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Expo e Triennale: arts and foods

From 14.07.2015 to 14.08.2015

Ricordiamo a tutti gli iscritti la convenzione per acquistare i biglietti per l'esposizione universale a prezzi agevolati. Il biglietto per EXPO 2015 vale inoltre per visitare la mostra Arts & Food. Rituali dal 1851 allesita alla Triennale di Milano (1 cfp)

Ricordiamo a tutti gli iscritti la convenzione per acquistare i biglietti per l'esposizione universale a prezzi agevolati. Il biglietto per EXPO 2015 vale inoltre per visitare la mostra Arts & Food. Rituali dal 1851 allestita alla Triennale di Milano (1 cfp).
Di seguito un sintetico commento della mostra del nostro consigliere Paolo Brambilla.

Quest’anno la Triennale di Milano si è trasformata in uno dei padiglioni di Expo 2015 con Arts and Foods. Rituali dal 1851, data della prima Esposizione Universale di Londra. È una mostra gustosa quanto un sontuoso banchetto: settemila metri quadri, duemila pezzi esposti, quasi mille pagine di catalogo curato da un nutrito gruppo di esperti in diverse discipline coordinati da Germano Celant.

Ciò che il titolo non dice è che buona parte dell’esposizione si concentra su tutto quello che il mondo del progetto ha saputo dire nella costruzione della scena dove si consuma il rito del cibo. Non manca nulla: arredi, utensili per la cucina, modelli di architettura e disegni originali provenienti da musei o collezioni private, dalle composizioni neoplastiche di Theo Van Doesburg per il Cafè de l’Aubette a un ciclopico pesce di Frank O. Gehry. Non capita spesso di vedere dal vivo parti intere di interni tra i quali la progenitrice di tutte le cucine moderne, la Frankfurte Küche di Margarete Schütte-Lihotzky, ed una delle cucine installate negli appartamenti della Unitè d’Habitation di Marsiglia di Le Corbusier.

Attraversando l’esposizione si scoprono connessioni impreviste tra un servizio da the suprematista di Kazimir Malevič e le posate disegnate da Raymond Loewy per il Concorde, e non mancano vere sorprese, come il pranzo meccanizzato predisposto dal tavolo L’Autarca di Angelo Fasce del 1935, che anticipa di trent’anni il Rotoliving di Joe Colombo, anch’esso in mostra qualche sala più avanti.

Il gusto di una mostra così enciclopedica sta nel dare riconoscimento ad architetti sconosciuti come Angelo Bianchetti, che con i suoi autogrill a ponte ha senza dubbio modificato il rapporto degli italiani con il cibo, e a designer ancora non ancora rivalutati dalle aste di modernariato come Ambrogio Pozzi, raffinato interprete della ceramica per l’industria.

In questo percorso bulimico dove tutto si mescola ci sono il cinema, la musica, la pubblicità e la fotografia ma l’ingrediente principale è comunque l’arte con la sua capacità di farci sentire al tempo stesso attratti e sopraffatti dal cibo. Se per Mario Mertz e Joseph Beuys il cibo è sacro, fino a diventare un tempio con la Bread House di Urs Fischer, suscita disgusto quando viene guardato con gli occhi di Paul McCarthy. Ci rendiamo conto che ad avere cambiato il nostro rapporto con il cibo nell’ultimo secolo è stata senza dubbio l’industria che ci diverte con i pupazzi di Susanna e ci annienta con i supermercati infiniti fotografati da Andreas Gursky, fino a diventare noi stessi würstel che dormono nei sacchi a pelo nell’installazione Sleeping dogs di Dennis Oppenheim.

Una mostra per visitatori onnivori, colta e godibile al tempo stesso: se la scelta di lasciare nelle mani di un curatore d’arte praticamente tutta la Triennale aveva suscitato qualche malumore, la casa prefabbricata Maison des Jours meilleurs di Jean Prouvè rimontata per l’occasione non deluderà neanche i più severi critici.

Paolo Brambilla

 

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