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Concorso Farini: bene, ma non benissimo

From 29.10.2018 to 29.11.2018

Segnale della vitalità milanese e frutto di collaborazione inter-partes, il concorso presenta due criticità che rischiano di comprometterne la qualità e i risultati attesi

Il recente lancio del concorso internazionale per la finalizzazione del masterplan delle aree Farini-Valtellina e San Cristoforo è senz’altro un segno dei tempi (positivi) che la città di Milano sta attraversando e proponendo al resto del Paese. Milano bandisce concorsi, è laboratorio di collaborazione tra pubblico, privato e rappresentanze (territoriali, professionali e associative), proietta le proprie visioni ben oltre un orizzonte politico immediato, affronta temi di grande portata. E lo fa con un impegno di investimenti notevole e duraturo. Assume, insomma, sempre più i connotati di una capitale europea.

Il concorso internazionale Farini-San Cristoforo appena presentato è per l’Ordine degli Architetti di Milano motivo di grande soddisfazione.

Anzitutto, nell’AdP c’è un formale impegno tra le parti a procedere per concorsi. È un punto sul quale abbiamo fatto pressione, ed è un risultato frutto del confronto aperto con tutte le parti.

La forma, poi, del concorso stesso nasce dall’ottimo e purtroppo inutilizzato articolo del Regolamento Edilizio che l’Ordine contribuì a formulare: i due gradi di selezione – che permettono di aprire le porte a una competizione finale tra le 5 proposte progettuali reputate migliori dalla giuria -, e la figura del RUC, garante della correttezza, trasparenza e serietà e molti altri aspetti fissati in quella sede potranno contribuire alla riuscita di questa operazione. Non a caso, alla presentazione della gara, tanto l’amministrazione comunale quanto altre personalità hanno riconosciuto l’apporto e lo sforzo propositivo degli uffici di via Solferino.

Bene, quindi, ma non benissimo.

Altre riflessioni dell’Ordine sono rimaste purtroppo lettera morta. “Due questioni ci paiono in particolare contraddire la bontà di un bando e la qualità di una visione di questa portata – afferma Paolo Mazzoleni, presidente dell’Ordine degli Architetti PPC della Provincia di Milano – Riguardano la giuria e i premi previsti. I premi sembrano inadeguati all’importanza, alla complessità e alla dimensione dell’oggetto, nonché all’aspettativa legata al fatto che il masterplan sia uno strumento innovativo in grado di coniugare cogenza e flessibilità. Anche l’approccio interdisciplinare, affatto retorico, rende il compito particolarmente difficile e oneroso. I premi risultano non proporzionati soprattutto nel caso in cui si dovessero cedere i contenuti dell’idea vincitrice senza avere l’opportunità di formulare i successivi livelli del progetto. Riteniamo le cifre stanziate una frazione, anche piuttosto ridotta, del valore ideativo di un futuro piano dell’area. Infine, “un altro costo, la cui voce è compresa nel premio, è la richiesta di modificare il masterplan a seguito del dibattito pubblico e delle istanza che sorgeranno. Potrebbe trattarsi di modifiche non marginali e comportare un rilevante lavoro addizionale”.

Altro tema, la giuria. “Il concorso riguarda il destino di una porzione straordinariamente vasta della città – spiega Mazzoleni. Le responsabilità delle scelte della giuria sono altrettanto straordinarie, ma i giurati ancora non ci sono. L’Ordine di Milano, così come il Consiglio Nazionale, individua nella giuria palese alla pubblicazione del bando “un principio fondamentale dei concorsi di qualità. Che nel bando siano indicate le future nomine di ‘esperti’ in vari ambiti e materie, ci sembra una precauzione minima e poco efficacie. Confidiamo che gli enti coinvolti, al di là della lottizzazione dei posti in giuria tanto minuziosamente descritta nel bando, sappiano nominare figure di grande rilevanza e competenza, riparando almeno a posteriori a questa scarsa attenzione al tema”.

Premi e giuria sono un richiamo per i professionisti. La posta economica in palio si dovrebbe allineare alle necessità di una partecipazione non solo più ampia, ma più qualificata. I grandi studi e i migliori progettisti nazionali e internazionali, ad esempio, preparano un quadro economico proporzionato allo sforzo richiesto. E si muovono con un impegno adeguato solo quando i conti tornano: non sempre è sufficiente l’effetto vetrina.

Non è quindi una questione di parcelle, ma di “inquadrare il concorso come un percorso di confronto sui temi della qualità, sul dover dare un senso a una parte di territorio strategica per Milano. E per riuscire a ottenere le risposte migliori e di respiro più internazionale occorre allinearsi a standard adeguati”.

Confrontarsi poi con una giuria di alto livello, soprattutto laddove i progetti intervengano in aree di grande interesse, è un momento di stimolo per i professionisti e una forte leva emotiva per avere contributi di alta qualità.

FS Sistemi Urbani e Coima sgr, con il Comune, si sono dimostrati aperti e attenti al dialogo. Siamo fiduciosi che questa gara internazionale, cui non mancano aspetti qualitativi e anche innovativi, possa dare buoni frutti: bando e visione sono di grande portata. La dimensione sovranazionale e gli standard internazionali rischiano però di essere messi in secondo piano: premi e giuria non sono aspetti secondari di un concorso in nessun Paese europeo.

Bene, quindi, ma non benissimo.

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