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Facoltà di Biologia

Anno: 1978 - 1981

Località: Milano, Città Studi

Indirizzo: via Celoria 26

Destinazione d'uso: Edifici per l'istruzione

Progettista: 

Il controllo nel passaggio di scala dall’oggetto di design al manufatto architettonico può considerarsi uno dei tratti distintivi dell’opera di Vico Magistretti. Qualificato esempio di professionista che ha saputo muoversi disinvoltamente fra due campi affini ma dalle forti  specificità, testimonia la fertilità di una cultura lombarda in un panorama italiano in cui lo iato fra ideazione, produzione e realizzazione è stato troppo spesso fatale.

 

La facoltà di Biologia, situata fra via Celoria e via Golgi nell’area di Città Studi, è emblematica della capacità di conferire all’architettura una forte riconoscibilità, attraverso l’uso espressivo di alcuni elementi iconici: i quattro volumi cilindrici dei camini, i pannelli prefabbricati di tamponamento con inserti di piastrelle bianche e tondi verniciati color oro, la sottolineatura cromatica di alcuni elementi strutturali, come le bande rosse, poste in corrispondenza del pilastro angolare o al centro dei prospetti. A tal proposito lo scheletro dei volumi è sì reso esplicito, ma allo stesso tempo trattato come un elegante grafismo,  ottenuto con variazioni nell’aggetto, più marcato nel caso di travi, solette e pilastri, quasi a filo nel caso degli spigoli.  Lo stesso approccio si ritrova nell’adozione di volumi elementari come le coperture piramidali, con manto in rame per i tre corpi dei laboratori – due di sette piani, uno di sei – e in struttura metallica trasparente per il lucernario dell’atrio, o come il cilindro di raccordo con il blocco delle aule. Tutto il complesso è infatti impostato sulla distinzione fra la zona dedicata alla ricerca e quella dedicata alla didattica, il cui basso  e frastagliato volume di impianto semicircolare, con copertura radiale in rame alternata a elementi trasparenti, contrasta con i blocchi compatti delle tre torri.  Le aule  sono in totale cinque, una da trecento posti, una da cento e tre minori, disposte nei settori di differenti dimensioni ottenuti dalla scomposizione del volume semicircolare di base.

 

Ulteriore elemento di contrappunto è rappresentato dai corpi che contengono gli elementi di risalita, la cui scabra massa in calcestruzzo a vista inciso in corrispondenza dei piani si confronta con la sofisticata trama dei tamponamenti dei laboratori. Le aperture di questi ultimi, dimezzandosi a partire dal quarto piano con il raddoppio dei pannelli, sono inoltre modulate secondo uno schema che, assieme all’interruzione delle rosse paraste verticali in corrispondenza dell’ultimo livello, produce un progressivo incremento della massa architettonica e un prevalere dei pieni sui vuoti. L’attenzione al dato cromatico e agli effetti di luce si ripropone anche negli elementi di finitura. È il caso del pavimento dell’atrio in polivinile a scacchiera bianca e grigia, che crea un suggestivo effetto di rifrazione con il lucernario in acciaio sovrastante, così come i serramenti di differenti dimensioni in ferro profilato verniciato di bianco contribuiscono al gioco grafico dei prospetti.

 

Federico Ferrari