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Casa Corbellini-Wassermann

Anno: 1934 - 1936

Località: Milano, Buenos Aires - Venezia

Indirizzo: viale Lombardia 17

Destinazione d'uso: Edifici residenziali

Progettista: Piero Portaluppi

Nel dicembre 1934 la SAIR, acronimo di Società Anonima Immobiliare Rinaldo S.p.A., presentava al comune di Milano la domanda per la costruzione di un edificio residenziale in viale Lombardia 17, allegando il progetto di Piero Portaluppi, che dirigerà anche il cantiere edilizio affidato all’impresa Luigi Gadola e concluso nel 1936. Nella domanda l’edificio, di cinque piani fuori terra, era definito “ad uso civile abitazione, tipo medio” e rispecchiava le esigenze dei committenti, appartenenti a quel ceto borghese costituito da professionisti e medi imprenditori che per le proprie residenze, ma anche per costruire edifici condominiali da reddito, aveva scelto la zona a ovest della Città degli Studi, negli anni Trenta ancora ai margini del nucleo urbanizzato, ma dotata di una buona qualità edilizia. L’ascrizione al tipo abitativo medio, individuato dal comune per la determinazione dell’imposta di consumo dei materiali da costruzione e distinto da quelli economico-popolare e di lusso, oggi può apparire incongruente con le dimensioni degli alloggi e la qualità delle finiture di casa Corbellini-Wassermann, che nonostante la presenza di tagli più modesti, ospitava due appartamenti padronali occupanti rispettivamente l’intero piano rialzato e primo, composti da 27 locali ciascuno e collegabili.

 

Accessibili da un grande atrio d’ingresso limitrofo alla scala, le piante degli appartamenti padronali erano distribuite mediante una sequenza non lineare di tre ampi disimpegni collegati da un corto passaggio con armadi a parete. Il dispositivo distributivo tracciava un percorso sincopato, diagonale rispetto alle pareti perimetrali, svincolando i vani principali da quelli di servizio senza il ricorso a un tradizionale corridoio. Gli ambienti di soggiorno venivano così a disporsi lungo viale Lombardia e risvoltavano dietro la facciata prospiciente il giardino privato, al quale erano collegati da una scala elicoidale. Realizzata in blocchi di marmo massello, era stata impiegata nella Casa del Sabato per gli sposi, costruzione temporanea presentata alla Triennale di Milano del 1933 da Portaluppi insieme ai giovani BBPR. Gli ambienti di servizio e le stanze di minor dimensione erano invece disposti sul lato opposto rispetto alla diagonale dei disimpegni, in margine al cortile e alla scala secondaria.

 

La raffinata articolazione degli alloggi si stemperava ai piani secondo e terzo, divisi in due appartamenti indipendenti, e nel piccolo appartamento dell’ultimo livello. La distinzione interna fra alloggi da reddito e appartamenti padronali è rispecchiata dalla partizione delle aperture e dal rivestimento delle facciate, dove la struttura portante in telaio di calcestruzzo armato consente l’apertura di grandi finestre. Così, sopra il basamento in marmo grigio che nasconde il piano interrato, si dipana un’alta fascia corrispondente ai due appartamenti principali, impiallacciata con una fitta trama orizzontale di lastre di marmo di Ornavasso rosa e grigio e traforata da finestre orizzontali. Oltre alla preziosa scala elicoidale, una sorta di scultura che emerge dal giardino, le facciate visibili dalla strada sono caratterizzate da una ampia finestra o loggia angolare, riquadrata con il medesimo marmo del portale d’ingresso e sormontata da un balcone angolare, che risvoltando sul lato verso il giardino sottolinea un ampio campo di muratura cieca, incisa dai settori di un grande orologio solare.La fascia soprastante, semplicemente intonacata in grigio, impagina una griglia più regolare di finestre quadrate con apertura a ghigliottina, coerenti con la più convenzionale distribuzione degli alloggi da reddito.

 

La descrizione particolareggiata delle opere acclusa alla domanda illustra i materiali di rivestimento previsti da Portaluppi per le facciate - “breccia dorata greggia oppure ceppo di Brembate [...] portale in ricco marmo polito” – e, se da un lato testimonia l’esigenza del Comune di controllare il decoro urbano dei viali cittadini, dall’altro pare una conferma della cura che il progettista dedicò, pur modificando le indicazioni originarie, alla scelta del paramento lapideo e del disegno delle facciate, evidente anche nella minuzia con cui la grana dei marmi e delle pietre è disegnata nelle tavole allegate alla pratica.

 

Stefano Poli