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Tiepide novità estive per il settore dell’edilizia

From 07.10.2015 to 07.11.2015

Abbiamo chiesto al nostro consulente legale un commento alle recenti modifiche normative legate alla Riforma della Pubblica Amministrazione in ambito edilizio, con particolare attenzione ai tempi delle pratiche

Abbiamo chiesto al nostro consulente legale avv.Emiliano Fumagalli un commento alle recenti modifiche normative legate alla Riforma della Pubblica Amministrazione in ambito edilizio
Si segnalano in particolare le modifiche ai termini di vincolo della esecutività della documentazione presentata, e nei tempi di adozione dei Permessi di Costruire. Vediamo come.

Sul Bollettino Ufficiale della Regione Lombardia n. 20 del 12 maggio 2015 è stata pubblicata la deliberazione della Giunta Regionale della Lombardia con la quale è stata approvata la modulistica per la presentazione della Comunicazione di inizio lavori (c.d. CIL) e della Comunicazione di inizio lavori asseverata (c.d. CILA), in esecuzione dell’accordo siglato tra Governo, Regioni ed Enti locali il 18 dicembre 2014[1].
Sulla base di tale deliberazione, i Comuni avrebbero dovuto provvedere all’adeguamento della modulistica entro l’11 luglio 2015.
Il 9 settembre 2015, con un po’ di ritardo, il Comune di Milano ha provveduto a pubblicare i moduli aggiornati.

Pochi giorni prima era entrata in vigore la legge 7 agosto 2015 n. 124[2], la quale ha apportato interessanti modifiche alla legge 7 agosto 1990 n. 241 in tema di autotutela amministrativa e di silenzio assenso.

Autotutela e segnalazione certificata di inizio attività
Quello del termine entro il quale la pubblica amministrazione può intervenire per annullare o revocare un proprio provvedimento o, in linea generale, entro il quale può intervenire per inibire l’esercizio di un’attività, è certamente un tema che tocca da vicino i professionisti che, come gli architetti, si trovano a dover fare quotidianamente i conti con clienti che da un lato hanno assoluta urgenza di presentare le pratiche edilizie per poter partire con i lavori e nel contempo chiedono ai propri tecnici ragguagli circa il momento a partire dal quale ci si possa ritenere definitivamente al riparo da azioni da parte dei terzi o dal rischio che l’amministrazione comunale possa notificare atti di sospensione dei lavori o in generale inibitori dell’attività edilizia.

La questione, che già era delicata con riferimento al permesso di costruire (soprattutto per quanto riguarda l’impugnativa da parte dei terzi), presentava e presenta profili di enorme aleatorietà per quanto riguarda le denunce di inizio di attività e le segnalazioni certificate di inizio attività in edilizia titoli che, come parrebbe ormai codificato, costituiscono mere dichiarazioni dei privati e non sono pertanto provvedimenti amministrativi (in altri termini e semplificando il concetto il silenzio dell’Amministrazione non equivale ad un provvedimento tacito di assenso).

Sino al 27 agosto scorso, giorno antecedente all’entrata in vigore delle modifiche legislative di fine estate, la situazione, per quanto riguarda in modo specifico la SCIA edilizia era così riassumibile:

- entro il termine di trenta giorni dal ricevimento della SCIA l’amministrazione competente, in caso di accertata carenza dei requisiti e dei presupposti per la presentazione della SCIA stessa, poteva adottare motivati provvedimenti di divieto di prosecuzione dell’attività e di rimozione degli eventuali effetti dannosi di essa;

- decorso il termine di trenta giorni per l’adozione dei provvedimenti di inibizione dell’attività edilizia, all’amministrazione era consentito assumere determinazioni in via di autotutela, ai sensi degli articoli 21-quinquies (revoca) e 21-nonies (annullamento) solo in presenza del pericolo di un danno per il patrimonio artistico e culturale, per l’ambiente, per la salute, per la sicurezza pubblica o la difesa nazionale e previo motivato accertamento dell’impossibilità di tutelare comunque tali interessi mediante conformazione dell’attività dei privati alla normativa vigente.

L’articolo 21 nonies[3] a propria volta prevedeva che il provvedimento amministrativo illegittimo potesse essere annullato d’ufficio, “sussistendone le ragioni di interesse pubblico, entro un termine ragionevole e tenendo conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati”.

In tale quadro normativo sono fioccati gli atti delle amministrazioni comunali con cui venivano annullati i titoli abilitativi edilizi formatisi a seguito della presentazione di una DIA o di una SCIA, e ciò anche  a distanza di diversi anni dalla formazione del titolo stesso, il che, da un lato, ha fatto nascere un ampio contenzioso e, dall’altro, non può che avere coinvolto anche i professionisti che avevano attestato la conformità degli interventi eseguiti a seguito di una DIA o di una SCIA e/o che avevano diretto i relativi lavori.

Spesso tali provvedimenti assunti a distanza di anni sono stati poi annullati dal Giudice Amministrativo, che ha rilevato l’insussistenza dell’interesse pubblico all’annullamento o la non ragionevolezza del termine entro il quale vi era stato l’intervento in sede di autotutela.

Altrettanto spesso, tuttavia, l’intervento del giudice non è stato sufficientemente tempestivo ed i negativi effetti a catena causati dall’annullamento di un titolo edilizio, magari a distanza di tre o quattro anni dal suo consolidamento, sono divenuti irreversibili (si pensi all’improvvisa incommerciabilità di un immobile relativamente al quale sia stato annullato il titolo abilitativo edilizio od all’architetto che ha asseverato un progetto allegato ad una DIA poi annullata illegittimamente e che per tale ragione ha perso non solo quel cliente, ma anche altri potenziali clienti causa l’effetto devastante del passa parola negativo).

Forse nella consapevolezza di tale situazione lo scorso mese di agosto il Legislatore è intervento a correggere il tiro modificando tanto l’articolo 19 quanto l’articolo  21-nonies della legge n. 241/1990.

A seguito delle modifiche apportate, pertanto, oggi la situazione, per quanto riguarda in modo specifico la SCIA edilizia è così riassumibile:

- entro il termine di trenta giorni dal ricevimento della SCIA l’amministrazione competente, in caso di accertata carenza dei requisiti e dei presupposti per la presentazione della SCIA stessa, può adottare motivati provvedimenti di divieto di prosecuzione dell’attività e di rimozione degli eventuali effetti dannosi di essa (e fin qui nulla di diverso);

- decorso il termine di trenta giorni dal ricevimento della SCIA l’amministrazione competente può comunque adottare i provvedimenti di inibizione dell’attività edilizia qualora vi siano le condizioni previste dall’articolo 21-nonies;

- una delle nuove condizioni previste dall’articolo 21-nonies consiste nel fatto che l’annullamento del titolo può intervenire purché non sia trascorso un termine superiore a diciotto mesi dalla sua formazione[4].

L’intervento del Legislatore ha quindi comportato da un lato la fissazione di un termine preciso (18 mesi) oltre il quale non è possibile disporre l’annullamento del provvedimento (o inibire la prosecuzione dell’attività avviata in caso di SCIA), ma dall’altro ha esteso (sempre all’interno del periodo massimo di 18 mesi) la possibilità di assumere tali provvedimenti anche in casi diversi  rispetto a quelli comportati un “pericolo di un danno per il patrimonio artistico e culturale, per l’ambiente, per la salute, per la sicurezza pubblica o la difesa nazionale”.

Il Legislatore, quindi, intervenendo sulle norme in esame ha attribuito una maggiore certezza a coloro che presentano una SCIA, non solo in via diretta mediante l’introduzione della limitazione temporale imposta al potere di autotutela amministrativa, ma anche in via indiretta, atteso che tale limitazione sembrerebbe ridurre fortemente le possibilità di tutela del terzo leso dall’attività edilizia intrapresa.

Non è infatti difficile immaginare un caso in cui il terzo percepisca il carattere pregiudizievole dell’attività edilizia dopo 18 mesi dalla presentazione della segnalazione e che quindi voglia agire per tutelare i propri interessi.

In questo caso, non essendo la SCIA immediatamente impugnabile, al terzo non rimane che sollecitare l’amministrazione affinché eserciti i propri poteri di controllo ed assuma i provvedimenti che inibiscano la prosecuzione dell’attività. Ma se il termine di 18 mesi previsto alla norma è già spirato l’amministrazione comunale avrebbe “le mani legate” e quindi non potrebbe assumere alcun provvedimento inibitorio se non incorrendo in una evidente violazione di legge.

Da qui nascono alcune perplessità circa la legittimità costituzionale di tale nuova previsione legislativa.  

Nel silenzio della legge, infine, resta il dubbio (che potrà essere dipanato solo dalle prime sentenze del giudice amministrativo) se possa essere ritenuto legittimo un provvedimento di annullamento d’ufficio o d’inibitoria dell’attività (in caso di SCIA) il cui procedimento sia stato avviato prima della scadenza del termine di 18 mesi, ma venga concluso solo successivamente.

Silenzio assenso tra pubbliche amministrazioni
L’articolo 17-bis della menzionata legge n. 241/1990, introdotto dall’articolo 3 della legge n. 124/2015, stabilisce che nei casi in cui una pubblica amministrazione, per l’emissione di un provvedimento, debba acquisire l’assenso di un’altra amministrazione, quest’ultima lo debba fornire nel termine di 30 giorni (o nel termine di 90 giorni, ove non vi sia stabilito un diverso termine, per gli assensi delle amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico territoriale, dei beni culturali e della salute dei cittadini).

Qualora l’amministrazione procedente non ricevesse l’assenso nei termini di cui sopra, questo dovrebbe ritenersi acquisito per silenzio assenso.

Per quanto qui interessa c’è da chiedersi se tale semplificazione sia applicabile, ad esempio, anche al procedimento per il rilascio del permesso di costruire, disciplinato dall’articolo 20 del Decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001 n. 380.

In caso affermativo, il responsabile dello sportello unico, una volta chiesto il necessario atto di assenso ad un’altra amministrazione e ove questa non lo rilasciasse nei predetti termini, potrebbe concludere il procedimento ritenendo acquisito l’atto favorevole per silenzio assenso e, quindi, sarebbe  risparmiata l’indizione e lo svolgimento della conferenza di servizi prevista dal comma 5-bis dell’articolo 20 del D.P.R. n. 380/2001.

Tuttavia, a nostro modo di vedere, restano dei dubbi in merito all’effettiva applicabilità dell’articolo 17-bis ai procedimenti che, come quello per il rilascio del permesso di costruire, sono già disciplinati da normative specifiche relative ad un determinato settore, e ciò in applicazione del così detto criterio della specialità[5].

Avvocato Emiliano Fumagalli e Avvocato Matteo Peverati



[1] I moduli per la domanda di permesso di costruire e per la presentazione della segnalazione certificata di inizio attività (SCIA) edilizia erano stati già pubblicati sul Supplemento Ordinario n. 56 alla Gazzetta Ufficiale n. 161 del 14 luglio 2014.

[2] Entrata appunto in vigore lo scorso 28 agosto 2015.

[3] Per espressa previsione normativa il permesso di costruire non è revocabile, il che induce a ritenere che l’istituto della revoca non possa trovare applicazione neppure per quanto attiene gli altri i titoli abilitativi edilizi  

[4] L’ultimo comma dell’articolo 21 nonies prevede un a sola ipotesi di possibilità di annullamento oltre il termine di 18 mesi, stabilendo che “i provvedimenti amministrativi conseguiti sulla base di false rappresentazioni dei fatti o di dichiarazioni sostitutive di certificazione e dell'atto di notorietà false o mendaci per effetto di condotte costituenti reato, accertate con sentenza passata in giudicato, possono essere annullati dall'amministrazione anche dopo la scadenza del termine di diciotto mesi di cui al comma 1, fatta salva l'applicazione delle sanzioni penali nonché delle sanzioni previste dal capo VI del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445

[5] Secondo cui la norma speciale, anche se precedente, deroga la norma generale.

 

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