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Kersten Geers | Andrea Zanderigo

From 07.05.2013 to 07.06.2013

Quinta puntata del ciclo di incontri 7x7 organizzato dalla Fondazione dell’Ordine, in cui emerge la radicalità della condizione professionale belga attraverso i lavori di Office

Quinta puntata del ciclo di incontri 7x7 organizzato dalla Fondazione dell’Ordine e curata da Federico Tranfa, che propone il confronto tra 7 Architetti di caratura europea e le domande di 7 Architetti milanesi. Un dialogo sullo stato della nostra disciplina a livello internazionale con radici milanesi, dove lo scambio tra relatore e curatore amplia l’esposizione stimolando la partecipazione e le domande del pubblico.  Un modo per confrontarsi attraverso esempi del fare, con scrupolo, nel quotidiano del nostro mestiere.
Di seguito un sintetico report e qui il video dell’intera serata.


La serata di mercoledì 24 aprile ha visto il confronto in lingua inglese tra le idee dell’architetto Belga con Andrea Zanderigo, membro dello studio Baukuh con sede a Milano. Classe ’74,  laureato allo IUAV di Venezia nel 2002 e fino al 2004 assistente di Stefano Boeri, anno in cui fonda con altri 6 colleghi appunto lo studio Baukuh. Visiting Professor a Halab in Siria, dal 2009 fino al 2011 è a Mendrisio, nel 2012 a Graz e nel 2013 alla Columbia University di NY come assistente proprio di Kersten Geers.
Forse per questa consuetudine lo presenta come amico, nato a Ghent nel 1975, dove si laurea. Dopo ulteriori esperienze accandemiche a Madrid e l’apprendistato presso gli studi Maxwan Architects and Urbanists e Neutelings Riedijk  Architects di Rotterdam, apre nel 2002 il proprio Office a Brussels con David Van Severen.
L’esposizione come vedremo si è svolta nell’alternarsi di temi illustrati dall’autore e commento del curatore. Una ulteriore variante alla modalità di sviluppo delle conferenze di questo ciclo, volta appunto a stimolare il confronto e la discussione per un maggior approfondimento dell'opera presentata.

Il primo intervento di Kersten Geers prende spunto da alcune immagini di opere di artisti contemporanei, come ‘talk about space’ dell’artista americano Ed Ruscha del ’63, o ‘Ringroad Houston’ del 2005 dell’olandese Bas Princen, o ‘Crowds with Shape of Reason Missing’ del 2012 di John Baldessari, ed infine ‘hed Glazen’ del ’87 di René Daniels, per accompagnare la presentazione del loro lavoro per la Biennale del 2008 nel giardino delle Corderie.
Andrea Zanderigo gli chiede  se l’astrazione, la riduzione, più che essere un obiettivo in se, siano anche e soprattutto un mezzo per creare uno ‘spazio calmo’ dal quale provare a comprendere la caotica bellezza dell’esistente, del mondo. L’ordine insomma come strumento per rendere più chiaro ciò che già esiste
Kersten ribadisce di non essere interessato alla minimal art, ma piuttosto al confronto con la realtà che vede ben rappresentato nell’opera di Baldessari, nel fatto che l’intervento di cancellazione operato da Baldessari rende finalmente visibile, esperibile la realtà.

A seguire, Kersten Geers affronta il tema del big box, ovvero di tutta quella serie di edifici che fanno parte della dotazione pubblica della città e del territorio, pubblici non nel senso tradizionale del termine -spesso infatti non vi si può entrare- ma perché infrastrutturano le nostre città, ne rendono possibile il funzionamento e in virtù della loro grande dimensione modificano profondamente i contesti in cui sono inseriti, stabilendone molto spesso un nuovo ordine. Big box sono i data centres, le piattaforme della vendita on-line, i centri per il riciclaggio, etc.
Un tema, sottolinea Andrea Zanderigo, che abbiamo iniziato ad affrontare due anni fa alla Columbia University, poi a Mendrisio e Graz, nel prossimo futuro all’EPFL di Losanna. Edifici che l’architettura non può rinunciare ad affrontare, pena la rinuncia ad essere rilevanti nella produzione contemporanea di materia edilizia.
A seguire Kersten Geers presenta una serie di progetti sempre introdotti dalla chiave del doppio: coppie di progetti che in definitiva rappresentano lo stesso progetto.

Il primo doppio, sull’architettura come recinto, è introdotto da ‘Border Garden’, un concorso vinto in Messico nel 2005. Il confine tra Messico e Stati Uniti è occasione per costruire una terra di nessuno in un recinto costituito da un muro di 9 metri di altezza, in mezzo ad un bosco di palme trovano luogo i 2 padiglioni per il controllo dei passaporti e altri 2 per le rispettive amministrazioni tex/mex.
Il suo analogo è un progetto per la Fiera di Kortrijk, in cui si risolve la continuità degli spazi molto simili, con una griglia modulare d’acciaio, sia in pianta che alzato, alternativamente aperta o chiusa. Questa griglia diventa ordinatrice sia all’esterno che all’interno, elemento ordinatore dei diversi spazi che compongono la fiera. Un nuovo recinto che assicura l’unitarietà della composizione, anche in presenza di elementi stilisticamente e dimensionalmente differenti al suo interno.

Il secondo doppio è composto da 2 Ville, in cui si indaga la possibilità di fare architettura a partire da una stanza, come semplice sommatoria di stanze sempre uguali.
La prima, collocata nella periferia verde di Buggenhout, completata nel 2010, si sviluppa su due piani secondo le regole della patio-villa. La pianta a croce con scala centrale illuminata dall’alto predispone gli ambienti al piano terra alla completa apertura verso l’esterno, grazie a serramenti scorrevoli a tutta luce. Il piano alto è dedicato alle camere da letto e ai bagni. La casa è costituita da una serie di stanze tutte uguali, 9 al piano terra –di cui 4 stanze all’aperto-, con struttura in cemento armato, e 9 al primo piano, costruite invece in pannelli di legno a vista.
la seconda, una casa per i fine settimana a Merchtem, piccolo paese delle fiandre, completata nel 2012, si sviluppa su un infill per 400mq circa. La sequenza di 4 stanze -un giardino, una casa piscina, un cortile, un soggiorno- collegate da porte scorrevoli, oltre che un tetto di vetro anch’esso scorrevole, mirano alla flessibilità del loro uso. Anche in questo caso, le quattro stanze di cui si compone il progetto sono sostanzialmente uguali tra di loro, ciò che cambia è la presenza-assenza del tetto, la presenza dell’isolamento, la natura del suolo.

Il terzo doppio è un  progetto unico: un negozio di computer con annesso laboratorio per le riparazioni e appartamento situato a Tielt. L’edificio è composto da due elementi, un muro di mattoni che segue il perimetro del lotto e si alza a permettere l’ingresso e da una coppia di edifici identici, che si fronteggiano all’interno del lotto, costruiti in economia in acciaio, vetro e policarbonato.

Il quarto doppio è costituito dall’edificio degli uffici della Camera di Commercio delle Fiandre occidentali a Kortrijk e dalla scuola di agraria a Leuven: entrambi i progetti, con un programma e mezzi economici limitati, si fingono più grandiosi di quanto non siano. A Kortrijk, il fronte strada vetrato costituisce una sorta di cartellone pubblicitario di se stesso, mentre il fronte interno, più intimo, dove trova luogo l’ingresso, con il corpo interrato che contiene le aree living dell’edificio è parzialmente schermato da grigliati metallici. L’edificio cerca di apparire più grande di quanto non sia, mostrando su strada i due lati a tre piani del quadrato, fingendo di essere un grande edificio a corte. Similmente, all’ultimo piano, le facciate del locale impianti e della terrazza a cielo aperto vengono trattate come nei sottostanti piani per uffici. La costruzione è realizzata in cemento armato prefabbricato, con un sistema usato per i parcheggi multipiano e rivestito di lastre di vetro agganciate all’esterno della struttura. Unici elementi che spiccano all’interno dei piani liberi adibiti a uffici sono i blocchi scala in c.a. plasticamente colorati.
La scuola a Leuven persegue la medesima strategia volumetrica, accentrando il volume delle aule nel corpo parallelo alla strada. La palestra è interrata e sfrutta le variazioni altimetriche del sito, creando una sorta di belvedere come continuazione della galleria di ingresso. Anche qui la tecnologia utilizzata è di tipo  prefabbricato, e prevede la posa in opera di grandi pannelli di cemento variamente forati, a cercare di ottenere una finitura del faccia a vista altrimenti impossibile nella realtà del processo edilizio belga.

Il quinto doppio inizia con la Drying hall di Herselt, in corso di costruzione: è una grande sala/serra adibita a far asciugare le piante prima della loro spedizione, dalla volumetria distorta prospetticamente e composta da un tetto e da una pelle in pannelli metallici traforati, vera e propria big box.
Il progetto accoppiato a questo è un piccolo padiglione semi-permanente per la Biennale di Sharjah, negli Emirati, all’interno di un progetto complessivo a cui hanno partecipato anche Studio Mumbay e Kazuyo Sejima: completamente differente la dimensione dell’intervento, analoga la strategia. Il padiglione è costituito da un recinto in struttura trilitica metallica dipinta di bianco, tamponata da una rete metallica impalpabile, anch’essa dipinta di bianco, al cui interno prende forma un’oasi lussureggiante.

La presentazione dei progetti si conclude con una coppia di progetti quasi identici per due istituti di musica tradizionale nel Bahrain: entrambi i progetti prevedono il restauro di edifici esistenti -una palazzina degli anni trenta e una casa a corte più antica, trattate con la medesima dignità- e l’aggiunta di un semplice edificio a più piani, una sequenza verticale di stanze identiche tra loro. Il volume è poi rivestito con una sorta di velo metallico che sembra appeso in alto, a proteggere gli ambienti dall’insolazione, a nascondere gli impianti esterni e a creare una figura urbana riconoscibile.

Alla fine Andrea Zanderigo propone 3 semplici notazioni: la prima riflette sul fatto che l’architettura di Office è una pratica culturale estremamente sofisticata che risponde a bisogni elementari: non i bisogni dell’uomo primitivo nel falso mito di Laugier, bensì bisogni di ordine spaziale e architettonico, come recintare, escludere, rappresentare il valore, un nucleo tematico sicuramente più vicino a complexity and contradiction di Venturi, nonostante il minimalismo delle forme impiegate.
La seconda notazione riguarda l’ossessione per il doppio nelle soluzione per le aperture, nelle quali spesso aprire una porta rende impossibile la fruizione del varco adiacente, con un processo di esclusione.
La terza notazione è un lamento sulla pessima condizione della clientela per gli architetti in Italia, realtà nella quale pare impossibile perseguire un’architettura così radicale come quella di Office.

Kersten Geers riconosce che la mancanza di tradizione in Belgio, il fatto che fino a pochi anni fa la produzione architettonica fosse praticamente nulla, offre paradossalmente la possibilità all’architettura di essere realmente radicale. Inoltre il fatto che vi sia una cultura diffusa dell’arte contemporanea permette una chiave di accesso ad un certo tipo di universo formale altrimenti difficile da affermare.

A seguire, dal pubblico, Federico Tranfa sottolinea come l’architettura di Office offra una strategia promettente per ripensare il ruolo dell’architetto in una realtà come quella attuale, nella quale la forte riduzione degli investimenti in architettura riduce in maniera drastica le possibilità offerte alla pratica dell’architetto.

Aggiornamento a mercoledì 15 maggio con Pia Durisch e Aldo Nolli accompagnati da Giorgio Santagostino.

Francesco de Agostini
 

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