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Edificio per uffici e Vip's Residence
Year: 1963 - 1967
Town: Milano, Duomo
Address: piazza Velasca 7-9
Intended use: Edifici per uffici
Designer: Luigi Caccia Dominioni
E’ interessante porre l’attenzione sul risultato di insieme degli interventi che LCD ebbe modo di svolgere nell’arco di un decennio circa nel comparto che va oltre piazza Velasca: si tratta di una concatenazione di tre edifici addirittura contigui, se pure ciascuno differente dall’altro per committenza e destinazione d’uso. Per palazzo Mellerio si tratta però di un intervento di restauro, mentre nell’ambito del suo contributo alla costruzione dello spazio urbano a Milano è interessante osservare l’insieme dei due edifici “Cartiere Binda” e “Vip’s Residence”.
Le Cartiere Binda (ora Allianz)
Nel caso delle "Binda" appare a prima vista la radicalità dirompente con cui LCD si pone rispetto all’ambito generale della piazza Velasca. Come nel caso degli interventi sul lato sud-est di corso Europa, con le “Binda”, edificio tutto dedicato alla produzione, LCD diede forma con estrema e convinta radicalità ad un corpo di fabbrica tutto vetro e materiali ferrosi ripetuti per sette piani, poggianti su un nudo basamento con due livelli di finestrature ma rivestito di lastre prefabbricate di graniglia.
Con la torre Velasca i BBPR, per volume posizione e qualità del dettato architettonico, avevano certamente impresso alla piazza un’identità d’eccezione che portava i suoi influssi sull’intera Milano. La figura architettonica a cui LCD diede forma segnò un ulteriore punto di rottura sulla piazza. Qui la sua preoccupazione prima era di cercare delle soluzioni rispondenti al meglio alle esigenze tipologico/costruttive, prova ne è che da una prima soluzione con pilastri in c.a. anche interni alla superficie della pianta rettangolare passò ad uno schema strutturale in ferro che gli consentì di liberare la pianta da pilastri interni. Le strutture verticali vennero portate all’esterno del sedime rettangolare, ma anche gli impianti tecnologici e i corpi di distribuzione verticale; il tutto riassunto in una architettura estremamente ridotta all’essenza di pochi elementi architettonici. La rispondenza prioritaria alle esigenze spaziali dell’interno, in questo specifico luogo, venne tradotta in un disegno di balconi continui in ferro sui fronti sud e nord, poggianti su un nudo basamento di due piani fuori terra. I terrazzi, costituiti da elementi molto esili in ferro tinto di bianco, ancor prima che assolvere alla funzione di accesso facile all’esterno per la pulizia dei vetri, contribuiscono a dare quel senso di corporeità leggera all’intero edificio. Essi permettono il passaggio di impianti tecnologici, delineano soprattutto un sottile e trasparente filo-facciata dei fronti nord e sud, offrendo la necessaria tensione ai “cassoni tecnologici” in alluminio nero perché possano essere percepiti come elementi che scorrono su di essi per poi risvoltare l’angolo verso palazzo Mellerio, e formare quel crescendo melodico ascendente di cui il particolare profilo della copertura risulta essere una necessaria conclusione.
Vip’s Residence
Dovendo addossare alle “Cartiere Binda” un edificio residenziale con affaccio su via Pantano, LCD ricondusse la sua ricerca figurativa non solo ad un accostamento per “adesione” al contesto della strada – via Pantano fa angolo con l’antico Ospedale Maggiore di Milano (l’attuale Università Statale) – ma, a seguito di diverse sostituzioni di edifici avvenute in essa nel dopoguerra, ha assunto un carattere che mantiene alcune tipicità della sua origine antica, pur portando in sé delle trasformazioni anche rilevanti. L’altezza e la forma tanto caratterizzata della torre Velasca, entrano in scena pesantemente nel paesaggio urbano che la riguarda e, così come per le “Binda”, anche nel caso del Vip’s Residence LCD cerca delle sottili relazioni con il corpo della Velasca, così come controlla e connette meticolosamente i diversi ‘attacchi’ con gli edifici a cui deve aderire. Un primo ordine è costruito su due piani fuori terra, ritmato da una cadenza uniforme di pilastri, e contiene dieci campate suddivise in due sotto-ordini, il primo dei quali risolve a piano terra gli accessi ai due corpi scala, agli interrati e alla porzione commerciale. Un secondo sotto-ordine è scandito da un ritmo di porte-finestre al centro di ogni campata con oscuranti in materiale ferroso tinto verde-rame che scorrono a scomparsa entro una pennellatura tinta marrone chiaro. L’ordine soprastante affronta un passaggio radicale dalle dieci campate basamentali alle undici campate che si sviluppano su tre piani con ritmo uniforme di porte-finestre. Nell’ultimo livello il corpo sporge leggermente rispetto al filo facciata dei tre piani sottostanti e le ampie finestre che si alternano alla superficie intonacata perdono ogni contorno presente invece nelle aperture dei tre piani sottostanti.
R. Aloi
Ulrico Hoepli Editore, Milano 1959
E. Rogers
in «Casabella-Continuità», n. 230, 1959
P. C. Santini
in «Ottagono», n. 6, 1967
M. Grandi, A. Pracchi
Zanichelli, Bologna 1980
G. Polin
in «Casabella», n.508, 1984
F. Irace
in «Ottagono», n.91, 1988
M. A. Crippa
in «Universale di architettura», ed. testo e immagine, Torino 1996