine
dr. arch. Paolo Mazzoleni