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Palazzo dell'Arte

Anno: 1932 - 1933

Località: Milano, Parco Sempione

Indirizzo: viale Alemagna 6

Destinazione d'uso: Edifici con funzione espositiva

Progettista: Giovanni Muzio

 

Il primo vero edificio polifunzionale della “Milano Moderna”: questa potrebbe essere la più corretta definizione della Triennale di Milano, la sede dell’Istituzione che sovrintende all’Esposizione Triennale di Architettura e Arti decorative.

 

Nato su iniziativa privata della Fondazione Bernocchi, tra il 1931-32, il progetto per una sede milanese della Biennale di Arti decorative già attiva a Monza dal 1925, fu commissionato a Giovanni Muzio e vide ben presto il coinvolgimento del Comune che ne divenne proprietario anche grazie all’attribuzione dell’area, adiacente al Parco Sempione, su cui sarebbe poi stata realizzata in diciotto mesi. Una sede ‘istituzionale’ e ‘rappresentativa’, dunque, un contenitore culturale ma anche un palazzo per uffici, ispirato all’edilizia industriale del nord Europa ma, al tempo stesso, monumentale nella sua dimensione e nel suo portale di accesso a ‘serliana’ in pietra grigia, sul viale Alemagna. Una sede istituzionale sottoscritta, ai tempi anche dal Regime, ma pronta a cambiare volto per presentarsi con gli sheds della copertura, le ampie finestrature metalliche e il clinker del tamponamento, appositamente e, per la prima volta, prodotto in Italia da un’azienda del bergamasco, come una fabbrica moderna, dove domina l’asimmetria e, soprattutto, il rapporto con il Parco su cui è calata. L’edificio è stato infatti pensato, in quel sito, anche secondo una logica di relazioni urbane: esso va infatti a controbilanciare la presenza di tre importanti monumenti - Arena, Castello Sforzesco e Arco della Pace - posti su tre vertici di un ideale quadrilatero ai limiti del Parco stesso, di cui la Triennale diviene, a tutti gli effetti, il quarto elemento.

 

Un edificio dalle molte facce e funzioni dunque, dove gli spazi espositivi moderni e essenziali – gallerie e sale - dialogano con un inaspettato Impluvium di novecentista memoria, con un Salone d’Onore dominato da un mosaico di Severini e uno Scalone ad enfatizzare l’immaginario ‘istituzionale’, ma anche con gli uffici, i magazzini, gli archivi e, al piano terreno, con il ristorante aperto sul parco, il dancing e, soprattutto con il bellissimo teatro la cui sagoma viene elegantemente espressa anche all’esterno con la curva sul parco.

 

Maria Vittoria Capitanucci