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Viaggio in una Milano che cambia

From 19.05.2012 to 19.06.2012

Giovedì 17 maggio presentazione del libro di Salvatore Carrubba "il cuore in mano". Con l'autore presenti Giangiacomo Schiavi, vicedirettore del Corriere e Maurizio De Caro

Pubblichiamo la ripresa video realizzata da www.blogdo.it

 
La presentazione del libro di Salvatore Carrubba è occasione per il consigliere Maurizio De Caro di ospitare presso la nostra sede di via Solferino, come da lui definiti, due dei più importanti giornalisti viventi: Gian Giacomo Schiavi, vice direttore del Corriere della Sera, e l’autore medesimo, già direttore del Sole 24 ore, oggi presidente dell’Accademia di Brera e Vicepresidente dello IULM. Come Assessore alla cultura, dal 1997 al 2005, al suo cospetto l’allora Sindaco Albertini diceva di sentirsi come “un chierico che ha  a che fare con il Papa”.
Come suo solito De Caro propone per questa presentazione un serrato dibattito incrociato con i due ospiti, attraverso sue puntuali sollecitazioni. Per questo lo tentiamo di riproporre sotto forma di dialogo.
Dell’autore suggerisce di non farsi confondere dalle apparenze, poichè sotto la grisaglia batte un cuore rivoluzionario anche se gentile. E definisce il libro un atto d’amore verso la sua città di elezione.

Maurizio De Caro: Un libro in cui si trova politica urbanistica e soprattutto critica ad una certa borghesia, di cui Gadda era maestro, cui Carrubba guarda con occhio critico e insieme benevolo. Un viaggio nella Milano che cambia ma non lo sa: perchè?

Salvatore Carrubba: si propone uno sguardo eccentrico sulla città, che permette di vedere risorse sconosciute. Uno sguardo da entomologo che si muove oltre le mura spagnole alla ricerca della città viva di questa ‘metropoli tascabile’ – ricorda come Milano abbia una superficie comunale inferiore a quella di Parma, ma sembrando dimenticare che difficilmente la si può concepire come organismo finito entro i suoi confini amministrativi.
Una città, dice, che può cambiare attraverso un metodo dialettico e non necessariamente legato alla politica.

M.DeC.: a Schiavi chiede cosa lo abbia colpito del libro, in cui si parla di Milano come leader svogliata, che non si sa raccontare.


Giangiacomo Schiavi cita direttamente dal libro: “Milano si presenta tra un passato che rinnega e un futuro che non capisce”. Assediati come siamo dalle grandi e drammatiche necessità del presente, tendiamo a scacciare i sogni. A fasi alterne, Milano ha dato il progetto al paese intero. Ma quando questo non succede, appare lumacona. Questo libro cade in un momento importante, in cui si manifesta diffuso un bisogno di spazi per la cultura, denunciando l’inadeguatezza delle risorse.
Nel privato allora si può e si deve ritrovare la passione, ma dall’Amministrazione Comunale e dai suoi rappresentanti deve venire la regia, sapiente e coraggiosa: il privato ha bisogno di vedere tracciata una rotta, come fecero Strehler e Grassi con la ricostruzione, sfondando le porte di quello che diventerà il Piccolo Teatro. Non servono rimpianti, la città non è morta, e più che nei grandi eventi – Expo, Garibaldi Repubblica, Citylife etc - si deve andare fuori per le strade a trovare risposte.
Bene dunque smontare i luoghi comuni sulle periferie: quartieri come Quarto Oggiaro, Stadera, Ponte Lambro hanno del positivo, che va però assecondato attraverso azioni di demolizione e ricostruzione.
Carrubba assessore fece un'opera di maquillage urbano molto efficace attraverso le biblioteche di quartiere, da cui si intendeva far rinascere la vitalità locale.
Questo libro è un viaggio, che aiuta il racconto: come vuole un vecchio adagio del New York Times: “nessun problema senza storia. Nessuna storia senza una faccia”. Le persone che si incontrano nel libro, non necessariamente note,  mettono il cuore nelle cose che fanno. Un libro che potrebbe essere una buona piccola guida per la giunta, che deve imparare a mettersi  in ascolto.

Dal blog giungono alcune domande di chi segue la conferenza in streaming. Si chiede: non è una città per vecchi – citando Cormac McCarthy?

S.C.: il primo capitolo è il resoconto di un incontro al Collegio Ambrosiano con giovani ospiti studenti, da cui si coglie un giudizio positivo della città. attrarre i giovani è necessario, ma cosa si fa per farlo?

M.DeC. : fu Carrubba a reintrodurre la stagione dei concorsi internazionali a Milano: città delle culture, museo del novecento, Beic. Ma anche la riorganizzazione dei musei del Castello Sforzesco.
Oggi le vicende di Expo dimostrano come sia cambiata sia la politica che la cultura, una sorta di affare privato. Che radiografia fa a un anno di insediamento di questa giunta comunale?

S.C.: Albertini fece subito cose grosse: il conflitto coi Vigili Urbani, la cancellata di piazzale Vetra. Questa giunta invece ha invece subito gravato fiscalmente, ha chiuso al traffico il centro, cose, dice, sicuramente meno popolari e meno significative, per quanto Pisapia gli sia personalmente simpatico.

M.DeC: nel penultimo capitolo del libro si racconta l’incontro con un marziano particolare, il nipote del marziano Kunt, che ne 1960 conquistava Roma attraverso la penna di Ennio Flaiano, che scriveva: arrivando in ogni città si coglie una promessa. Ma Carrubba a Milano non sembra vederne: è così?

GG.S.: La città dei treni che passano e vanno presi al volo; la città –citando Salvemini- dove accade oggi ciò che nel paese accadrà domani: quella città forse non esiste più. Oggi non sempre sa dare ciò che promette.  Il centro non è da isolare ma trasformare, bisogna ispirarsi all’isola dei musei di Berlino, creare un tour museale attrattivo, la grande Brera, mettere in rete i Musei della Scienza e di Storia Naturale, rilanciare gli spazi urbani che sottendono queste istituzioni.

M.DeC.: sottolinea due passaggi del libro, che riguardano il parcheggio di S.Ambrogio, definito una offesa alla sacralità, e il pieno no al museo di arte contemporanea, per cui non vi sono risorse e piuttosto va fatto riemergere il grande patrimonio che sono le gallerie private, che negli anni ’50 dettavano la linea culturale al mondo.

S.C.: si discosta da quanto sostenuto da Schiavi: non è la politica a dare la rotta. È alla società civile che ci si deve appellare per riprendere le fila. La faccia nascosta della passione è la responsabilità. E sono i giovani che devono metterci la faccia.

Dal blog un’altra domanda: Milano è grigia o colorata? O è un camaleonte?

GG. S. ruba le parole a Vecchioni, dicendo che a saper guardare i colori ci sono. È necessario che gli amministratori assecondino i desideri locali. A Ponte Lambro da anni chiedono di demolire uno dei mostri rimasti incompiuti dei mondiali ’90. Si era proposto di riutilizzarlo per costruire un residence al servizio dell’oncologico, oppure un campo sportivo. Ma è ancora li, oramai inutilizzabile.

M.De C.: il filmato per la candidatura ad Expo di Milano chiudeva parlando della città di Leonardo. Quello di Smirne invece mostrava il tuffo di una ragazza nel Mediterraneo: una immagine a suo dire eloquente di come la cognizione del passato ci ha impedito di guardare al futuro con altrettanta energia.

GG. S.: i primi 100 metri di viale Padova sono i colori del mondo, Piero Bassetti va li per sentirsi in una città internazionale.

S.C.: Bisogna ritornare alla politica come servizio, al dialogo tra le diverse anime della città, illuminista, cattolica, riformista e borghese. Questa è la vocazione di Milano, quando la politica assume un ruolo, appunto, di servizio. Ma è anche una città invecchiata, è necessario aprire ai giovani.

M.DeC.: nell’arcipelago di periferie descritto nel libro si incontrano vari personaggi. Come ad esempio un prete che vuole fare una una scuola di formazione politica.

S.C.: alcuni esempi citati dal libro servono sia in negativo che in positivo. Quando la Scala passò in Bicocca per due anni, molti disdirono l’abbonamento: un atteggiamento eloquente della miopia borghese. Come Expo che rifiutò la sede a villa Scheibler a Quarto Oggiaro. Oppure, appunto, il parroco di viale Padova che si offende a sentir parlare della sua zona come il peggio della città.  

GG S.: a Milano manca una nuova narrazione, che non è più alla ‘Cerutti Gino’, ma che racconti i luoghi straordinari. La città dovrebbe vivere di più, forse le manca un Festival del libro o del cinema o della letteratura. Vediamo con Expo se nasce qualcosa.

S.C.: non ha certo bisogno di MITO, che serve a Torino, ma non a Milano: abbiamo 5 orchestre da gratificare. Macao (gli occupanti della Torre Galfa ndr) insegna che c’è bisogno di servizi, dove svolgere attività di impresa.

M.De C.: quali priorità oggi?

S.C.: la qualità del lavoro: senza di questa crolla il mito milanese.

GG.S.: sottoscrivo.  Il lavoro a Milano è etica, giustizia sociale, welfare.

Interviene dal pubblico Edo Zanaboni: i magliari devono andare a casa. L’ultimo vero programma per la città è la Sforzinda del Filarete. La perequazione è dei magliari. Dobbiamo reagire, ritrovare il giusto equilibrio tra idealismo e individualismo. E poi già Tucidide lo aveva capito che il problema è nell’arricchimento. Amen.

Dal pubblico: ma dopo questo coro nostalgico, alla conclusione del libro c’è la proposta di un progetto?

M.DeC.: ma noi abbiamo stigmatizzato ogni visione nostalgica..

S.C.: il progetto sta, come detto, nel ricreare il rapporto  virtuoso città/politica, una articolazione necessaria che si è rotta. Che ieri era fatta dai club, dai circoli, dove sussisteva un cortocircuito con la politica. Fino a venti anni fa la vocazione c’era.

Dal pubblico: l’architettura è fatta dalla civiltà e non viceversa.

GG.S.: bisogna indicare la via: l’amministrazione Comunale può farlo nella cultura. La vivacità del salone del mobile o della moda, una politica forte, sono un buon riferimento. Ma non bastano.

Allora sono il sistema integrato di musei, ristoranti librerie –le biblioteche di quartiere chiudono la sera: ma perchè?

De Caro invita allora il sindaco di Arcore, Rosalba Colombo, ad intervenire come interlocutrice rappresentante degli amministratori evocati. La quale stupisce per la mancanza di politici alla serata, che considera sarebbe stata utile proprio per loro. La politica, ricorda, ha la grande responsabilità di avere i sensori per cogliere le tensioni sociali per trasformare adeguatamente i luoghi che lo richiedono. Arcore non è milano, ma gli argomenti serviranno anche a lei per gli incontri pubblici dedicati al PGT cittadino.

La discussione prosegue in corte con un piccolo rinfresco offerto dalla casa, come consuetudine.

Francesco de Agostini

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