From 31.10.2012 to 07.11.2012
ll 5 e 6 Novembre si svolgerà a Milano un convegno in preparazione della conferenza annuale di Copenhagen di URBACT: ne abbiamo parlato con Antonio Borghi, esperto accreditato dal 2006
Il 5 e 6 novembre si terrà a Milano un seminario di due giorni organizzato nell’ambito di URBACT, un programma europeo di scambio e formazione che promuove lo sviluppo urbano sostenibile delle città. I lavori si svolgeranno a porte chiuse all’URBAN Center di Milano e nella sede dell'Ordine degli Architetti di Via Solferino 19 e saranno finalizzati alla preparazione della Conferenza internazionale di Copenhagen che si terrà il 3 e 4 Dicembre 2012, a cui è possibile invece partecipare. Ne abbiamo parlato con Antonio Borghi, architetto, già consigliere dell'Ordine degli Architetti di Milano e delegato per il CNAPPC al Consiglio Europeo degli Architetti, esperto accreditato URBACT dal 2006.
CV: Per cominciare ti chiederei di presentarci URBACT: quando nasce? con che scopi? da chi è stato voluto? chi vi partecipa?
AB: URBACT nasce alla fine degli anni ’90 in seguito alla stagione dei Programmi di Iniziativa Comunitaria URBAN per la riqualificazione di aree degradate nelle città europee. Il primo obiettivo era la costituzione di reti fra le città che avevano usufruito di quei finanziamenti per favorire lo scambio di esperienze e conoscenze. Promotori e destinatari di questo confronto erano gli amministratori pubblici e i tecnici delle strutture comunali. Nel corso degli incontri che si tenevano 3-4 volte l'anno, ogni città presentava il proprio caso studio condividendone con le altre i principi ispiratori, le procedure e i risultati finali, auspicando la cosiddetta "cross-fertilization". Nel 2007, con il termine del primo periodo di programmazione e l'avvio di URBACT II, si è voluto estendere la possibilità di partecipare alle reti a tutte le città europee, ma anche a enti amministrativi di più ampie dimensioni ( associazioni intercomunali, Province e più raramente Regioni) oltre che a università, enti di ricerca e associazioni attive nell’ambito delle politiche urbane.
Ad oggi URBACT ha dato la possibilità a 300 amministrazioni pubbliche da 29 paesi e oltre 5000 professionisti di intessere relazioni per accrescere le proprie competenze, conoscere buone pratiche, visitare di persona le aree di progetto, interrogarne gli attori principali. La maggior parte di questi scambi ha coinvolto le città di piccole e medie dimensioni, quelle che formano il tessuto urbano europeo e hanno spesso maggiori difficoltà ad accedere ai finanziamenti europei.
Dal programma del vostro seminario emerge la presenza di una notevole varietà di figure: tecnici, professionisti, ricercatori e funzionari pubblici legati all'amministrazione delle città e del territorio. La costituzione di questo tavolo di confronto interdisciplinare può essere visto come un contributo di URBACT per un'azione coordinata e armonizzata in Europa sui temi dello sviluppo urbano sostenibile?
Con il passaggio da URBACT a URBACT II le finalità del programma si sono estese e oggi l’obiettivo è quello di dare un contributo concreto all’elaborazione delle politiche di riqualificazione del territorio delle città europee tramite forme di dialogo strutturato tra tecnici, politici e professionisti. In pratica, oltre alle attività di cui sopra, ogni città è chiamata a creare un Gruppo di supporto locale (ULSG) che elabori una analisi dello stato di fatto e un Piano di azione locale (LAP) in sintonia con i principi di pianificazione locale e con gli obiettivi dell’agenda urbana europea. Mi pare importante ribadire che URBACT non promuove “ricette” universali e pronte all'uso, ma è molto utile nel mettere in contatto esperienze che hanno provato la loro efficacia, le cosiddette "buone pratiche" con città che nello stesso ambito hanno dei ritardi da colmare. La Conferenza annuale di Copenhagen riflette questa volontà, perché si discuteranno le prospettive future delle politiche urbane europee. I temi da cui partire sono stati identificati da un rapporto della DG Sviluppo Regionale della Commissione Europea intitolato “Cities of tomorrow – Challenges, visions, ways forward” pubblicato all'inizio di quest'anno. A discuterne con i delegati delle città europee ci saranno, tra gli altri il Commissario Johannes Hahn, il presidente dell'Intergruppo parlamentare questioni urbane Jan Olbrycht e da Milano il prof. Alessandro Balducci.
A Copenhagen tu sarai il responsabile del tavolo di lavoro sull'efficienza energetica nella città europea: puoi darci in breve una presentazione del tema? Quali sono le aspettative per l'incontro di Milano?
Per preparare i lavori della conferenza in primavera sono stati attivati 6 gruppi di lavoro coordinati da altrettanti esperti/facilitatori. Il nostro gruppo si occupa del tema dell'efficienza energetica a scala urbana e, dopo il primo incontro in luglio a Parigi, abbiamo attivato un blog (www.buildingenergyefficiency.wordpress.com), abbiamo scritto un articolo che verrà pubblicato in occasione della conferenza e impostato le due sessioni di workshop che si terranno durante la conferenza.
Stiamo trattando il tema dell'efficienza energetica in modo più ampio di quanto non si intenda comunemente: dalla scala dell'edificio a quella del quartiere, dalla dimensione privata alle politiche pubbliche, dalle politiche locali a quelle europee, tenendo sempre presente l'integrazione delle tre dimensioni delle questioni urbane: sociale, economica e ambientale. Per interventi efficaci su larga scala sono necessarie pratiche di governance e di incentivazione finanziaria che in varie realtà europee sono in avanzata fase di sperimentazione, come i cosiddetti Energy Performance Contracts. In quest'ottica diventa cruciale non solo un discorso su materiali e tecnologie costruttive, ma anche un focus sull'intero ciclo dell'energia - dalla produzione, alla distribuzione, al consumo.
Il nostro seminario è finalizzato all'approfondimento di questi temi e al confronto tra città aderenti alle reti con altre figure tecniche e politiche. A Milano, ad esempio, ci confronteremo con il Cecodhas – la federazione europea di housing pubblico, cooperativo e sociale-, con i programmi europei INTERACT e MED e con un progetto promosso dal programma Intelligent Energy Europe.
Qual'è l'apporto italiano in Urbact?
La cooperazione internazionale è un lavoro di lungo periodo, che non dà frutti immediati, ma le città italiane che vi hanno investito con criterio nei decenni scorsi, vedi Torino, Genova e Napoli, ne ha tratto grandi benefici, sia in termini di finanziamenti, che in termini di reputazione internazionale e professionalità di tecnici e funzionari.
In genere, la volontà di partecipare a questi progetti europei è sempre espressione di una volontà politica a livello locale, ma ha anche bisogno di una promozione e sostegno a livello centrale. Se da un lato le realtà comunali hanno dimostrato grande attenzione a questo progetto fin dalla sua nascita (l’Italia detiene il primato europeo di città partecipanti alle reti URBACT), i vari governi che si sono succeduti negli ultimi 10 anni hanno avuto approcci diversi e contrastanti. L'Italia è l’unico paese nel quale il Ministero competente ha istituito un fondo che rifonde ai Comuni la loro quota di co-finanziamento per partecipare alle reti, d'altra parte lo scorso governo aveva praticamente disertato tutte le sedute dei comitati di monitoraggio ed elaborazione delle politiche urbane. Negli ultimi mesi ci sono stati segnali di un rinnovato impegno.
L'Europa ha affrontato e sta ancora affrontando una delle sue crisi più profonde dalla nascita dell'Unione: tra le altre cose si parla di tagliare fondi ad alcune iniziative volte allo scambio, all'integrazione e alla conoscenza reciproca, quali i vari programmi relativi alla formazione universitaria e professionale (Erasmus, Leonardo). Mi pare di poter dire che URBACT costituisce un altro tassello in questo percorso di integrazione.
Sono perfettamente d’accordo. Programmi quali URBACT hanno un impatto economico molto contenuto sul bilancio europeo (si parla di 69 milioni di euro per il periodo 2007-2013, con finanziamenti massimi di 700mila euro per una rete che lavora circa 30 mesi), a fronte di un impatto molto profondo sulle realtà amministrative delle città europee e sui loro tecnici. Il budget dell’UE nello stesso periodo è stato fissato a 929 miliardi, di cui circa 350 per i fondi strutturali. Per questo credo che questo tipo di programmi debbano essere mantenuti e rafforzati.