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Padiglione della Fondazione Pietro Rossini

Anno: 1998 - 1998

Località: Briosco, Sud

Indirizzo: via Col del Frejus 3

Destinazione d'uso: Edifici con funzione espositiva

Progettista: James Wines, Studio Site

 

Il padiglione della Fondazione Pietro Rossini è un esempio di architettura verde fortemente legata al luogo. La Fondazione vuole essere un punto di incontro tra l’arte e la cultura imprenditoriale lombarda, la sede è contornata da un parco e il padiglione espositivo è stato progettato da James Wines dello studio SITE di New York, uno tra i più noti esponenti della “green architecture”. Questo piccolo edificio è una fusione di caratteri costruttivi, inserimento paesaggistico, rapporto con il contesto; all’interno si raccoglie la vasta collezione d’arte della Famiglia Rossini con opere che vanno dai primi alla metà del XX secolo fino a opere recenti. L’edificio si colloca nell’ambiente naturale del parco e dialoga con il contesto e le opere d’arte inserite nel paesaggio, il padiglione è commemorativo di Pietro Rossini. All’interno si trova anche una piccola caffetteria, degli spazi amministrativi e può ospitare delle video installazioni d’arte. Il concept energetico è orientato verso il massimo risparmio grazie all’utilizzo della massa termica e dell’isolamento del terreno, le parti trasparenti sono realizzate con vetri basso emissivi, durante il periodo estivo l’aria fresca viene immessa all’interno dopo aver subito un raffrescamento naturale di tipo geotermico.

 

L’inserimento dell’edificio nel terreno è caratterizzato dalla parziale modifica e dal’ampliamento delle curve di livello esistenti del terreno naturale, a mimesi dell’andamento collinare dell’area di Briosco. Il padiglione è costruito con materiali di riciclo o con materiali di provenienza locale, pietra e laterizio, recuperati ad una distanza massima di 5 chilometri, una sorta di edificio a “Km 0”. L’integrazione con il paesaggio circostante è evidenziata dalla presenza del tetto verde, realizzato con essenze locali molto rustiche, che conferiscono un aspetto “brutale”, ruvido all’architettura del padiglione. La fusione con il contesto è enfatizzata dagli elementi architettonici utilizzati come parti artificiali-naturali di legame con il paesaggio, una serie di muri articola e connette il padiglione con alcune porzioni di terreno, diventano percorsi e chiudono i recinti degli animali. Una rete di elementi lapidei verticali a forma di T mette in relazione il sistema dei muri, con il padiglione e con l’ambiente circostante; questi elementi modulari creano una sorta di nastro intermittente di strutture murarie che scendono dalla cresta della collina ed avvolgono il volume semicircolare del padiglione stabilendo con lo stesso e con l’intorno un riferimento di scala.

 

Questi stessi elementi diventano parti portanti della struttura del padiglione, oltre a quelle strutturali sono state aggiunte altre colonne a T distribuite con un apparente disordine e in modo irregolare, inclinate senza alcun riferimento per accentuare la relazione fra interno ed esterno e per creare la sensazione di un’architettura in continuo stato di crescita, frammentazione e cambiamento evolutivo.

 

Alessandro Trivelli