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Due case prefabbricate per senzatetto

Anno: 1950 - 1955

Località: Milano, QT8

Indirizzo: via Sant'Elia, via Francesco Goya

Destinazione d'uso: Edifici residenziali

Progettista: Piero Bottoni

Con il 1950 inizia al QT8 il secondo ciclo di sperimentazione di metodi di industrializzazione dell’edilizia residenziale. Alle due case di via Sant’Elia spetta il compito di sperimentare come procedimento costruttivo il «sistema Saccai (brev. Arbor S.A.R.R.E.) [che] consente il montaggio a secco in cantiere [attraverso l’uso di elementi prefabbricati in cemento armato] dell’intero rustico dell’edificio, eccezion fatta per le solette di collegamento dei solai che vengono colate in sito con calcestruzzo di cemento e di inerti pesanti».



Le due case, alla ricerca di un ritmo possibile che eviti alla grande varietà delle soluzioni tipologiche, previste per il QT8, di generare disordine, sono progettate da Bottoni uguali. «Ogni casa – scrive nella Relazione di progetto – è così costituita: edificio formato da due corpi semplici raccostati fra loro contenente n. 4 appartamenti disposti due a piano terreno-rialzato e due al primo piano. Gli alloggi sono, ai singoli piani, planimetricamente speculari e uguali fra loro. Gli accessi agli appartamenti sono indipendenti e avvengono per i due a piano-terreno dalla fronte ovest e per i due al primo piano dalla parte est. Questi ultimi hanno scale di accesso separate costituite da una unica scala di luce m. 2,10 divisa al centro da un muretto corrimano». Ogni alloggio comprende tre locali più servizi e «un disimpegno notte nel quale si affaccia la stufa che riscalda contemporaneamente l’ingresso e il soggiorno». Il pranzo-soggiorno e la camera da letto matrimoniale vengono previsti completi di armadio a muro. Gli appartamenti al piano rialzato dispongono di un ripostiglio nel sottoscala. Quelli al primo piano hanno invece «il ripostiglio sostituito da una loggia coperta che si apre nell’ingresso» e un rustico «più grande per legna e carbone […] nella parte di giardino recinto di loro spettanza».



La razionalissima distribuzione degli spazi all’interno configura all’esterno una soluzione insolita, che denota, ancora una volta, quanto Bottoni sappia coniugare modernità e tradizione con lo sguardo sempre attento alle specificità dei luoghi. Gli elementi che configurano il volume sembrerebbero richiamare il neorealismo delle coeve Tre case Ina casa in via Montello a Sesto Calende, 1950-53. Ma mentre a Sesto Calende la copertura a falde del tetto, il taglio delle finestre e la scala esterna danno vita a una soluzione dettata chiaramente dal desiderio di dialogare con il carattere rurale del contesto, al QT8, in un quartiere giardino, sperimentale, che ambisce a dare vita a una spazialità modernamente cittadina, quegli stessi elementi “popolari” vanno a comporre una facciata in cui – anche se declinata in estrema povertà come l’imperativo economico richiedeva – è possibile rinvenire l’eco di una sintassi colta: quella di una villa neoclassica.
Quanto al cromatismo, elemento distintivo dell’architettura di Bottoni, la Descrizione dei lavori  rinvia la scelta del colore degli intonaci esterni alla «direzione lavori all’atto della esecuzione [però] precisa che il colore per i pavimenti delle camere da letto dovrà tendere al giallo chiaro, per i locali di soggiorno al verde o al grigio, così dicasi per i ripostigli ed i corridoietti di disimpegno. I pavimenti dei localetti di servizio, (cucinetta e gabinetto, nonché quelli dei balconi aperti) saranno eseguiti con marmette colore nero».

 

Graziella Tonon