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Settimana del 22 Settembre

Dal 30.09.2008 al 02.10.2008

Rassegna stampa dei principali quotidiani nazionali e del sito Archiworld, relativa agli articoli di interesse per Milano e Provincia

La denuncia Il verbale dell' incontro tra gli assessori. I Verdi: è una vergogna. Legambiente: pochi gli spazi per le biciclette
Comune diviso, niente piste ciclabili in centro
«Tolgono posti auto». Bloccato il tratto Duomo-Porta Nuova, a rischio 6 percorsi il «congelamento» delle piste ciclabili arriva proprio nel giorno in cui si festeggia la «giornata libera dalle auto»

Piste ciclabili a rischio. Quelle del centro storico. Bloccato, fino a nuovo ordine, il tratto che va dal Duomo a Porta Nuova. Sotto esame altre sei piste: Duomo-Porta Monforte, Duomo-Porta Romana, Duomo-Porta Ticinese, Castello Porta Ticinese, Duomo-Porta Sempione. Tutte in fase progettuale avanzata e soprattutto, finanziate. Il motivo? La creazione di piste ciclabili sottrae posti alle auto in sosta. La denuncia arriva dal Verde, Enrico Fedrighini e trova supporto in un verbale di una riunione di pochi giorni fa a Palazzo Marino. «Dopo una breve presentazione da parte dell'assessore Bruno Simini - scrive il verbalizzante - circa il tracciato del progetto definitivo relativo all' itinerario ciclabile Duomo-Porta Nuova, gli assessori e i loro delegati hanno deciso che le attività progettuali resteranno definitivamente sospese fino a nuova convocazione... Tale ripercussione potrebbe ripercuotersi sulle conclusione del progetto entro i tempi utili per il finanziamento mediante il mutuo di fine ottobre». Altrimenti detto: lo stop rischia di far perdere il finanziamento. Adesso, si aspetta la nuova convocazione da parte dell'assessore Edoardo Croci. I tempi sono ristrettissimi. Ma a sorprendere «politicamente» sono le motivazioni per cui si è arrivati al «congelamento» di progetti inseriti come prioritari nel piano delle opere, approvati dall'aula e in una fase molto avanzata di progettazione. «Le criticità ad oggi irrisolte - continua il verbalizzante - sono: la volontà politica di pedonalizzare via Brera e l'opportunità di eliminare parcheggi in via Verdi a favore della pista ciclabile». «Lasciamo da parte la volontà politica su via Brera - attacca Fedrighini - il vero scandalo è che si decida di cambiare rotta rispetto al programma elettorale della Moratti sulla mobilità sostenibile solo perché si vanno a togliere i parcheggi alle auto. È bene che i milanesi sappiano che il partito delle auto sta tornando alla grande. Lo ha fatto riaprendo la vicenda dei parcheggi bocciati e lo sta rifacendo con lo stop alle piste ciclabili. Alla faccia del Pm 10 e dell'inquinamento». Fedrighini chiede un intervento diretto della Moratti: «Il sindaco deve dire da che parte sta». E se per Duomo-Porta Nuova si è arrivati a uno stop formale, per le altre tratte prossime al bando di gara, la situazione è grigia: «Da ultimo - conclude il verbalizzante della riunione - si è registrata la necessità di valutare da parte degli assessori l' eventuale sospensione delle gare di prossima pubblicazione circa la progettazione degli altri percorsi ciclabili che inevitabilmente sopprimeranno posti auto nelle vie attraversate». L' elenco è quello citato prima. Per quasi tutte le nuove corsie si è arrivati al progetto definitivo, ossia, lo step precedente al bando di gara. Ironia del destino, il «congelamento» delle piste ciclabili arriva proprio nel giorno in cui nel mondo si festeggia la «giornata libera dalle auto» e Legambiente stila la classifica «ecologica» delle città lombarde. Milano guadagna posti. Quarta in classifica. Il motivo del balzo in avanti? Essenzialmente per Ecopass. «Anche se - fa notare Damiano Di Simine, presidente di Legambiente Lombardia - spazi e servizi per i ciclisti sono ancora insoddisfacenti, come testimonia il dato di 1,6 metri quadrati per abitante di corsie ciclabili». Anche perché l' uso delle due ruote riguarda un milanese su dieci. E ogni giorno in città si contano oltre 132 mila spostamenti in bici e almeno 20 mila milanesi utilizzano le due ruote per lavoro e 4000 per studio. Non solo: secondo i dati elaborati dall' Atm e dall' Agenzia per la Mobilità il 10 per cento degli ingressi in centro avviene in bicicletta. Proprio quel centro storico che adesso sembra dire no alle due ruote.
Giannattasio Maurizio
Pagina 3
(22 settembre 2008) - Corriere della Sera

 

La polemica sul Duomo buio 'Le luci ci sono, basta accenderle'
Da sotto, da sopra, di lato, naturali o molto scenografiche, che esaltano particolari e proporzioni o si limitano a illuminare con semplicità. Luci sulla città, il dibattito è sempre aperto. Soprattutto se ad essere rischiarati di notte sono i monumenti più significativi di Milano. Il Duomo, per esempio, bollato dal sindaco Moratti come poco illuminato, giudizio che ha dato la stura a opinioni varie su quel che dovrebbe essere e non è, su quel che si poteva fare ma non è stato fatto. Non ci sta a sentirselo dire Cinzia Ferrara, light designer, presidente di Apil, l'Associazione dei professionisti dell'illuminazione. Il suo studio era stato incaricato nel 1999 (dall'Aem, Comune e Fabbrica del Duomo) proprio della progettazione di quella illuminazione oggi così contestata. E ci tiene a mettere i puntini sulle i, l' architetto: la Sovrintendenza dà regole precise e pone paletti anche sull'illuminazione dei monumenti. E poi il Duomo, a dirla tutta, le luci che ha (e ne ha) le accende poco. O quasi per nulla. Non c' è da lamentarsi, quindi, se l' effetto è per niente entusiasmante. L' interruttore lo aziona la Fabbrica del Duomo, che paga anche tre quarti di bolletta, il resto è a carico dell'amministrazione comunale. Ma l' illuminazione piena s' è vista solo poche volte. E adesso che la cattedrale è sotto la pressione di lavori infiniti, non ne parliamo. Neppure la manutenzione è stata mai fatta su quell'impianto, spiega l'architetto, il cui studio lavora anche con Pinault e l'archistar Tadao Ando, prima per Palazzo Grassi e ora per il museo di Arte contemporanea di Punta della Dogana a Venezia. «Il problema fondamentale, che molti dimenticano, è che in teoria si possono fare tante cose - racconta - ma in pratica in Italia quando si ha a che fare con edifici vincolati, come in questo caso, le possibilità e le libertà espressive anche con la luce sono moderate. Le Sovrintendenze danno alcuni orientamenti e non accetterebbero mai per esempio, soluzioni di luci dal basso verso l' alto, che illuminano la cattedrale con faretti incassati a terra. Il concetto è che non bisogna intervenire sulla struttura del monumento e che si deve illuminare simulando la luce del giorno. In maniera morbida, il più possibile uniforme, evitando contrasti di chiari-scuri molto forti ed effetti scenografici, spettacolari». Per questo si scelse, nel 1999, un progetto accurato che ebbe a suo tempo anche i complimenti del cardinale Carlo Maria Martini. Livelli di luce moderati, illuminazione sulla facciata che partiva dai palazzi intorno alla cattedrale. E poi le guglie, enfatizzando statue, fregi e rilievi riutilizzando i punti dove in tempi passati erano stati sistemati i proiettori, sempre nell'ottica di intervenire il meno possibile sulla struttura. Tutto molto soft, però l'effetto c'era. «Il vero problema è che la Fabbrica del Duomo il complesso di luci non lo accende praticamente mai, per questo non si vede nulla - aggiunge Cinzia Ferrara - Illuminata completamente, io la basilica l' ho vista solo pochissime volte». In più è mancata la manutenzione e i lavori sul Duomo, protratti nel tempo, non hanno certo aiutato. «Oggi la sensibilità percettiva e le condizioni intorno al problema luce si sono modificate, le opinioni sono diverse e le possibilità espressive sono più ampie del passato, per cui il progetto può essere anche affrontato in un altro modo». Come? «Aumentando la quantità di luce e arricchendo il tutto con alcune letture interpretative più chiare del monumento. Non si deve certo eccedere nell'effetto spettacolare, che sarebbe fuori luogo in quel contesto, ma qualche punta più briosa, per esempio nella facciata, io gliela darei, senza arrivare a proporre contrasti troppo violenti. Con la luce farei risaltare alcune caratteristiche tipiche di quell'architettura, la scansione fra le parti verticali che si alternano a parti cieche e ad altre più scavate».
ANNA CIRILLO
La Repubblica
23-09-08, pagina 9 sezione MILANO    

 

Le promesse tradite del maxi-dossier
Il treno-Expo doveva partire a giugno. Ma in mancanza della locomotiva, cioè la società (Soge) che dovrà gestire quattro miliardi di appalti e cantieri, non si è mai mosso dal binario. Letizia Moratti e i suoi sono già in ritardo: tre mesi indietro sulla tabella di marcia, tre mesi che valgono oro nella corsa verso il 2015. (SEGUE A PAGINA VII) Colpa di cinque mesi abbondanti di liti furibonde nel centrodestra su come dividere poltrone e potere su finanziamenti, appalti e una macchina straordinaria per crearsi consenso. Ora un accordo, finalmente, per il sindaco Moratti sembra di nuovo essere vicino: la Regione avrebbe ripreso un posto del consiglio d' amministrazione della Soge, sui cinque previsti, e darebbe il suo via libera. Ma tutto può ancora saltare fino a quando non ci sarà il timbro di Berlusconi e Tremonti, e quello ancora non c' è: «Prima devo risolvere la partita di Alitalia», ripete a tutti il premier in questi giorni. E «con la vicenda Alitalia non siamo ancora riusciti a mettere tutti intorno al tavolo», fa eco con ciascuno anche Roberto Calderoli. Nel frattempo il 2015 sembra lontano, ma quando c' è da rivoltare una città come un guanto sei anni e mezzo sono un niente. E quei tre mesi di ritardo già si ripercuotono sulla preparazione della sede dell' Esposizione universale a Rho-Pero. Su due fronti. Il primo: avrebbe già dovuto essere pronto il cosiddetto "Accordo di programma" tra enti, con la conseguente variante urbanistica, per cambiare la destinazione dell' area a Rho-Pero che ospiterà i padiglioni. Si sarebbe potuta fare anche senza la società Soge, ma la Regione che deve promuoverlo non si è mossa. Effetto anche questo delle liti sulla governance. Secondo fronte dei ritardi: la tabella di marcia annunciata (e già sforata) nel dossier di candidatura di Milano assicurava che l' ente organizzatore si sarebbe insediato entro giugno, e che entro settembre 2008 avrebbe iniziato la complicata procedura per trovare con gare internazionali gli architetti che disegneranno i padiglioni a Rho-Pero. Ma quell' ente ancora non c' è. Non c' è nessuno che possa studiare i progetti su cui chiamare a sfidarsi le archistar. Mentre tra gli addetti ai lavori già si segnala che si avvicina il time out. Anche perché, sempre il dossier impegnava Milano a tappe forzate dai ritmi cinesi: entro giugno l' insediamento della società Soge, entro settembre lo start-up per la costruzione delle infrastrutture a Rho-Pero, entro gennaio 2009 i bandi internazionali per la selezione degli architetti. Da lì, il dossier a pagina 176 stima che ci vorranno 500 giorni, un anno e mezzo, per individuare i realizzatori dei progetti. I primi cantieri, comunque, non inizierebbero prima della fine del 2010 e dovranno comunque finire nell' autunno 2014, computa il dossier. Per poi essere ispezionati dal personale del Bie (il Bureau des expositions che assegna le Esposizioni universali), allestiti e affittati ai Paesi espositori. Prima dell' apertura ufficiale dell' Expo il primo maggio 2015. Quella tabella di marcia andrà spostata di almeno quattro/cinque mesi avanti a questo punto. Nel frattempo gli ispettori del Bie, attesi già nel luglio scorso per la prima visita dopo la vittoria, non possono venire a Milano perché non ci sarebbe nessuno ad accoglierli. Mentre i collaboratori del commissario straordinario per l' Expo Letizia Moratti, che dal primo aprile lavorano in una specie di limbo, come sopravvissuti del vecchio comitato di candidatura sempre in attesa della società che ancora non c' è, fanno i salti mortali per mandare avanti almeno gli appuntamenti che non si possono mancare: la visita dieci giorni fa a Saragozza per il passaggio del testimone tra l' Expo chiuso nella città spagnola e le prossime sedi. Ma anche la preparazione del Festival internazionale dell' alimentazione, che deve tenersi a Milano dal 16 al 22 ottobre. Gli inviti sono partiti. Chi riceverà gli ospiti, però, ancora non si sa.
GIUSEPPINA PIANO
La Repubblica
23-09-08, pagina 1 sezione MILANO    

 

Il degrado e le denuncia «L' Ottagono è un simbolo, ma per difenderlo servono le idee»
Bassetti: Galleria, colpe e ritardi Il Comune non capisce la città
«Expo, si pensa solo al cemento. Glisenti? È romano, non ragiona da milanese» Scheda

«È un organo atrofizzato». La Galleria, il cuore del cuore di Milano? «Senza funzione, un organo si atrofizza. È quel che è accaduto alla Galleria». Migliaia di persone la attraversano ogni giorno, non sembra un luogo morto. «Ma questo Comune non si è mai chiesto cosa sia oggi la Galleria per Milano. L' amministrazione non lo sa». Per questo la struttura si degrada? «Senza un progetto e senza un' idea, non può esserci gestione, né conservazione». Piero Bassetti, primo presidente della Regione, è considerato uno dei grandi saggi della politica milanese. Racconta che già negli anni Sessanta, da assessore a Palazzo Marino, «si intravedevano i segni della decadenza». E oggi? «Siamo arrivati a uno sfasamento irrecuperabile tra la reale dimensione della città e la sua amministrazione». Cosa rappresentava quarant' anni fa la Galleria? «Un patrimonio immobiliare del Comune dedicato ai partiti e alle associazioni. C' era un' idea e un progetto. Oggi tutto è cambiato, ma Palazzo Marino non l' ha capito». Come fa un monumento a conservare la sua vita? «La Milano di Mengoni (progettista della Galleria, ndr) sapeva dove andava e quel che voleva. Quell' architettura era davvero simbolica, quindi vitale». Come è cambiata? «Così come è adesso, La Galleria non è simbolica di nulla. Non è rappresentativa. Un Comune che non ha un progetto non può immaginare un simbolo». Cosa dovrebbe rappresentare? «Solo un esempio: dovrebbe ospitare un centro per l' educazione e l' informazione degli immigrati, una struttura d' élite. Nessuno ci pensa, perché nessuno si chiede come sia cambiata la città». Forse Milano è troppo concentrata sull' Expo? «Ma la prospettiva, o peggio la mancanza di prospettiva, è identica». Il 2015 viene annunciato come un' occasione di grande rinnovamento. «Questa amministrazione sembra non aver capito che l' Expo non è un problema di aree da assegnare o da edificare. È un un problema di idee». Mancano? «Avete mai sentito qualcuno farsi la domanda: "Cosa intende proporre Milano al mondo in relazione al tema dell' Expo?(nutrire il pianeta, ndr)"». Il dibattito sembra concentrato su altro. «La sfida del 2015 non consiste nel costruire quattro palazzi e un Naviglio falso. Qui invece sembra che sia solo un problema di stabili, di chi li costruisce e di chi ci guadagna». Molte discussioni ruotano intorno al braccio destro del sindaco, Paolo Glisenti. «Glisenti è un romano al cento per cento, è intelligente e preparato, ma non credo che abbia la sensibilità per Milano. Prima di gestire un progetto bisogna interpretarlo, farlo proprio». È un altro esempio di sfasamento? «Siamo sempre lì, se non si capisce qual è il progetto politico ampio, quali sono le esigenze della città e come si trasformano, è impossibile anche rappresentare le eccellenze di Milano». Nei giorni scorsi Armani ha criticato il «mortorio» del centro. «Oggi in via Spiga si comprano vestiti. Niente più. Montenapoleone è un deserto, anche se è espressione della moda, che rende Milano famosa nel mondo. È una mastodontica contraddizione, e mi chiedo: cosa è lì a fare un vero sindaco se non tenta di risolverla?». I lavori per la costruzione della Galleria iniziarono nel 1864 su progetto dell'architetto Giuseppe Mengoni: «il salotto di Milano» fu inaugurato nel 1878. Oggi in Galleria Vittorio Emanuele ci sono case vuote da dieci anni, almeno 35 appartamenti, sottotetti abbandonati e cataste di rifiuti. Il Pd ha presentato un'interrogazione in consiglio comunale
Santucci Gianni
Pagina 6
(26 settembre 2008) - Corriere della Sera

 

Innovazione La prossima settimana sarà inaugurata la biglietteria sotto la galleria
Ferrovie, sei nuove stazioni entro il 2015 E in Centrale tapis roulant fino ai treni

La biglietteria spostata più in là, diciotto sportelli sotto la galleria di testa. Collegati agli ingressi delle tre piazze da una dozzina di tapis roulant. Per le scale mobili che collegavano le vecchie casse agli accessi al treno è arrivata invece l' ora della pensione. Il primo passo è pronto: martedì prossimo la stazione Centrale presenta il cambio di look. L' appuntamento vero è rimandato al 13 dicembre, giorno della kermesse inaugurale per la tratta ad alta velocità Milano-Bologna. Per quella data dovrà essere tutto pronto. Anche l' accesso frontale da piazza Duca d' Aosta e la galleria delle carrozze, il porticato dove un tempo sostavano i taxi. Nel frattempo, nell' arco del mese e mezzo che corre tra le due date, toccherà all' area della vecchie biglietterie andare sotto restyling. Diventerà lo spazio destinato all' accoglienza dei viaggiatori. Il cantiere spunterà proprio nel mezzo del vecchio atrio, con deviazione d' obbligo per chi arriva da piazza Duca d' Aosta. Centoventi milioni di euro, mica spiccioli, per la nuova immagine della Centrale. Cifra che corrisponde, grosso modo, a un terzo dei fondi totali stanziati da Grandi Stazioni per risistemare tredici scali italiani. L' obiettivo finale è spostato ancora più in là. Traguardo Expo, come sempre. Quando la Centrale, parole dell' assessore all' Urbanistica Carlo Masseroli, sarà «uno degli ambiti urbani più interessanti della città». Un vero polo d' attrazione, mica la terra di nessuno di oggi. Nei progetti di lungo periodo c' è allora il recupero di via Sammartini e di via Ferrante Aporti. Dove sotto i portici arriveranno i negozi e nel sottosuolo i nuovi parcheggi per chi arriva in stazione. «Sarà il Rinascimento di un' area di oltre un milione di metri quadrati», dice l' assessore. Expo 2015. La data che tutto rende possibile. Per esempio? Costruire sei nuove stazioni ferroviarie (e mezza) in città. La prima ad aprire sarà quella di Rho-Pero, porta d' accesso per la nuova Fiera. Aperta, in via provvisoria già nei primi giorni di dicembre per Artigianato in Fiera e inaugurata, questa volta definitivamente, nella primavera del 2009. Poi, in ordine geografico - in senso orario - dovrebbero arrivare i nuovi scali di: Dergano, Forlanini, Zama, Tibaldi, Canottieri-Olona (sul Naviglio Grande). Completa il menù il rifacimento ex novo della stazione di Porta Romana. L' obiettivo è duplice: nuove stazioni per lasciare la città (o per arrivarci) o, più modestamente, nuove fermate del sistema integrato di trasporti urbano. Utili soprattutto per spostarsi all' interno della città. Un marciapiede, poche coppie di binari, e qualche pensilina: i nuovi scali della Milano dell' Expo saranno così.
Senesi Andrea
Pagina 6
(26 settembre 2008) - Corriere della Sera


Nuova biglietteria in Centrale ma il cantiere non è finito
La Centrale cambia volto. Martedì prossimo la biglietteria traslocherà, arretrando dal salone centrale all' area retrostante recuperata nei sotterranei della stazione. I nuovi sportelli diventeranno accessibili da un nuovo "asse pedonale", che congiungerà le due entrate di piazza IV Novembre e piazza Luigi di Savoia, con tapis roulant e ascensori che affiancheranno gli storici scaloni. La Galleria delle carrozze sarà poi completamente pedonalizzata e ospiterà mostre: «Garantiremo una buona accoglienza - fa sapere Fabio Battaglia, amministratore delegato di Grandi Stazioni - in Centrale il passeggero avvertiva una sensazione di insicurezza, ma non sarà più così». Tre anni di lavori e un investimento di 120 milioni di euro. Con qualche mese di ritardo sulla tabella di marcia dei lavori, per il collegamento con la metropolitana così come per il Padiglione reale, la sala d' attesa riservata a Vittorio Emanuele III e famiglia, bisognerà aspettare dicembre per l' inaugurazione completa della nuova Centrale. E solo con l' anno nuovo si potrà infine salire alle "terrazze" del piano ammezzato nel salone centrale. Ma Carlo De Vito di Rfi (Rete ferroviaria italiana) assicura: «La stazione diventerà una piazza urbana, il cuore della città, sarà un biglietto da visita moderno e accogliente per chi arriva in città». E se uno dei disagi dei turisti in arrivo era il sentirsi spaesati fra indicazioni scarse e datate, con il riassetto dei piani diventerà impossibile perdersi: «Abbiamo puntato su segnaletica chiara, i tapis roulant porteranno il viaggiatore direttamente ai binari», assicurano in Centrale. Percorsi obbligati dalla metropolitana come dagli ingressi laterali condurranno i passeggeri ai treni fra i negozi e i bar che sorgeranno in ambienti recuperati con la ristrutturazione. Lo spazio commerciale (negozi, servizi, bar e ristoranti, infopoint) raddoppierà arrivando a 30mila metri quadrati. La stazione sarà poi tenuta sotto sorveglianza da 300 telecamere e da una centrale di controllo della Polfer attiva giorno e notte. Nessuna novità per i taxi, che rimarranno ai lati dell' edificio. E se settimana scorsa i residenti di via Aporti si erano riuniti in corteo per manifestare contro il degrado della stazione, chiedendo interventi immediati di sistemazione della massicciata della ferrovia, l' assessore all' Urbanistica Carlo Masseroli assicura che dopo la ristrutturazione della Centrale ci sarà anche un progetto di riqualificazione per l' area esterna: «Stiamo pensando ad un progetto che preveda esercizi commerciali e parcheggi, dato che la carenza di posti auto è nota a chiunque cerchi di avvicinarsi alla Centrale». La ristrutturazione ha infine previsto anche il restauro conservativo dell' edificio, con 16mila metri quadrati di volte ripulite e 7mila di velari. E «il nuovo linguaggio architettonico si fonderà con i motivi vetro e ferro che caratterizzano la stazione, antico e moderno saranno in armonia», spiega l' architetto del restyling, Marco Tamino. Per scoprire le parti restaurate, nei week end di ottobre saranno organizzate visite guidate gratuite (prenotazioni allo 02.88456555). Da ieri all' Urban Center in Galleria Vittorio Emanuele, invece, si può vedere un plastico della nuova Centrale.
LAURA BELLOMI
La Repubblica
26-09-08, pagina 6 sezione MILANO    

 

Prima di nuovi lavori eliminiamo il degrado
Corinna Morandi, docente di Progettazione urbanistica del Politecnico, che cosa pensa dei progetti per riaprire corsi d' acqua e conche coperte da decenni? «Dal punto di vista economico sono operazioni complesse che hanno un senso solo all' interno di un progetto più ampio. L' idea di avere un percorso continuo delle acque è suggestiva ma poco praticabile. Mi sembra più che altro una visione un po' romantica della città. Piuttosto sarebbe più interessante concentrarsi sulla riqualificazione dell' esistente». I Navigli avrebbero bisogno di un intervento di restauro? «Senza dubbio, ma non solo. Ci vorrebbe una vera e propria rigenerazione dei tessuti urbani. I Navigli sono un elemento fondamentale per capire la storia di Milano, sono un monumento che va valorizzato rispettandone la tradizione. Il divertimentificio che è diventato il quartiere attorno al Grande e al Ticinese non mi sembra rispetti tanto la natura di questa zona». Come dovrebbe essere invece il quartiere? «Tradizionalmente i Navigli sono sempre stati legati alle botteghe artigiane. Oggi si dovrebbe ripensare questa vocazione in una prospettiva contemporanea. Il Ticinese potrebbe diventare il quartiere del terziario creativo, tra arte e design, così come è già successo in molte città europee». Una zona da ripensare? «Dal punto di vista urbanistico manca un piano organico d' insieme. Sono stati realizzati diversi progetti ma è stato trascurato quel tessuto connettivo che li tiene insieme, che poi non è altro che lo spazio pubblico. Basta pensare a come sono mal collegati il quartiere Navigli con la zona di via Tortona: due centri di ritrovo importanti che non comunicano fra loro». Come mai, dopo anni di disinteresse, i Navigli sono tornati al centro dell' attenzione? «Li si riconosce di nuovo come parte fondamentale non solo della storia, ma anche dell' immagine della città. Dal punto di vista urbanistico hanno delle potenzialità strepitose, ma non bisogna dimenticare che sono un bene monumentale che andrebbe trattato con i guanti di velluto».
TERESA MONESTIROLI
La Repubblica
28-09-08, pagina 2 sezione MILANO    

 

 

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