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Piazza del Duomo e Galleria Vittorio Emanuele II

Anno: 1861 - 1878

Località: Milano, Duomo

Indirizzo: piazza del Duomo

Destinazione d'uso: Sistemazioni urbane

Progettista: Giuseppe Mengoni

Dalla metà del Settecento, il tema della sistemazione della piazza del Duomo ha animato un lungo dibattito sui destini del luogo più simbolico e insieme più stratificato e perennemente incompiuto della città. La piazza originaria era caratterizzata dalle case basse che circondavano il Duomo e amplificavano ancora maggiormente la sua grandezza. La loro prossimità ne impediva la vista completa, moltiplicandone le infinite prospettive offerte dai cannocchiali viari. La vecchia piazza era uno spazio irregolare, malamente connesso al sistema viario cittadino, in ragione dell’orientamento della cattedrale (est-ovest), confliggente con la disposizione sud-ovest/nord-est dell’antico tessuto di impianto romano.

 

L’odierna fisionomia è essenzialmente il risultato della trasformazione ottocentesca, che portò alla demolizione di due isolati posti di fronte al Duomo, destinata a trasformarne radicalmente la scena urbana e, al contempo, a modificare irreparabilmente la percezione della cattedrale e il suo effetto topologico. La creazione della Piazza della Scala (1858) si traduce presto nell’ipotesi di connetterla con quella del Duomo, attraverso una strada di sventramento dell’isolato frapposto. Sarà proprio la connessione con piazza della Scala che trascinerà la fattibilità dell’intera operazione postunitaria, sostenuta da una lotteria civica e da una consultazione pubblica per la definizione di un programma progettuale condiviso: la realizzazione di una piazza rettangolare larga 122 metri, porticata su tre lati; una galleria di collegamento (oppure una strada) con piazza Scala; un palazzo di fondo isolato, quale quinta opposta al Duomo sul lato occidentale; una nuova arteria di traffico di collegamento con piazza Missori (Via Mazzini).

 

L’esito dei concorsi che si susseguono fino al 1862 vedranno vincitore un giovane bolognese, Giuseppe Mengoni, a cui sarà affidato l’incarico di stesura del progetto definitivo. Il progetto del Mengoni era stato ritenuto più convincente sotto il profilo urbanistico per l’aderenza al bando concorsuale, per la fattibilità economica e cantieristica offerta dall’articolazione dei volumi in blocchi edilizi separati. Il fulcro della proposta mengoniana era la galleria coperta cruciforme, il cui braccio maggiore assicurava il collegamento fra le due piazze. Lo spazio scenografico complessivo era definito sui lati maggiori da porticati continui, mentre l’ingresso monumentale della Galleria Vittorio Emanuele trovava una corrispondenza simmetrica nella Loggia Reale (il futuro Arengario), destinata a costituire la conclusione formale del braccio della “manica lunga” di Palazzo Reale. Di fronte al Duomo, la piazza era chiusa da un edificio monumentale isolato, il Palazzo dell’Indipendenza.

 

Nel 1865, viene posta la prima pietra nell’Ottagono della Galleria che, in soli tre anni, viene aperta al pubblico sebbene ancora mancante dell’arcata monumentale su Piazza del Duomo. La Galleria diventerà presto il luogo pubblico per eccellenza della piazza, grazie alla capacità di dare unità, identità e snodo all’impianto mengoniano. I restanti lavori, invece, saranno realizzati con maggior lentezza, rallentati dal fallimento della società inglese City of Milan Improvements Company Limited, a cui nel 1864 era stata appaltata la realizzazione delle opere, costretta a cedere la proprietà al Municipio. La morte del Mengoni per un incidente di cantiere occorso nel 1877 congela definitivamente la realizzazione delle opere: si rinuncerà alla Loggia Reale, al proseguimento dei portici oltre la Via San Raffaele e al Palazzo dell’Indipendenza, che avrebbe reso la dimensione longitudinale della piazza più corta di 57 metri. Lo stile adottato dal Mengoni per gli edifici che incorniciano la piazza è una sorta di ambientazione eclettica, un mélange stilistico, che ricerca un tono solenne e monumentale, con soluzioni che sono improntate al rinascimento lombardo. Allo storicismo dei fronti neorinascimentali, si oppone la “modernità” della Galleria ed in particolare il suo interno con la copertura in ferro e vetro, le misurate decorazioni in ghisa, il tappeto policromo del pavimento marmoreo raffigurante i simboli della nazione.

 

Since the mid-eighteenth century, the issue of Piazza del Duomo had inspired a long-running debate about the fate of an area that was simultaneously the most symbolic place in the city but also its most stratified and perpetually unfinished precinct.

The square was originally characterised by low-rise houses that surrounded the cathedral, further amplifying its grandeur. Their proximity prevented a full view, multiplying the infinite perspectives offered by the surrounding roads. The original piazza was an irregularly-shaped space that was poorly connected to the national road system due to the cathedral’s east-west orientation, which conflicted with south-west/north-east orientation of the ancient Roman layout.

Today’s appearance is essentially the result of a transformation in the nineteenth century that led to the demolition of two blocks immediately in front of the Duomo, radically transforming the urban scene and, at the same time, irreparably altering the perception of the Cathedral and its topological effect. The creation of Piazza della Scala (1858) quickly led to the hypothesis of connecting it with that of the Cathedral by means of a road that would rip through the urban fabric separating the two squares. It will be precisely the connection with Piazza della Scala that will drive the feasibility of the entire post-unification operation, which was supported by a civic lottery and by public consultation to define a programme brief shared by all: the creation of a rectangular piazza, 122 metres wide with arcades on three sides; a gallery (or a road) linked with Piazza della Scale; an isolated building at the end, on the opposite side of the Cathedral’s left flank; a new avenue connected to Piazza Missori (Via Mazzini).

The series of design competitions that continued up until 1862 eventually proclaimed a young Bolognese as the winner, Giuseppe Mengoni, who was commissioned to finalise the project. Mengoni’s design was considered the most convincing in terms of town planning because of its adherence to competition brief, its economic feasibility and its site management strengths offered by its articulated massing of the project into distinct, separate buildings.

The centrepiece of Mengoni’s proposal was the covered, cruciform gallery, whose main branch assured the connection between the two squares. The overall spectacular space was defined along its principal sides by continuous arcades, while the monumental entrance of Galleria Vittorio Emanuele was symmetrical to the Loggia Reale (the future Arengario). In front of the Duomo, the square was closed off by a monumental, isolated building, the Palazzo dell’Indipendenza

In 1865, the foundation stone of the Gallery's octagon was laid and, in just three years, it was opened to the public, although the monumental arch facing Piazza del Duomo was still missing. The Gallery would soon become the square’s public place par excellence, with the ability to unify, give identity and act as a fulcrum of Mengoni’s plan. The remaining work, however, was completed less quickly, slowed down by the bankruptcy of the British company, “City of Milan Improvements Company Limited”, which in 1864 had been contracted to do the construction, but was forced to surrender the property to the City.

Mengoni’s death in a construction accident in 1877 definitively froze construction and led to abandoning parts of the project: the Loggia Reale; the continuation of the arcades beyond Via San Raffaele to the Palazzo dell’Indipendenza, which would have made the longitudinal dimension of the square 57 metres shorter. The style adopted by Mengoni for the buildings that frame the square is a rather eclectic mélange of styles aspiring to strike a solemn and monumental tone, with solutions that are based on Lombard Renaissance style. The Historicism of the Neo-Renaissance façades, opposes the “modernity” of the Gallery and in particular its interior with the glass and iron roof, the discrete decorations in cast iron and the polychrome marble floor depicting the symbols of the nation.
 

Paolo Galuzzi