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Villa Necchi Campiglio

Anno: 1932 - 1935

Località: Milano, Guastalla

Indirizzo: via Mozart 14

Destinazione d'uso: Edifici residenziali

Progettista: Piero Portaluppi

 

La villa è progettata da Portaluppi per Angelo Campiglio, la moglie Gigina Necchi e la cognata Nedda, esponenti dell’alta borghesia industriale. Il terreno è situato lungo via Mozart, aperta con Regio Decreto nel 1908 all’interno dell’ex giardino Sola-Busca, già Serbelloni, compreso tra l’omonimo palazzo in corso Venezia e un mosaico di ampi spazi verdi di pertinenza dei palazzi nobiliari sorti tra Sette e Ottocento lungo corso Venezia e corso Monforte. L’area è connotata dall’originalità, per certi versi eversiva rispetto al gusto dominante, degli interventi architettonici che dagli anni Dieci la qualifi cano. Basti citare il palazzo Berri Meregalli, in via dei Cappuccini, sorto nel 1913 ad opera di Giulio Ulisse Arata, il palazzo Fidia in via Mozart e gli interventi in via Serbelloni  opera di Aldo Andreani, della seconda metà degli anni Venti, ovvero i palazzi della Società Buonarroti-Carpaccio-Giotto in via Salvini e la villa Zanoletti in via Mozart 9, entrambi completati nel 1930 dallo stesso Portaluppi. Entro questi termini l’attribuzione dell’incarico all’architetto appare una scelta elitaria ma anche profondamente coerente rispetto alle peculiarità del sito.

 

L’accesso alla villa avviene attraverso la palazzina della portineria e dei garages: un piccolo corpo che nella composizione dei prospetti e nell’uso dei materiali di rivestimento – granito, ceppo, marmo – riecheggia la costruzione principale, e che col muro di cinta e la cancellata costituisce una barriera tra la dimora e la città. L’esterno della villa, severo e compatto, segnato orizzontalmente dalla partizione tra piano terreno, primo piano e un terzo livello arretrato, gioca sulla compresenza di aperture arcuate e architravate, oculi, cornici, fasce marcapiano, piccoli aggetti, variazioni materiche e sobri inserti decorativi – come la meridiana su uno dei fronti laterali o le aperture a forma di stella – che conferiscono a ciascun prospetto una propria individualità.

 

La stereometria e la sobrietà decorativa delle fronti rivela l’adesione alle più aggiornate tendenze architettoniche, che nel corso degli anni Trenta sarebbe diventata sempre più marcata nell’architettura portaluppiana. Una scala con gradini a forma semicircolare, di cui vi è eco nella sovrastante pensilina, introduce direttamente dal giardino nell’atrio del piano terreno, dominato da un grande scalone che conduce al primo piano, dove sono collocati gli appartamenti padronali e le camere per gli ospiti. La hall funge da snodo per le due ali del piano di rappresentanza: quella di sinistra composta da sale di soggiorno e conversazione, quella di destra dedicata alle occasioni conviviali, con la sala da pranzo e i due offi ce. Una seconda scala in posizione defilata collega il piano terreno con un seminterrato, nel quale originariamente si trovavano gli spazi di servizio, compresa la cucina, e sale per lo sport e per il cinema e raggiunge un ultimo piano destinato alle stanze per i domestici. Gli interni sono stati in parte rimaneggiati nel secondo dopoguerra dall’architetto Tomaso Buzzi. Rimangono tuttavia alcuni elementi originali, che esemplifi cano l’idea di “opera d’arte totale” sottesa al progetto portaluppiano. Una serie di accorgimenti tecnici rimanda a una dimensione di comfort e benessere certamente perseguita dagli abitanti della villa, mentre la piscina, insieme all’adiacente campo da tennis, allude alla possibilità di vita all’aria aperta connaturata all’ideologia stessa della vita in villa.

 

Elena Demartini