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Progetti inaspettati

From 14.11.2011 to 15.12.2011

Diversi modi di intendere e progettare il paesaggio hanno trovato spazio in una serata tenutasi all'Ordine giovedì 10 Novembre

Diversi modi di intendere e progettare il paesaggio hanno trovato spazio in una serata tenutasi all'Ordine giovedì 10 Novembre. Protagonisti spazi insospettati in aree pubbliche o private: cortili, ingressi, muri, terrazzi, angoli bui, facciate condominiali e altri inattesi ambienti sottoutilizzati.

Franco Raggi propone, come incipit alla serata, una breve presentazione dei tre protagonisti chiamati a dipingere un'idea di paesaggio assai diversa tra loro.
Emanuele Bortolotti propone la rivisitazione verde di spazi spesso dimenticati: dai solai di grandi superfici ai cavedi di risulta all'interno dei palazzi. Francesca Neonato, invece, interpreta il verde in chiave sociologica e antropologica, un verde etico e sociale che arresti il dilagare delle catastrofiche aiole. Alessandro Rocca, infine, offre la possibilità di ripensare all'architettura in chiave paesaggistica.
Tre punti di vista decisamente diversi che possono comporre un panorama variegato e interessante.
Queste, in sintesi, le poche parole della conferenza. Da ora in poi le immagini prevalgono.
Bortolotti parte in quarta con una carrellata di progetti. Poiché le foto sono molto chiare, consiglio di scaricare la presentazione e di scoprire i progetti con le immagini. La prima parte tratta i luoghi da trasformare nella città. Tetti piani lasciati al grezzo con distese di impermeabilizzante diventano camminamenti tra cespugli e erbacee. Due piccoli cortili di palazzi attigui si uniscono e si trasformano in un unico spazio con gazebo, parcheggio bici e luoghi di sosta.
Il secondo tema si incentra invece sulla vita attorno a un cuore verde. Ecco che il cavedio di un palazzo per uffici a Roma si anima di piante a cascata, grazie alla metamorfosi verde degli elementi costruttivi: dalle travi alle pareti. Un appartamento all'ultimo piano, invece, vede nascere un patio interno attorno al quale si distribuisce tutta la planimetria, con i giochi di luce e vita che solo la natura riesce a portare.
Il terzo argomento tratta infine i paesaggi sospesi, laddove per esemio un appartamento al primo piano si “impossessa” della copertura di un silos per auto posto dirimpetto e, grazie a una passerella, si espande sul tetto che Bortolotti trasforma in una specie di valle dell'Eden, con gazebo, alberi e cascate d'acqua.
Il tempo incalza e la parola passa a Francesca Neonato, che, prima di cominciare i suoi argomenti, si complimenta con Bortolotti per la sapienza del suo operato. Questi prati verdi, alberi in fiore e cavedi animati da distese in fiore sono frutto di una sapienza finissima e di una profonda conoscenza botanica.
La conferenza dell'agronomo parte dalla relazione tra uomo e natura con una citazione: “La nostra società è ‘disconnessa dalla natura’: da questo nasce un senso di continuo desiderio di beni materiali.  Per poterlo esaudire, si sviluppano dipendenze a tali beni”. La natura è innanzitutto un regolatore ecosistemico e fonte di nutrimento. Ecco perché in tempo di guerra ovunque nascono orti spontanei. Ed ecco perché a livello ancestrale, l'uomo, cacciatore e preda, vive nella natura che gli offre nutrimento e di cui impara a conoscere qualsiasi minima variazione. Ancora oggi il verde è il colore che l'uomo vede con maggior chiarezza.
Parte a questo punto una ricca carrellata di progetti che si possono seguire bene scorrendo la presentazione: Orti spontanei a Bollate, gli Healing Gardens Hospice il Tulipano, il Meanwhile Wildlife Garden_Londra, Il giardino dei colori e dei profumi_Mirandola (MO) e il progetto di Cascina Cappuccina.
Questi esempi fanno tutti parte della progettazione di un giardino terapeutico, che facilitano  il processo di guarigione del malato, diminuendo lo stress di parenti e personale medico.
Per Francesca Neonato il verde pubblico deve agevolare l’adozione di un luogo da parte di una comunità, trasformarlo grazie al contributo di una rete formata da diversi attori sociali, dai Guerrilla Gardeners ai florovivaisti.
Orti spontanei, cascine sociali, giardini terapeutici, giardini condivisi e percorsi esperienziali tracciano una rete che produce segni visibili nel paesaggio urbano, ne addolcisce i contorni, anima gli spazi residuali, semina fiori e ortaggi nelle crepe cittadine, elargisce bellezza, benessere e coesione sociale.
La parola passa infine ad Alessandro Rocca la cui tesi si basa sulla capacità dello spazio costruito di divenire paesaggio. Illustri gli esempi: il German Pavilion a Barcelona di Ludwig Mies van Der Rohe, l'Unité d’habitation di Le Corbusier, il Salk Institute a La Jolla di Louis Kahn sono spazi pubblici o semipubblici che, senza alcun uso di verde, creano un paesaggio che esalta la natura.
Passiamo alla High Line di New York. Qui Diller & Scofidio + Renfro e Piet Oudolf hanno saputo reinventare una logica sociale dallo squallore di una linea ferroviaria in disuso, mediante il semplice ma sapiente uso di erbacee semi spontanee e sedute poste in punti strategici.
Altri esempi molto calzanti sono due Serpentine Gallery Pavilion disegnati da Kazuyo Sejima e Peter Zumthor di recente. Il primo definisce il paesaggio mediante il solo uso di una pensilina di acciaio lucido a forma sinuosa. La tettoia, le curvature, i riflessi creano un sopra e un sotto, un davanti e un dietro, una protezione e un confine.
Il secondo è una scatola nera con un giardino semi spontaneo all'interno. Questo contenitore stupisce dall'esterno e sorprende all'interno, principalmente per il contrasto tra la rigidità della forma costruita e la spontaneità della natura.
Rocca termina con un ultimo esempio, forse ancor più esasperato, per convincere quanto l'architettura possa essere essa stessa paesaggio. Il Rolex centre di Kazuyo Sejima a Losanna. Un padiglione tutto curve in cui gli edifici creano lo skyline di colline e le linee rette sono bandite.
Applausi.

 

Susanna Conte


 

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