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Dal progetto al processo

From 18.01.2012 to 18.02.2012

Quali competenze manageriali per la professione dell’architetto per affrontare la crescita? Se ne è discusso il 18 gennaio qui all'Ordine

Architetto e Manager: binomio possibile?

Quali competenze manageriali per la professione dell’architetto per affrontare la crescita? Dal progetto al processo.


La serata organizzata dalla nostra Fondazione con il supporto della SDA Bocconi School of Management ha permesso di ragionare sul mestiere dall'architetto da un punto di vista inedito, incentrato sulle capacità di gestione del lavoro a tutto tondo, ponendo particolare attenzione su quelle competenze e problematiche di fronte alle quali il professionista contemporaneo è tenuto a riflettere. Il dibattito, moderato dal nostro consigliere segretario Valeria Bottelli, ha visto l’esperienza accademica di Leonardo Caporarello e Beatrice Manzoni di SDA Bocconi a confronto con le esperienze dirette di manager-architetti impegnati in diversi ruoli: Franco Guidi, CEO di Lombardini22, Federico Barbero, architetto titolare di WIP Architetti srl e Alessandro Gattara, giovane architetto parmigiano, libero professionista. La serata prosegue la collaborazione tra il nostro Ordine e la SDA Bocconi inaugurata lo scorso anno con il ciclo di serate “Architettura e Management” tenuto presso la Scuola di Direzione Aziendale dell’ateneo milanese, che ripartirà il prossimo febbraio, con una nuova edizione: nove workshop su logiche, metodologie e strumenti di management applicati all’architettura, basati su casi reali di studi di architettura nazionali e internazionali.

Valeria Bottelli introduce il dibattito individuando le motivazioni che hanno spinto l'Ordine a riflettere sul tema, prima fra tutte la condizione della professione in un contesto fragile come quello attuale. Lo scenario si fa ancora più complicato se si pensa che l’Italia è il paese degli architetti. Con 1 professionista ogni 470 abitanti, ha il tasso più elevato d’Europa, e in Lombardia la densità è ancora più alta, con 1 architetto ogni 380 abitanti, contro la media mondiale di 1 architetto ogni 3.757 abitanti. La recente indagine sulla professione condotta dal CNA e dal Cresme descrive questo periodo come la peggior crisi mai attraversata.

Gli strumenti offerti dalla formazione universitaria spesso non sono sufficienti per affrontare responsabilmente la pratica, basti pensare agli imprescindibili aspetti organizzativi, finanziari e legali, poco presenti o assenti nelle offerte formative degli atenei di architettura. Gli ostacoli che si presentano a un giovane laureato sono molteplici e costantemente mutevoli; a mancare è spesso una prospettiva generale che sappia strutturare il lavoro, inteso come sistema di attività differenti ma complementari. Quale momento migliore per investire se non durante una crisi, periodo di difficoltà ma allo stesso tempo - come la storia insegna – di grande fermento e inventiva per sperimentare nuove pratiche?

Se oggi il progetto costituisce la centralità del lavoro del professionista, la sfida è invece spostare l'attenzione sull'intero processo. La condizione dell'architetto oggi è soggetta a continue trasformazioni. La sproporzione tra domanda e offerta sottopone la categoria a una concorrenza elevatissima ed è quindi quanto mai necessario dotarsi degli strumenti utili al raggiungimento degli obiettivi di qualità e di sostenibilità economica.

La parola passa a Leonardo Caporarello e Beatrice Manzoni della SDA Bocconi, che partono da due principi di base: crescita e sviluppo. Caporarello sottolinea l'importanza del concetto di sviluppo, da intendersi come fenomeno durevole nel tempo: la costruzione di un piano organico di lavoro - non utopico ma realizzabile - consente di compiere azioni ed esperienze che siano collegate fra loro all'interno di un'idea comune.

Beatrice Manzoni sottolinea invece il paradosso – nell’accezione positiva organizzativa e manageriale – del mestiere dell'architetto, che si muove in un ambito ricco di tensioni antitetiche ma interdipendenti: l'individualità e il team, la collaborazione e la competizione, la routine dei processi e la flessibilità della creatività, il vecchio e il nuovo. Paradossi che, se ben gestiti, possono invece creare un terreno fertile per nuove idee. Ancora: come sopravvivere nel breve ma allo stesso tempo costruire una reputazione nel lungo termine? Come mediare fra le richieste e i limiti della committenza per ritagliarsi comunque spazi di sperimentazione? Oppure: come conciliare eterogeneità e coesione del team? Come incoraggiare la passione dei singoli ponendo regole e procedure condivisibili dal team? Per tutto ciò servono competenze manageriali, a livello sia organizzativo, sia individuale. A livello individuale un questionario di autovalutazione delle competenze manageriali permette di misurarsi su sei macro aree di competenze: comunicazione, pianificazione/gestione, teamwork, azione strategica, multiculturalità, gestione di sé.

Dopo questo contributo teorico e la raffica di domande che ancora ronzano nella mente dei molti intervenuti all'incontro, è la volta di Franco Guidi, CEO di Lombardini22, società di architettura e ingegneria milanese di un'ottantina di professionisti, nella quale egli svolge il ruolo di amministratore delegato. 
L'imprinting del gruppo emerge già dal nome: Lombardini 22 è l'indirizzo degli uffici, non è la solita sigla composta dalle iniziali dei partner, e simboleggia un team di professionisti legati da un obiettivo comune, non sotto l'egida di un'archistar. Guidi, da buon bocconiano, gestisce lo studio come un'azienda a tutti gli effetti, dove le attività di recruitment e di coaching assumono un peso importante. “Il mio ruolo non è simpatico - continua Guidi - Gli architetti hanno una tale passione, che paradossalmente lavorerebbero anche gratis. Io devo bloccarli fino a quando la commessa non ha un numero di job cui allocare le ore, un contratto firmato, un acconto in banca.... Se poi per un caso la consegna del progetto viene posticipata, anche se ormai gli elaborati sono pronti, i miei team continuano a lavorarci su, a perfezionare, a ripensare. Perché per un architetto un progetto non è mai finito.... E la redditività di quel job???!!.... “

Nella realtà, poi, sembra che il nutrito team di architetti di Lombardini22 sia piuttosto soddisfatto del clima e della qualità del lavoro. Guidi, che svolge attività di recruitment personalmente e continuativamente, anche in assenza di una reale esigenza di staff, evidenzia l'importanza della presenza in studio per almeno tre anni, periodo necessario per comprendere ed applicare metodologia e strumenti acquisiti.

Dal contributo di Federico Barbero, titolare di WIP Architetti, studio milanese di venticinque persone guidato da quattro architetti, emerge l'importanza della multidisciplinarietà continuamente richiesta al professionista. Nel momento in cui lo studio cresce, alle competenze progettuali occorre sempre più affiancare le complessità dell'attività di un manager.

L'ultimo punto di vista proviene da Alessandro Gattara, giovane architetto avviato di recente alla professione. La sua auto-presentazione, frutto delle riflessioni emerse dal workshop frequentato in Bocconi l'anno scorso, gli hanno permesso di costruire un diagramma, individuando pesi e contrappesi tra interessi e rapporti di lavoro. Dando una forma alle varie attività, ha mostrato implicitamente una linea di sviluppo verso il futuro, partendo dai 19 metri quadri in cui oggi lavora.

A chiusura del dibattito Valeria Bottelli sottolinea l'importanza che deve assumere la qualità, e soprattutto come perseguirla, sia per quanto riguarda la parte progettuale, che quella processuale. Gli interventi degli architetti presenti hanno messo in luce i problemi intorno alla strutturazione del lavoro, sempre sospeso tra gestione delle commesse, progettazione e organizzazione del team. L'architetto manager è da intendersi quindi come una figura a tutto tondo? Potremmo quindi provocatoriamente aggiungere management alla triade vitruviana firmitas, utilitas e venustas?

Manuele Salvetti

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